giovedì, dicembre 29, 2011

Alteri, I parte

L'uomo avvolto nelle bende e lo smemorato sono in viaggio da quattro giorni. Viaggio non è una proprio la parola adatta, in quanto più che andare da qualche parte i due gironzolano. La loro è un'attesa attiva, simile a quella della pesca. L'orbita confusa di un asteroide senziente.

Attraversano il territorio in lungo e in largo, sempre in auto, su ogni tipo di strada. Il bendato paga educatamente e silenziosamente ogni spesa e nessuno fa domande. In appena quattro giorni sono passati per certi posti più e più volte ma per lo smemorato è sempre come fosse la prima.

Quando sono in macchina il bendato non fa che parlare: i suoi sono spesso lunghi e complicati discorsi sulla fiducia di cui può godere un narratore e sul tempo atmosferico che finiscono comunque per contraddirsi tra loro e terminare in una serie infinita di punti di sospensione.

Fuori dalla macchina non scambiano nemmeno una parola e l'uomo smemorato, già alla seconda notte, comincia a soffrire fisicamente il modo in cui l'altro entra puntualmente per primo nella camera del motel e accende la televisione. Complessivamente, il continuo spostarsi non lo angoscia e non lo infastidisce.

Ripete senza saperlo le stesse domande sin dal giorno in cui si sono incontrati, perplessi, nella tromba delle scale di un palazzo a Xxxx, senza ricevere mai una risposta che, comunque, non ricorderebbe. Ogni tanto guarda il paesaggio, senza trovarlo più interessante del vetro attraverso cui lo osserva. Mangia tutti i giorni lo stesso panino della stazione di servizio, senza saperlo.

La testa bendata si gira verso di lui all'altezza di Xxxxx Xxxxxx, specchiandolo in grandi occhiali da sole:
"D'altronde, non hai tutti i torti: non è mai lo stesso panino"

martedì, dicembre 20, 2011

Alibi, X parte

Eduardo se ne andò, da solo, senza aver finito di mangiare la sua focaccia.
Quando ebbi finito, misi in ordine e cominciai a lavare le tazze usate per la colazione.
Sentii un enorme senso di scoraggiamento. Di qualunque cosa si trattasse eravamo solo all'inizio, il mio vero ingresso doveva ancora avvenire.

Pensai di aver avuto e sprecato il tempo a mia disposizione prima di entrare in scena e percepii che da quel momento in poi avrei dovuto improvvisare. Ma improvvisare che cosa, in effetti? Una decisione? Una ricerca? Una scissione? Un ritrovamento?

Il mio timore più grande era quello di essere la pedina di un gioco non solo già giocato, ma a cui avevo addirittura già assistito. Mi sentivo sul ciglio di una di quelle storie circolari o spiroidali, che avevo letto nei libri di Murakami ed Auster e che mi avevano al tempo molto affascinato. Sembravo, a volermi guardare con un minimo di obiettività, una sorta di comparsa della mia stessa storia personale. Un personaggio che disperandosi alla ricerca del proprio ruolo finisce per impersonarne un altro ed essere qualcosa che non è oppure, impigliandosi in avvenimenti sempre più distanti dall'ordinario ma che sono tali in un modo sempre più sottile, finisce per mischiare realtà e irrealtà in modo irrecuperabile.

Decisi che ad ogni costo non mi sarei perso, che avrei prestato attenzione, che avrei sempre tenuto d'occhio il punto da cui ero partito: una persona normale di un mondo normale. Mi ripromisi di fare attenzione non soltanto agli avvenimenti che erano fuori dal comune, come quelli che mi erano già accaduti, ma anche a quelli che lo erano troppo poco.

Indossai la giacca ed uscii, chiudendomi la porta alle spalle, dopo aver guardato ancora una volta la mia famiglia, addormentata al completo.

Continuando a riflettere, pensai che il mondo non poteva spaventarmi più del dovuto, anche se non conoscevo nessuno in quella città di cui non sapevo neanche il nome.
Feci un paio di passi in avanti, cercando di fare mente locale su come fossi arrivato in quel pianerottolo sconosciuto. Girai su me stesso e vidi una porta, chiusa, che evidentemente non avevo notato salendo le scale.

