mercoledì, dicembre 29, 2010

L'Oroscopone tirolese di fine anno



Ventata di novità per il tradizionale Oroscopone di fine anno : illustriamo il segno zodiacale PADRONE del 2011!

2011 - anno del Brezel

(leggere accompagnati da una piacevole melodia tirolese)

Siete un tipo di pane molto popolare in Svizzera in Germania e tra le altre popolazioni di lingua teutonica compreso l'Alto Adige, ma quest'anno non avrete confini culinari, sarete l'esaltazione globalizzata e poliglotta di ogni palato. A seconda delle regioni, venite chiamato anche laugenbrezel, pretzel, pretzl, breze o brezn. A Monaco di Baviera i nati sotto il segno del Brezel, accompagnano i ricchi piatti di carne insieme alla senape; quelli della prima decade del segno, saranno soliti accompagnarsi con il Weibwurst...fortunelli!

Venite preparati ancora secondo il tradizionale metodo di panificazione detto Laugengeback. In Germania indica il pane che, prima della cottura, viene immerso per qualche secondo in una soluzione bollente di acqua e bicarbonato di sodio : tutta salute per voi, che da anni siete abituati. La situazione non cambierà, non temete, brontoloni abitudinari! L'entrata di Giove nella casa del Brezel comporterà solo dei bruschi appuntamenti al buio nel forno.

Anche nel 2011 manterrete la forma di un anello con le due estremità annodate...Gnum, siete deliziosi!

I vostri ingredienti sono e rimarranno farina di grano tenero, malto, lievito di birra e acqua, oltre al bicarbonato di sodio. In alcune regioni viene aggiunto al vostro già ben messo costrutto anche lo strutto (scusate il gioco di parole piccoli amici infarinati) o utilizzata farina integrale, di farro o di altri cereali. Sulla glassatura di uovo sbattuto viene spolverato del sale grosso oppure dei semi di sesamo. Già l'acquolina in bocca? Per il 2011 sono previste gustose novità! Brezel agli smarties, Brezel allo squaqquerone, Brezel alla merda (solo nella prestigiosa osteria di vico dietro il coro di san Cosimo), Brezel al Pikachu, Brezel agli ovuli sodi.

I fornai esperti eseguono un movimento veloce per dare a voi brezel in meno di un secondo la vostra forma caratteristica. Generalmente ci vogliono anni di esercizio per accorciare i tempi di questo movimento, ma i risultati sono stupefacenti : i nati sotto il segno dell' omino di marzapane anche nel 2011 non potranno competere con voi.

Per i Kaiser nati sotto il segno del Brezel, conferma degli anni passati : acchiapperete ancora un mucchio di pagnotte, tartarughe, rosette, ciabatte, e nessun filone; siete veramente i must di ogni panetteria.

Per i nati sotto il segno dei Caballeros non rimane che un augurio : che tutte lE appartenenti alla costellazione del Brezel siano clementi con voi!

Hasta la iPiroga siempre...e Buon Anno!

ergonomia del verbo

"La vuoi ancora una fetta?"
E mentre nella tua mente formuli "No" te la ritrovi già nel piatto: questo è un Nso.

Lo Sni è molto più complesso.
Ci sono un sacco di cose bellissime in uno Sni, soprattutto le persone. Le persone che stanno nelle parole sono sempre più belle di quelle che le pronunciano.

Insomma, c'è un motivo se l'insulto ha un gusto nell'essere evocato, un senso catartico di uguaglianza. Un ritrovamento, una logica, un "ecco!", si operano quando nella nostra mente l'insulto rispecchia perfettamente la persona cui lo lanciamo. Dopotutto, l'amore non è molto diverso.

Ma torniamo allo Sni.
Chi non ha mai perso, parlando, il filo del discorso e poi cercando con lo sguardo le parole non trova che gli occhi del suo interlocutore?
E cosa pronunciano quegli occhi, se non "Sni"?

In uno Sni ci sono tutte le gradazioni di grigio tra il potrei ma non voglio ed il vorrei ma non posso.
In un Nso c'è la parte noiosa della variabile, l'immobilità delle cose mutevoli.
Il sì ed il no? Quelli sono utili e basta.

venerdì, dicembre 17, 2010

NON SPERATE!

