martedì, giugno 28, 2011

L'ora dello Swing

Salendo le scale, la custodia del mio strumento urta più volte contro il corrimano.
La serata non è stata noiosa, eppure mentre giro la chiave nella toppa e varco la soglia di casa, un senso di insoddisfazione mi inonda l'anima.
Invece di buttarmici io stesso, poso delicatamente il sassofono sul letto : è un po' di tempo che in questa casa alla sera ci ritroviamo solo in due, io e il mio sax.
"Perchè farsi pregare? Bruciamoci l'ultima sigaretta della notte" - bisbiglio tra me e me, mentre l'aria fresca delle sei sbatte contro la mia barba di due giorni.
L'ultima sigaretta della notte è anche la prima della mattina.

Mentre gironzolo in 2mq di terrazzo prendo in mano il telefono cellulare, sperando che lei sia ancora sveglia.
Dovete sapere che ho comprato il mio telefono esattamente due anni fa.
E' uno di quei modelli fatti apposta per non distruggersi mai, di quelli che cadono sempre in piedi: l'esatto contrario di me, insomma.
Infatti lei dorme, o, peggio, è con qualcun altro a guardare l'alba, sicuramente su un terrazzo molto più spazioso e comodo di questo.
Distrattamente finisco in una schermata di riepilogo, che però si rivela molto interessante : scopro che, a partire dal giorno in cui l'ho acquistato, ho ricevuto 55566 sms. E ne ho inviati 49991.

"Questo fa di me un cellulare-dipendente" - mi etichetto ad alta voce.
Sorrido da solo, e poi eseguo, a mente e con estrema difficoltà, la sottrazione : 5575 messaggi rimasti senza risposta in due anni.
In un numero così, ci può stare una vita intera.
Per un attimo mi chiedo cosa sarebbe potuto cambiare, se avessi donato la mia attenzione a tutte quelle persone che avevano scelto di rapportarsi con me in uno di quei cinquemilacinquecentosettantacinque momenti qualsiasi.
Chissà quanti sono i disperati che, dietro ad uno schermo e ad una tastiera usurata, hanno aspettato invano un mio segno; una risposta che io invece ho considerato superflua, mentre loro decidevano un pezzo minuscolo di vita in base a quel suono mancato.

La sigaretta è finita, il sole sta per sorgere.
Anche stamattina mi addormenterò abbracciato al mio sassofono.

Contingenze elementari (nona parte)

"Prendi la guerra di Troia, la guerra per eccellenza.
Come comincia? I guerrieri, quelli che dovranno fare il lavoro sporco, vengono reclutati. Cosa fanno? Si imboscano, o vengono imboscati. Ulisse finge di essere pazzo pur di non partire per la guerra. Aiuterà Diomede ad uccidere i Traci nel sonno ed escogiterà il famoso stratagemma del cavallo.

Se vogliamo, è con Ulisse che comincia l'effetto domino cui accennavo: il dolore è spesso perpetrato proprio da chi per primo lo giudicava una soluzione orribile. Nessuno vuole essere solo quando soffre. Achille stesso, mascherato da donna per nascondersi, viene scoperto proprio da Ulisse.

La guerra di per se era qualcosa a cui si era preparati, gli oracoli pronunciavano le loro profezie a riguardo da tempo, il punto è che nessun uomo è mai pronto abbastanza, tanto meno i suoi cari.
Ed è a questo che volevo arrivare: tempo fa, al museo del Louvre, mi sono soffermato ad osservare un'anfora greca; un vaso arancione con figure nere. La scena ritratta era la morte di Priamo, re di Troia.

La cosa sconvolgente è che l'assassino è Neottolemo, figlio di Achille, e l'arma del delitto è il nipote dello stesso Priamo: Astianatte. Il vecchio viene colpito col sangue del suo sangue fino alla morte.
Non conoscendo meglio le vicende mi sono informato, cercando di dare un senso ai continui ricorsi di peccati e parentele, tipici dell'epica greca.