Mi rallegrai: pur non sapendo nemmeno il mio nome, una porta chiusa era un'ottimo punto da cui cominciare.

Fine di Alibi, continua in Alteri

venerdì, dicembre 16, 2011

Alibi, IX parte

Bene - pensai - ci siamo. Nel bene o nel male ora saprò. Questa persona, che mi si presenta così distaccata, così calcolatrice così onniscente così conscia del proprio potere in un modo che indossa perfettamente la mia idea di malvagio è perlomeno una persona capace, una persona informata dei fatti. Vorrà trarne un vantaggio, vorrà magari quello che potrebbe anche, per me, essere il male, ma sapendo mi dirà tutto ciò che serve per capire.

La mia presunzione e la mia speranza cominciavano subdolamente a farmi credere di avere, fino a quel momento, pensato per  presunzioni e agito secondo pregiudizio.

Continuai a pensare, tra me e me, mentre Eduardo si concentrava sul caffellatte dopo avermi parlato: sì questa persona è sgradevole, è manipolatrice, ha abbandonato una parte di se stesso senza rimorso e senza dolore ma sarebbe sbagliato, sarei sbagliato, a pensare che non possa conoscere ciò che io voglio sapere e che non possa per questo rendermene partecipe.

Perchè credere che un artista sarebbe una persona gradevole da frequentare solo perchè amiamo quello che ha composto o detestare per parentela le cose fatte da un malvagio? Ora lo capisco, e ne avrò conferma quando mi rivelerà quello che sto per chiedergli: c'è un momento in cui le cose dette e pensate e fatte si staccano da noi, e a parte l'effetto deperibile con cui le abbiamo lanciate e volute far intendere esse vivono di vita propria, perdendo ogni dipendenza.

Allo stesso modo la conoscenza: se spoglierò ciò che mi dirà dalle tracce di influenza che vi avrà inseminato  ciò che mi resterà da gustare sarà la verità. Perchè quest'uomo, che è il meglio di ciò che di quest'uomo conoscevo a quanto dice e a quanto sento, conosce la verità e nient'altro che la verità. E pur deformandola dovrà per forza usarla per esprimersi. Allora io carpirò i suoi segreti.

Posò la tazza, squadrandomi con gli occhi socchiusi, e prima che potessi formulare il primo di tutti i miei perchè, parlò per primo:

"No. Non sono il tuo deus ex machina. Da me non avrai di più di quello che ti ho detto, che è già molto. La realtà e la verità dei fatti le troverai da solo, se le cercherai dove sono veramente. Resta da vedere se una volta che le avrai trovate saranno ancora interessanti per te. Io sono solo venuto a mostrarti che esiste una decisione da prendere, perchè alla mia prima visita non ero stato abbastanza chiaro, lo ammetto.
Ma ora per sapere soffrirai; e capendo o no quale sia, farai la tua scelta."

lunedì, dicembre 12, 2011

giovedì, dicembre 08, 2011

Alibi, VIII parte

"Sì, sono sveglio." Scorsi la sua figura seduta dai piedi fino alla testa. Non si era tolto il cappotto.
"Togliti il cappotto Edu dai; hai già fatto colazione?"
Il miei genitori dormivano tranquillamente in camera loro, con la culla di mio fratello accanto. Anche Francesco dormiva. Eduardo mi seguì silenziosamente in cucina, sorridendo.

Chiusi la porta dietro le sue spalle e accesi la radio con il volume al minimo. Senza fare caso alla musica che ne usciva, mi preoccupai di caricare la caffettiera.
"Resta qui un minuto, spegni il caffè quando serve. Torno subito."
Mi infilai la giacca e scesi le scale per andare a comprare la focaccia. La pasticceria era appena aperta e la commessa mi accolse perfettamente sveglia, senza la più piccola parte di sonno negli occhi.

Fu lui a rompere il silenzio che si era creato. Aveva qualcosa di ammorbidito nella voce, mentre sceglieva il pezzo di focaccia che avrebbe intinto nel caffellatte. Nel frattempo, alla radio e a Londra nel 1971, Frank Sinatra intonava Pennies from Heaven.