Non è un caso che si cominci con un "Non".

Non è un caso che rendimento, sentimento e pentimento siano misteriosamente assonanti.
Tutti sono migliorabili, ma tendono all'impossibile.

Provate voi, ad avere un sentimento unitario.
Non crediate che pentirvi genericamente porti ad un'unica sensazione di espiazione. Ogni colpa ha il suo pentimento. Forse pentirsi così come si dice "mi pento" non basta, come non basta essere genericamente trascinati dal sentimento, bisogna essere specifici.

Non sperate, perché è la speranza a credere in voi.

giovedì, dicembre 09, 2010

Capitolo 13) Pensieri e Parole

"P-però, bel placcaggio"
Ecco, di nuovo quella maledetta balbuzie.
Non so neanche come mi sia venuto in mente di rivolgere parola a questo simpatico ometto;una pescheria, tra l’altro, non è nemmeno un luogo adatto per le presentazioni.

E invece sì che lo sai, non mentire Oscar, lui ti ha salvato la vita. Nessuno ti ha mai salvato la vita prima d’ora. E’ una sensazione strana, devi ammetterlo.

"Piacere, io sono Oscar, p-piacere di conoscerti. Lo so cosa pensi, so cosa pensano tutti, giù in p-paese: no, io non sono uno fuori di testa, uno svitato, e la balbuzie mi viene solo quando sono emozionato; sei stato in gamba con quel p-polpo, mi piacerebbe lavorassimo insieme"

Il postino esita un attimo, forse è muto: ebbene sì, ho incontrato l’unico postino muto del mondo. Poi all’improvviso la sua smorfia si tramuta in un ampio sorriso alla Julia Roberts, e io già immagino la scritta Calippo sopra la porta d’ingresso che si tramuta in “Calippo e soci” o “Calippo and friends” come Pavarotti.

"Piacere, mi chiamo Sebastiano, e mi piacerebbe ascoltare quello che hai da dirmi, se davvero si tratta di lavoro".

Pausa, applausi, cambio scena.

*

“Piacere, io sono Oscar”

La prostituta mi guarda stupita, evidentemente nessun cliente le si era mai presentato. Quantomeno non la mattina dopo. Ma io ho deciso di fare le cose per bene.

“Senti schizzato – e già una prostituta che dice schizzato perde in credibilità – portami fuori da sto centro sociale, c’è puzza di bestie”.

La mia risposta indignata non si fa attendere : “la legge non disapprova che due persone si accordino per fare sesso, la legge disapprova che due persone si accordino per fare sesso in cambio di denaro” , recito agitando il dito indice nella sua direzione.

Ovviamente noi non avevamo fatto sesso, né in cambio di denaro né senza. L’avevo speso meglio, quel denaro; ho affittato Veronique per l’intera serata, e poi l’ho portata qui al Noir, uno dei pochi centri-giovani rimasti in Friuli, in modo che mi facesse fare bella figura con gli amici (quali amici?), e per conquistarla, come se non fosse una volgare battona, sempre seguendo il mio proposito di fare le cose per bene. C’è stata una grande festa ieri sera, pieno di gente, tutto bellissimo. Peccato soltanto che, una volta entrati, io abbia rivisto Veronique solo questa mattina.

“Hai dormito con un altro uomo, questa notte, non è vero?” – la predica è appena cominciata, ma Veronique, di cui il nome unico rimasuglio delle sue decantate origini parigine, non ci sta a farsele cantare.

“Sei il peggior cliente che io abbia mai avuto, e ti assicuro che di gente strana ne ho vista." - mentre parla si passa la lingua sulle labbra in continuazione, ma ormai io voglio solo moralizzarla, la sua magia nera non ha più nessun effetto su di me.

"Ma almeno quelli erano davvero clienti, e a una cert’ora si addormentavano, oppure fedifraghi tornavano dalle loro mogli strisciando" - è meglio che adesso lasci sfogare Veronique, in fondo ne ha passate tante : mi ha raccontato non senza un certo trasporto di essere orfana, e che appena nata una suora l'aveva trovata sul sagrato di Notre Dame avvolta in uno scialle.

