sabato, maggio 15, 2010

sineddoche

In Russia la spina si chiama rosetta.
Non sto parlando del fiore, ma della presa.
Insomma la spina elettrica, che poi di spine in Italia, ne ha tre.
Mi sembra più giusta la dizione russa: non c'è rosa senza spine.
Ma perchè rosetta?

Tutto questo farebbe pensare che conoscere molti dei nomi con cui vengono chiamate le cose ci permetta di conoscere meglio anche loro.
Ne dubito: avrà poi senso sentire il proprio nome trasposto in altre lingue?
Filippo, Philippe, Felipe hanno poco in comune, a meno di non metterli in riferimento all'amore per i cavalli o ad una persona in particolare.

L'esistenza di ipocrostici e soprannomi rafforza in qualche modo la mia tesi: la perdita del significato del nome non intacca il suo potere di riferirsi a quel Filippo che abbiamo nella nostra mente. Nel particolare quel Filippo sono io, che da piccolo mi chiedevo quanto segue.

A cosa pensa un'inglese quando pensa ad una farfalla? A 'butterfly' ? Quasi sicuramente non a 'farfalla'! Ed io, che l'italiano dovrei saperlo, penso forse alla parola con cui ci siamo accordati di chiamare quell'insetto (termine che a sua volta è frutto di una convenzione) o penso a lui attraverso i sensi con cui lo percepisco adesso? O all'idea che ho di lui? Ad una farfalla generica forse, ma particolare ed unicamente mia, nata nell'istante in cui ho avuto la coscienza che potesse esistere?

Difficile proseguire per questa via, di certo si può dire soltanto che è ben difficile, per descriverla a sè stessi, associare una farfalla a ciò di cui si nutre.
Per esempio del nettare di una rosa, o rosetta.

1 commento:

rodrizio ha detto...

sono d'accordo, me le ponevo anch io queste domande da piccolo, tipo a 21 anni