Vengo a scoprire che la guerra di Troia non è la prima guerra che fosse stata combattuta in quei luoghi. C'è una prima guerra di Troia, in cui Priamo veniva invece chiamato il piè veloce, proprio come Achille dopo di lui.

In tutto questo, si capisce soltanto che gli antichi greci amavano le storie e che nutrivano una certa passione per gli equilibri karmici tra ciò che viene fatto e ciò che si subisce. In definitiva sembra sempre di leggere la stessa storia, che presenta tuttavia alcuni denominatori comuni.

Tralasciando presunte ragioni divine per la nascita di questa guerra, credo che ci siano dei luoghi nati per essere campi di battaglia e temi su cui da sempre l'uomo lotta ed incontra il dolore.
Il conoscere il quando e il dove dovremo affrontare tutto questo non è d'aiuto, come dimostrano gli oracoli: non si è mai pronti."

giovedì, giugno 23, 2011

Contingenze elementari (ottava parte)

Le disse che sì, sarebbe venuto.
In fondo non usciva da un pezzo, conoscere qualche persona nuova lo avrebbe stimolato.
Lei gli promise che sarebbe stato molto interessante, e divertente.

Era molto più sollevata ora che aveva avuto la certezza, tramite altre vie cui accennò sommariamente, che il killer di mezzogiorno non potesse essere sua sorella.
Considerò solo in quel momento, allacciandosi un consumatissimo orologio ocra al polso, l'orrore di un simile sospetto.
Non avrebbe mai potuto credere una cosa simile della sua, di sorella.
Tra i due immaginava di essere lui quello più portato per l'omicidio.

La villa era proprio come se l'era immaginata, la festa un pò meno. Invitati da tutto il mondo arrivavano ad ondate su larghi motoscafi retrò, che si avvicendavano al pontile con la lentezza millenaria di rettili tropicali. Intavolò interessanti conversazioni con alcuni volti noti: ex compagni di scuola della sorella. Temette di annoiarsi, continuando a pensare al fatto che in realtà non conoscesse nessuno.

Sapeva che la famiglia cui lei apparteneva era potente, ma aveva sempre associato la cosa a qualche distante lingotto d'oro incatenato nelle profondità di una banca europea piuttosto che a quella che ora si mostrava come celebre, indiscussa influenza. Si sorprese di aver avuto con quella donna, ora impegnata in una conversazione sul tempo con giovani ereditieri d'oltreoceano, un contatto banale come quello telefonico. Ripensò perplesso al biglietto infilato sotto la porta.

Passò il tempo tra una tartina ed un drink vergognandosi per la mancanza di osservazione che aveva dimostrato a se stesso. Non che lei gli avesse celato lo sfarzo dell'evento, era stato piuttosto lui a non ascoltarla, relegando nella propria mente il dialogo alla sfera lavorativa.

Fu avvicinato, mentre prendeva tempo guardando l'ora, da un uomo poco più giovane di lui che lo riconobbe chiamandolo per nome. Il tizio, presentandosi come Junior, disse di aver sognato i suoi sogni, di averlo seguito, di averlo quasi studiato. A sentir lui le variazioni erano l'evento onirico dell'estate.

Da lì, il discorso si sciolse in questioni che riguardavano in modo sempre meno nitido il suo lavoro.
"Ciò che mi sconvolge di più è come le cose più orribili vengano sempre fatte da chi all'inizio non voleva nemmeno sentir parlare della cosa."
Junior si schiarì la gola, comprendendo implicitamente di trovarsi di fronte ad un attento ascoltatore.

venerdì, giugno 17, 2011

Contingenze elementari (settima parte)

Un mese passò, insieme alle prime sei variazioni.
La cosa aveva suscitato nell'ambiente un certo interesse e giorno dopo giorno i commenti, lusinghieri o meno che fossero, andavano via via moltiplicandosi.
In compenso non era più stato contattato per il motivo per cui le aveva iniziate.
Le giornate passavano piuttosto lentamente, alternando il bello al cattivo tempo.