"E invece tu? Hai denigrato la mia professionalità: almeno una bottarella, eddai, non si fa così. Io comunque so’ di Ostia, altro che Parigi. E mi chiamo Lorenza”.

Cinebrivido.

“Pentitiiiii” – urlo correndole dietro, svegliando tutti i reduci della sera prima, in parte anche sinceramente divertito per aver offeso la dignità della finta parigina, con la mia decisione di non abusare di lei.

Dieci minuti dopo sono già diretto verso l’ufficio, fischiettando Battisti e Cremonini; in un ritardo esagerato rispetto all’orario concordato con Sebastiano, ma notevolmente in anticipo rispetto al mio programma, che per stamattina prevedeva colazione in camera con Veronique-Lorenza. L’abitudine di farsi dei bei programmini dovrebbe essere abolita nel mondo occidentale.

Mentre salgo le scale, telefono al mio collega Scalise, per sondare il suo livello di malumore giornaliero, ma il cellulare squilla sorprendentemente a vuoto. E, poco dopo, trovando aperta la porta dello studio, mi rendo conto che per stamattina le soprese non sono ancora finite : la figlia del proprietario del bar all’angolo, Manuela, è seduta nel mio ufficio, e ha l’aria di aspettare proprio me.

Sorrido e le faccio un cenno di saluto : certo, non è Veronique-Lorenza, ma almeno non la prenderà a male se non mi calerò subito giù le braghe.

I suoi occhi verde smeraldo mi ricordano Sebastiano : davvero un peccato che io venga subito tramortito con un colpo alla nuca, prima di poter elaborare altre brillanti riflessioni.

mercoledì, dicembre 08, 2010

intimissimi

Tutte le volte che il mondo ha più ragione di me, respiro più profondo che posso.
C'era qualche personaggio di un telefilm che metteva in una scatolina della mente tutte le cose che lo disturbavano.
Tutte le volte che il mondo ha più ragione di me respiro per ricordare che ne faccio parte anche io.
Tutt

"Cosa ne dici? Pensavo di metterci ancora un paio di cose sull'inverno e poi di intitolarlo "intimissimi".Allora, che te ne pare?"

Ma Filippo non mi ascolta, o forse non può.
Guarda lontano mentre riprendo il discorso.

sabato, dicembre 04, 2010

il malato immaginato

a Jean Baptiste Poquelin piace questo elemento

Il suo diario: una vita che
volevo; vederlo, entrare nella sua vita e forse, poi, annegarvi.
Come un uomo che esce da un caffè e dice:
"Che bella nuotata!"
. Il completamento del proprio ruolo sociale è, come una barzellettà. La fine di un'iterazione, la calibrazione della propria immagine pubblica.

Un pò come tutti gli uomini sono affascinato dalla deduzione, anche se sostengo di averne fatto uso solo quando funziona. Nella categoria "interessi" non ho dubbi: Film Disney, Basil l'investigatopo, donne.

Sono un animale sociale.
Vivo in un condominio, sono un personaggio da una storia e via ma, inaspettatamente, sul pianerottolo lo trovo.
Un libricino, un moleskine forse, un diario dei cartoni animati col lucchetto di plastica, una risma di fogli pinzati un.

Un Diario.

Il suo diario: dimenticato forse ma, gioia e gaudio, diario. Pensiero di carta e ancora la parola: diario.
Di chi? Non importa: lo apro.
Se abita in questo condominio capirò, saprò, mi troverò: sono un uomo, sono nato per essere in cerca di: donne. Ho scelto cacciatore ma sono raccoglitore di: diari.
Ed eccone uno. DI qualcuno, che sicuramente mi conosce. Che parla di me. AH! Diario.

Sono conosciuto, nel condominio come nel quartiere: figuro sicuramente tra queste pagine.
Da qualche parte sono sicuro di esserci nascosto anche io; io io io fondamentalmente, sonoramente, inconfutabilmente IO, in quel diario.
Nel pensiero di chi mi conosce ci sono: io.
Non sono un pazzo o un maniaco, un ritrovatore - sono io.

