lunedì, marzo 24, 2014

La differenza tra uguali e diversi


Silenzio, esterno notte. Ci sono occasioni in cui è solamente la tua presunzione a seguirti. La mia ogni tanto mi batte sulla spalla e mi fa: ou, siamo arrivati?

No, le dico sprezzante, mentre accendo un'altra sigaretta nella mia mente. Ci starebbe bene con questo tempo, con questo vento, con la maglietta che sto indossando. Davvero, peccato che non fumi. Come mai avevo scelto di diventare un salutista?

Ci sono occasioni, la notte, in cui è solo la tua presunzione a seguirti. Però, se stai qualche passo avanti e giri l'angolo senza dare troppo nell'occhio oppure se vai a comprare le sigarette, giusto fino là, tu aspettami qui, arrivo in un momento, un momentino soltanto, un momento...e poi scappi via correndo come se avessi premuto tutti i citofoni della terra. Ecco: allora la puoi seminare.

E dopo l'iniziale gioia di averla perduta (anche se sai che non è per sempre) arriva il terrore di essere rimasto solo senza una ragione a cui fare appello, anche se sai che non è per sempre. A volte non solo la semini, ma ti perdi perfino tu. Come la successione dei tempi verbali e dei soggetti in un tema scritto male.
Allora sei disposto a mettere in dubbio tutto, dal colore dei tuoi capelli alla tua scelta di non-essere un fumatore.

E ti poni un sacco di domande, cercando ideologie sincere e coerenti con quello che pensi. Perché ora, ORA che sei libero e disinvolto, hai tutta la libertà e la disinvoltura che ti servono per rinchiuderti in una nuova prigione mentale. Magari sarà anche più stretta di prima, questa benedetta gabbietta.

Poi un giorno ti avvicina la tua nuova presunzione, e tu sai che è lei prima ancora che si presenti. Non sei molto felice, ma pensi che in fondo sia meglio di prima. E' fondata su solide basi artistiche, questa mia presunzione, su concetti fondamentali che sono legati a ME, e non a qualcosa di passeggero.

E lei, lei lo sai cosa ti dice?
Ecco dov'eri finito. Che fai, non vieni? Abbiamo un sacco di cose da disprezzare

lunedì, marzo 03, 2014

Atomi riluttanti


Asfaltata nel 1949, prima era una via per le castagne, in terra battuta. La sua lunghezza, ora estesa per raccordarsi fino al crocevia che precede il ponte, è costellata di alti lampioni, chini con le loro teste severe sulle poche macchine che la percorrono. Dal treno è possibile scorgere un paio delle sue curve, guardando verso valle non appena si esce dalla galleria.

La notte, i lampioni illuminano quei pochi metri d'un arancione rosato, come se le lampade al loro interno fossero portali per lontane galassie morenti. L'asfalto fa eco alla luce, riportando su se stesso quel colore carnoso ed estivo, evocando sulla sua superficie tormentata le pelli di demoni ormai estinti o di giganti di un'altra cultura.

Intorno, la collina tace immersa nei sapori del buio: grigio, blu e marrone. Più che colori sembrano attori titubanti, nervosi prima di calcare la scena. Come personalità diffuse tra i corpi degli insetti e degli alberi, rispettano ossequiosi i confini tra la luce e la sua assenza.