All'inizio della quarta settimana decise di organizzare una grande spesa ragionata per evitare vai e vieni dal supermercato vicino. I singoli sogni non richiedevano in realtà molto tempo, almeno non di più di quanto non ci avesse sempre dedicato, era piuttosto il continuo lavoro di rielaborazione a cui li sottoponeva ad essere talvolta il centro di intere giornate.

Il quinto sogno ad esempio, nato da un ramo delle stanze visitate nel secondo, si era inizialmente sviluppato con l'intenzione di ispirarsi alle varie cosmogonie riferite alle acque, ed in particolare al quinto giorno della tradizione cristiana. All'alba, quando si era finalmente deciso a dormire, il sogno era stato completamente prosciugato, riportando al deserto ciò che era nato nell'azzurro dell'acqua.

Lo sviluppo delle variazioni era diventato un gioco di guardie e ladri, un continuo rincorrersi. Causa di queste corse erano soprattutto furti, veri rapimenti di idee, che i singoli sogni si infliggevano vicendevolmente, imprestandosi retroattivamente i temi e sbirciando le trame che sarebbero seguite.
Nel frattempo, il killer di mezzogiorno continuava indisturbato il suo operato.

Ritornato dalla spesa, pronto a rimettersi al lavoro, lei lo chiamò. Ancora una volta percepì l'immacolata agitazione della sua voce.
Il settimo sogno avrebbe parlato della guerra.

domenica, giugno 12, 2011

Contingenze elementari (sesta parte)

"Ti ricordi? Quando eravamo piccoli facevamo sempre silenzio quando cominciavano i cartoni animati. Era un momento di estrema concentrazione, mi verrebbe da dire sacro. Comunque sia ordinato. Qualunque cosa voglia dire. Cominciavano i cartoni. Non so se ti ricordi quelli ambientati all'opera, una serata di gala o quello che era.

Insomma il personaggio principale comincia la performance con tutti i crismi: è una serata importante. Me ne ricordo almeno un paio strizzati in qualche improbabile smoking troppo elegante, già la cosa così era esilarante.

E poi cominciava la musica, una cosa solenne veramente, che ti faceva dubitare se stessi davvero guardando la stessa cosa che la sera prima ti aveva fatto morire dal ridere.
E poi, in un attimo tutto crolla: l'atmosfera solenne, la serietà, la preparazione, la compostezza. Ogni cosa degenera coralmente, abbattendosi sotto le violente spallate della musica.

Ti racconto tutto questo per dirti che la musica non era stata fatta per quel cartone animato. Era musica classica vera, una delle rapsodie ungheresi di Franz Liszt. Scritta almeno cent'anni prima. E' una melodia discontinua, dissonante, isterica, disturbata, un crescendo di follia faticosamente repressa nelle note iniziali. E' uno strillo di gioia primordiale strozzato dalla necessità di doverlo esprimere attraverso un meccanismo raffinato come la musica.

E' una transizione tra la ricerca dell'ordine ed il bisogno di caos. Anzi, è la transizione; in assoluto. Il degrado è la mutazione per eccellenza.
La variazione è selvaggia."

martedì, giugno 07, 2011

Contingenze elementari (quinta parte)

Camminarono fino al mare, parlando del più e del meno, mangiando le carote che lei aveva comprato nel pomeriggio.
Lui le chiese notizie di sua figlia, ossia sua nipote, e in cambio poté parlare di lavoro.
Sua sorella non aveva più sognato qualcosa di suo recentemente.

Cercava infatti di sincronizzare al meglio il suo riposo con quello della bambina, utilizzando anche i sogni post-maternità che lui stesso le aveva regalato per festeggiare la nascita. Si fece raccontare il succo delle sensazioni, i centri delle varie esperienze che proponeva. Si perdevano spesso in simili discorsi, scherzando poi sul fatto che avrebbe fatto prima a sognarne uno.