Chiamatemi Ismaele: è il diario di una donna. E' già qualcosa ma non tutto. Io, devo, ancora, trovarmi.
Perdonate se, sono un pò, difficile. Io non tengo diari, li cerco solamente. E, questo, è il mio pensiero. Destrutturato, ricombinato il meglio possibile per essere leggibile. Quando è ordinato il pensiero rischia di essere un. Diario. Io no, non tengo diari. Vi cerco me stesso, LI leggo.

Siete nella mente di un uomo ma, questo, è molto, diverso da un diario.
Eccomi, ci sono, anche io! Il pazzo del quarto piano. Eccolo.
E' commovente non è vero?
Parolano di me.

Ritrovarsi non nelle parole ma negli scritti altrui.
La carta è molto più sincera: le parole non sempre conoscono il pensiero che le genera.

Il pensiero ha un'impaginazione. Tutta diversa da quella cui siamo abituati. Non ci si riferisce a sè stessi con la stessa sincerità con cui le mani battono la tastiera,

stringono il cappio o il calamaio. E come mai più, Pasolini diceva che; scrivere è inutile?

L'impaginazione delle mentalità è; diversa
ogni volta.
La punteggiatura delle
profondità della mente: UN MISTERO;

Charlie Brown voleva essere chiamato Saetta e invece no: buon vecchio Charlie Brown.

venerdì, dicembre 03, 2010

Il mio nome è Merlo;

so a che cosa state pensando, state pensando che non è un nome allegro.
Conosco la vostra propensione per la leggerezza.
Quando saprete qualcosa di più sulla mia vita e sul mio lavoro vi renderete conto che è un nome che mi si addice; uno di quei rari casi in cui il nome scelto da bambino corrisponde alla persona che lo porta.

Gli antichi, saggiamente, usavano aggiungere qualcosa al nome, che descrivesse chi lo portava, come ad esempio Ludovico il Pio; altre volte il nome era completamente sostituito da un soprannome, come quel pittore, il Sodoma.
Oggi il soprannome è caduto in disuso, si preferisce usare i titoli, come quel politico, il cavaliere. Con una rassicurante perdita dei connotati più strettamente valutativi.

Sono convinto che sarebbe più opportuno decidere il nome al momento della morte; solo così la scelta potrebbe essere equilibrata.
Il giudizio complessivo non lo si può dare prima della nascita, a meno che tu non sia un determinista convinto con particolari doti di chiaroveggenza, né a metà della vita; questa è opinione universalmente riconosciuta. Non capisco perché il nome, che ha una portata così ampiamente descrittiva, non debba andare a vantaggio dei posteri che lo conosceranno. Ci vorrebbero due nomi, uno provvisorio, anche un numero, e uno da scegliere alla morte, anche poco rispettoso.
Però dove lavoro io la situazione è confusa, si ragiona essenzialmente per numeri e posti, a tutto vantaggio delle canaglie; e per praticità del personale amministrativo.

Io li chiamo per nome; quello che avevano da vivi, sempre meglio del numero; nessuno si è mai lamentato.
Quando al mattino respiro l' odore di terra bagnata, e si distingue ancora la luce tremolante dei lumini, rinnovo la mia promessa:

Good Morning, Vietnam.
Vi garantisco l' eterno riposo,
perseguo i reati contro la pietà dei defunti.
Voi che ancora vivete non disturbate
chi riposa in pace.
Il mio nome è Merlo
sono un agente della polizia mortuaria. A vostra completa disposizione.

Il mio lavoro mi piace. Non è un lavoro molto conosciuto, non è ben pagato, nessun moccioso lo vorrebbe fare da grande.
A volte percepisco qualche extra, quando mi scambiano per becchino; è importante per me avere delle gratificazioni: il lavoro è la mia vita.
Lavoro qui, il mio ufficio è circondato da alberi, marmi pregiati e ascolto il silenzio.
Il mio lavoro è la mia vita e sono contento di non stare dietro ad un computer.

Voi che vivete non avete idea di quanti problemi abbiano i morti.
Come Marzio, del campo F: l' amante che buttava via i fiori della moglie, la moglie quelli dell' amante. Le ho multate e mi sono tenuto i soldi.

