lunedì, giugno 30, 2008

El ritual

Mi bevo una coca, mi gratto la schiena contro un pino silvestre. Mi: a me.
Il post di stagione è un classico ormai, come la pizza texana o il fomaggio coi buchi.
E' il tipo di cose che uno si aspetta nell'assolata calura dello zenith di domenica, e invece è lunedi'. Il post di stagione è un classico ormai, come la peste o come un Rembrandt.
Chissà perchè scrivo. Perchè perchè? Ci abbiamo la testa piena di queste paroline che non servono a niente, come i braccialetti dei vucumprà. Però sono belli, come sono ed erano belli quei braccialetti...verde speranza, si', io lo prendevo sempre il verde speranza, ma lo allacciavo solo intorno al polso, ai caviglioni no però, perchè faceva brutto vedere.
E poi dove andavo io a spiaggia da piccolo il campo da beach non c'era, e facevo il bagno anche durante il pranzo, che consisteva di alcuni panini. Poi, ritornando a fine pomeriggio mi sdraiavo sui sedili di dietro della regale seat ibiza bianca, e guardavo i palazzi dal basso in alto.
La prospettiva non me l'avevano ancora insegnata.
La scuola era chiusa.

martedì, giugno 03, 2008

Memorie di un vetraio

Fino ad ora, ho sempre creduto che le cose inversosimili che ho vissuto fossero due.
La prima cosa accadde nel 1979 quando un cane Terranova, di nome Bandiera, mi palrò per due ore di donne, sigari e insalate di mare.
La seconda fu il 3 giugno del 1988 quando un albero, precisamente un tiglio del lungofiume di Xxxxxx, mi chiamò per nome e disse sette semplici parole.
Ora che sono sul letto di morte, mio cugino Tolomeo mi ha confidato piangendo di aver architettato lui stesso lo scherzo del Terranova. L'ho perdonato, ma ancora non posso morire tranquillo.
Un ultimo dubbio mi assale, l'ultimo di una lunga, lunghissima serie: che cosa voleva dire con quelle parole quell'albero, che tra l'altro mori', il 3 giugno di sei anni or sono, vecchio e malato, in favore di alcune aiuole fiorite, senza dubbio più colorate?
Che cosa volevano dire quelle sette parole?
Ai posteri l'ardua sentenza, a me spetti solo il compito di tramandarle a chi di dovere:
"La religione è il pioppo dei popoli"

domenica, giugno 01, 2008

Homais, il farmacista

Scosta le tende e lo vede: il curato.
Il farmacista oggi non lavora, anche se non è che sia proprio un giorno di festa.
Arsenico e vecchi merletti, ninnoli e medaglieri pieni di medaglie: la sua è una vita di stenti, a stento mal vissuta.
Eppure, mentre spegnendo la playstation scosta le tendine nuove, lo vede: il curato.
E gli rivengono in mente tutti i litigi, pensiero che, in fondo in fondo, ha il solo effetto di fargli dimenticare di non aver salvato.
Saranno amare le sue lacrime, quando premerà ancora quel bottone.
"La sa una cosa signor curato?"
Il suo passo è veloce, la lingua tinta nell'acido cloridrico.
"I romani, pagani che lei tanto disprezza, ebbene essi furono i primi ad avere un vero e funzionante acquedotto, nella gloriosa Roma."
L'effetto sperato dal farmacista non si mostra: il curato nemmeno trasale, ma aperta la bocca in un ghigno risponde:
"E non per niente si beccarono il saturnismo"

Il farmacista cosi' si spiega le piaghe d'Egitto, si spiega perchè Goya leccava i pennelli.