In qualche modo, mentre camminava verso la grande distesa salata, si accorse che una sensazione di fondo reggeva tutto il lavoro del fratello.
Indagando, lo portò a parlare dell'idea che aveva avuto sulle variazioni musicali, facendogli ammettere infine di star lavorando a qualcosa di più che a delle sperimentazioni sparse.

Il progetto delle variazioni aveva in effetti risvegliato alcune membra che col tempo si erano intorpidite. Dopo le soddisfazioni dei primi compensi, ricavati dai lavori che pian piano era riuscito a far apprezzare, le idee avevano continuato a moltiplicarsi; ma senza essere seguite dalle ambizioni. Piano piano aveva raggiunto uno stato compositivo professionale e distaccato, che risultava artisticamente asettico senza ribollire di ideologie, senza trasmettere la volontà di sfruttarlo o di liberarsene. Queste almeno erano le critiche che ritornavano nelle recensioni.

La calma olimpica di alcune delle sensazioni che era arrivato a poter trasmettere con certezza non erano pressate da urgenze maggiori, messe alla prova da impazienza o avidità.
Aggiustandosi i lunghi capelli spettinati dalla tramontana gli chiese se conoscesse Franz Liszt.

giovedì, giugno 02, 2011

Contingenze elementari (quarta parte)

Immaginare di rivolgersi ad un assassino non era abbastanza stimolante, o almeno non lo era con quei limiti.
Masticando il cavo delle cuffie con lo sguardo perso sullo schermo, si sentì come un mimo.
Doveva dire qualcosa senza pronunciarlo, mostrare senza svelare. Un paio di volte cominciò a buttare giù l'architettura del sogno, dicendosi che erano tutte paranoie e che un esterno non avrebbe mai capito l'argomento intorno cui girava disperatamente.

Riguardando quello che aveva fatto, tutti gli elementi gli apparvero come cartelli, biechi sbandieramenti delle proprie svogliate intenzioni. Dove sarebbe andato a parare percorrendo quella strada? Cestinò diverse mezzore di lavoro, a suo giudizio eccessivamente esplicite.

Il sogno andava creato come aveva sempre fatto, questo era un dato solido e basilare. Non poteva farlo scrivere ad un altro, non poteva tentare di cesellare troppo finemente quei sogni il cui marchio distintivo era sempre stata la forma grezza e incompleta. Arrivò ad un compromesso, stimolato dall'odore delle lasagne precotte che aveva infornato durante una pausa: scrisse il sogno tenendo a mente soltanto il fatto che sapeva dove voleva andare a parare, e non l'obiettivo finale.

Ne risultò una sensazione speziata che preannunciava sviluppi futuri, evoluzioni fondamentali che tuttavia avrebbero preso, per nascere debitamente, il tempo che era loro necessario. L'unica cosa a turbarlo fu la coscienza di aver in un certo senso aggirato il problema, cominciando da una matrioska superiore, come quegli scrittori che scrivono dello scrivere.

Con la musica non si può, pensò.
Si può con i testi, ma non gli venne in mente nessun analogo del suono.
Mentre caricava il sogno sul server, placando con dei cracker alla pizza l'ansia di essersi scoperto componendo qualcosa di leggermente diverso dal solito, gli venne in mente il concetto di variazione musicale.

Una lunga fila alle poste fu l'occasione per approfondire il collegamento mentale che l'aveva portato a ripensare alle variazioni. Le uniche che riuscì a rievocare furono le Goldberg, anche se lì per lì le ricordò a se stesso solo come "quelle con cui Bach fece esercitare il suo allievo".

Cosa avrebbe composto il giorno seguente ancora non lo sapeva, era curioso soltanto di tornare a casa per ascoltare il piano di Bach e di sapere come avrebbe dormito il killer di mezzogiorno.