Ah, il campo F. Proprio vicino alla parete dei loculi 1200-1300.
Lei riposa, nel suo cantuccio un po' defilato, sulla destra in basso. Non le faccio mai mancare un fiore al mattino e la buonanotte la sera.
Mi piace raccontarle che faccio questo lavoro per lei.
E' una balla.

mercoledì, dicembre 01, 2010

Capitolo 12) Sliding Doors

E’ uno di quei momenti in cui preferirei essere da un’altra parte; anche in una situazione oggettivamente peggiore, come portare fuori il cane per il suo bisognino durante il temporale, e senza ombrello. Ho paura di non essere all’altezza del momento, e ho tutto il tempo di convincermene : il corridoio che mi separa dal mio amico sembra non finire mai.

La critica che mi viene mossa più spesso è di non fermarmi ad analizzare la situazione, di non chiedermi mai : “c’è un modo migliore per affrontare il problema che ho davanti?"

Eppure la mia professoressa di matematica del liceo me lo ripeteva sempre : “Non passare dalla finestra, quando puoi usufruire della porta, Scalise”.

“Porta o finestra quello che mi attende all’interno è comunque un quattro in pagella signora, allora preferisco allontanare il momento”.

Meritavo anche oggi un votaccio? Mi ero fidato troppo del mio istinto. Se tutta questa storia del messaggio segreto fosse stata una trappola del vero assassino? Quella è gente che non scherza, e, mentre mi si formula il pensiero, sento già un accenno di tremolio alle gambe. L’aveva davvero nascosto Oscar quel messaggio o lo spietato killer del mistero poteva averlo costretto con la forza, con le minacce, con i ricatti?

Come potevo non essermelo chiesto prima, quando ero ancora al sicuro in Friuli, a girare per i boschi a piedi nudi.

All’improvviso il corridoio finisce : la stanza è molto grande e luminosa; tre grandi finestroni occupano la parete ovest, lasciando entrare una luce calda e surreale. Oscar è solo, ma circondato da decine di manichini, alcuni vestiti di tutto punto, altri completamente spogli; riconosco Capitan Uncino, e al suo fianco ci sono Marylin Monroe e Amleto, entrambi con le braccia aperte, in modo tale che sembri che stiano discutendo animatamente; più indietro ci sono Darth Fener - lo riconosco dal casco - e quattro soggetti che in un'altra vita devono aver impersonificato i quattro moschettieri : anche se il tempo passa per tutti, mi posso sentire al sicuro con loro. Alla destra di Oscar c'è un manichino vestito da principessa, e uno al naturale che sembra in procinto di abbracciare il primo. Riflettendoci, quel pervertito si è sicuramente divertito un mondo a metterli tutti in queste strambe posizioni.

Mentre incrocio lo sguardo del mio amico, penso che vorrei subito abbracciarlo, chiedergli in che razza di posto ci troviamo, e poi portarlo fuori; invece resto ipnotizzato dallo sfuggevole riflesso dei miei occhi verdi nei suoi. Dura un solo istante, ma è come se fosse un’eternità.

*

“Ciao signor cane, ciao b-bello, vuoi giocare eh? Dimmi, vuoi giocare?”

“Rolly, stai lontano dal barbone, non farmi pentire di averti portato a fare un giretto”.

In effetti, questo sabato mattina mi sono vestito un po’ raffazzonato, ma non c’è limite alla maleducazione della gente. Sarà questo maglione sgualcito? O è colpa dei miei blu jeans un po’ troppo strappati? Eppure vanno di moda così, di questi tempi.

Chi voglio prendere in giro? Il punto è che tutti in questo paese, oramai, mi conoscono per quello che non sono, o che sono solo in parte.

Entro in pescheria, confidando che almeno il pescivendolo non dica ai merluzzi di stare lontani dal barbone. C’è molta gente, e il dettaglio mi infastidisce. Perbacco! Mi gioco i pantaloni che quel tizio lì davanti che parla con Mario, il pescivendolo più chiacchierone di Osoppo, è un impiegato comunale, o magari delle poste : ha un’aria così infelice che non può occuparsi di altro, persino i becchini hanno una postura più dignitosa.

“FERMI TUTTI, QUESTA E’ UNA RAPINA”

Una rapina in una pescheria? Evidentemente in giro c’è gente più strana di me.