"Le persone, a questo dovrai credermi sulla fiducia, non sono per niente semplici. Ad una prima occhiata ci si accorge che non sono, solitamente, composte di doppi, cose dualmente divise. Bianco nero, ying e yang e quella roba lì. Anche quando composte di due soli elementi, le persone sono spesso in uno stato di confusione così totale da rendere difficile ricondursi a quei due, singolarmente semplici, elementi. Per non parlare dell'inflazionato buono cattivo. Quello che è vero, storicamente vero, è che il dualismo è un ottimo criterio con cui interpretare la realtà e progredire all'interno di essa.

Quando si mette a posto una libreria, ad esempio, si scelgono i libri che vanno tenuti e quelli che non vanno tenuti, in modo da liberare spazio per libri che abbiano, a loro volta, l'occasione di essere letti e quindi giudicati.Questo esempio era solo per introdurre il concetto e ti dico sin d'ora che non è perfetto per il nostro caso, in quanto un libro può non essere adatto al momento e che qualunque libro può essere riabilitato o scacciato dalla libreria per vie che sono arbitrarie e variano nel tempo.

L'ambito di cui parlo non contempla una simile ambiguità. Esistono le cose che valgono qualcosa e quelle che non valgono niente, come esistono i cibi edibili e quelli che non lo sono. Immagina un setaccio in un fiume del Klondike. Affascinante. Certo, anche le pietre comuni hanno la loro importanza ed il loro utilizzo, ma cosa sono in confronto all'oro, se è l'oro che stai cercando?

Torniamo alle persone. Le persone non sono semplici. Le cose preziose nelle persone sono emulsionate in tutto il resto: distinguibili e separabili ma in un modo che è tutto fuorché comodo, o pratico. Solo il tempo può raccogliere l'olio sopra l'acqua, raggruppare e distinguere. Il tempo ed, in verità, alcuni eccezionali eventi.

Te lo dico, qui ed ora, inequivocabilmente: io sono il chicco che si è liberato della pula."

sabato, dicembre 03, 2011

Alibi, VII parte

Mi svegliai prono, proprio come mi ero addormentato. Non mi alzai, non mi mossi nemmeno. Cercai immediatamente, con tutto me stesso, di concentrarmi sulla voce che sentivo provenire alla mia destra.
Impossibile non riconoscere Eduardo o stimare da quanto tempo stesse parlando.

"...questo certo spiega il motivo per cui ho voluto che ci incontrassimo qui, ora e non altrove. Ricordi di quella volta in cui ti dissi che nella vita piove una volta sola ma dopo si deve indossare sempre vestiti bagnati?

Ma forse ti sarà più facile capire che cosa mi sia successo se ti mostro degli esempi famosi. Ti ricordi del film Highlander? E' buffo, perché adesso ricordo tutto quello che voglio e non riesco quasi ad immaginare come si faccia a non ricordare qualcosa. Davvero, com'è possibile? Ad ogni modo, Highlander: sin dalla notte dei tempi spadaccini immortali si cercano per tagliarsi la testa l'un l'altro e rimanere l'ultimo esemplare di questo strano gruppo.

Anche se la storia può in qualche modo essere collegata a quello che ci è successo, voglio parlarti dell'attore protagonista, Christopher Lambert. Il primo film è un successo, i seguiti un fiasco dopo l'altro. Che sia così difficile vedere la vera ragione, mi chiedo? Il punto è che a Chris successe ciò che è successo anche a me. Un bel giorno si sveglia due volte e non è più lo stesso. I film, lasciati in mano al debole tra i due, non poterono che peggiorare.

Un altro esempio celebre è quello di Philip Dick, che misconobbe addirittura i suoi primi  scritti. Altro che droghe. Ma anche l'evoluzione di Céline, se ripensi alla parte finale di Viaggio al termine della notte è lampante. Poeti, scrittori, lo so che sei sveglio,  pittori ad esempio Gauguin, ma anche persone per così dire comuni...ricordi il nostro professore del liceo: Xxxxxxx?"

Lo so che sei sveglio?
Mi sollevai sulle mani e stropicciai gli occhi mettendomi seduto. Era ancora notte, la luce veniva infatti dal lampadario. Davanti a me, seduto su una sedia, riconobbi l'Eduardo della mattina prima, questa volta a grandezza naturale.
Non senza presunzione, fu in quel momento che cominciai a sospettare che tutto fosse vero ed avesse un senso.