venerdì, ottobre 30, 2009

I'm the rubber, you're the glue

A volte mi capita di prendere l'autobus. Ultimamente pago anche il biglietto. Una cosa incredibile, credo sia diventata una specie di crociata personale, un piccolo dogma misterioso. Quando sento il campanello dell'obliteratrice scampanellare felice provo la stessa sensazione di quando infilo le chiavi nella toppa di casa. Percepisco l'abbandono di una tensione di cui prima non avevo avuto idea, una calma simile a quella che provo quando mi accorgo che qualcosa di noiosissimo è in procinto di finire. Però non è che mi senta bene, che sia contento: oggi non mi ha cuzzato di greco, e allora? Anche se è già qualcosa non credo la si possa chiamare gioia. Forse tutto sta in quel cazziatone che mi aveva fatto un controllore nervoso mentre mi attardavo nel timbrare il biglietto per vado. Forse si tratta dello stesso tipo di pensieri ansiogeni che avevo avuto quando avevo salutato calorosamente uno sconosciuto scambiandolo per qualcun altro, e poi me ne ero andato via senza dire niente. Oppure come quella volta che per scrollare via i capelli tagliati dal telo avevo toccato il ginocchio del barbiere ed ero rimasto terrorizzato da che cosa avesse potuto pensare, non di me ma del mondo e del genere umano intero e dall'idea che avrebbe potuto raccontare l'accaduto ad altri, e magari riderne. Ora mi viene in mente qualcosa di strano legato a Space Jam, ma è un pensiero che non riesco a elaborare.
Comunque sia chiaro che se timbro il biglietto e poi il controllore non sale ovviamente mi incazzo.

venerdì, ottobre 23, 2009

la logica della trilogia

Un anno e tredici giorni dopo "Il fantasma dell' Opera Pia" e due anni e diciannove giorni dopo "la fiera del male" ritorna per una terza, catartica, inevitabile volta Invisibile Baro, per raccontarci nuove avventure. I misteri, invece di risolversi, si sono moltiplicati e non sarà facile trovare una logica nella trilogia.

Prefazione a cura di Peter Dennis Blandford Townshend

Il farro era utilizzato dall'uomo come nutrimento sin dal neolitico. Gli piaceva pensare agli uomini primitivi di tanto in tanto, nelle pause scandite dal tè che personalmente gli veniva servito da quello stesso fantasma dell' Opera Pia. Nella sua cameretta, solitaria come un buco in una montagna, come una grotta, coltivava i suoi pensieri. Pochi, per dire la verità, e nemmeno buoni. Nè pochi nè buoni. Ma veri pensieri: cose che tengono accesa la testa. Guardava la pioggia: una pioggia in grado di sporcare, di fare casino, di cullare il sonno monolitico dell'uomo che aggiunge una coperta indiana sopra alle altre per avere più caldo. Gli uomini primitivi erano cacciatori o raccoglitori, o entrambi. Comunque onnivori. E' importante essere onnivori. Gli onnivori sono gli unici animali a cui rimane abbastanza tempo libero per poter socializzare, comunicare, imparare, studiare, andare in piscina. Pensando agli uomini primitivi, a quei capolavori involontari di essenzialità, finiva sempre per pensare all'orso. Sapeva che un orso può nuotare.

lunedì, ottobre 12, 2009

iPiroga, stasera ci racconti una storia?

E' provato : più cresci, più ti mancano i Classici Disney. Da un po' di tempo il tempo per pensare al tempo che passa non mi manca. Formulo teorie su tutto e tutti, sono un grande teorico della nostra epoca : un giorno farò un grande libro con quel bel situccio in rete; non so nemmeno se teorico sia una bella qualifica, forse sarebbe meglio pratico. Pratico, suona tutta un'altra cosa. Ehi, tu si che della vita sei pratico, sei uno che ci sta dentro. Scusa, hai detto Psicopratico? No, per forza di cose sono un teorico, l'esperienza di vita vissuta lo dimostra. E della mia teoria su Walt Disney vi ho mai parlato? Arrivo subito al sodo, per non rischiare di assomigliare ad un post di Baro : per me, tutte le sue storie, tutti i suoi personaggi, tutti i suoi cartoni, non se li è inventati mica, non sono mica solo cartoni. Sono veri, tutti veri. Non sono neanche frutto dell'immaginazione dei suoi disegnatori e sceneggiatori di fiducia. Sono veri. Simba è il micio dell'Irreprensibile, Red e Toby sono ancora amici-nemici nel bosco, Basil l'investigatopo è talmente vero da essere stato immischiato in una storiaccia di mazzette di Emmenthal. E poi c'è Peter. Alzi la mano chi di voi non crede in Peter Pan. Io lo so che la mia ombra avrebbe voglia di fare due passi senza che io la segua, io lo so che laggiù oltre l'orizzonte trovo l'isola che non c'è, io lo so che da qualche parte c'è una Wendy pronta a raccontare storie ad ognuno di noi. Perchè, in fondo, è proprio di questo che abbiamo bisogno, di qualcuno che ci prenda sulle ginocchia e ci racconti una bella storia. Non una favola, attenzione, una storia. La morale della favola la lasciamo ad altri, noi vogliamo solo il lieto fine che ci accompagni fino a domani mattina. Mattina dopo mattina, 17, 18, 19, 20, 21. Noi iPiroga siamo bambini sperduti, forse. E i bambini sperduti, in Peter Pan ci credono eccome. Quando il giorno se ne va, dopo aver studiato, faticato, cazzeggiato, torniamo qui alla tana, arrabbiati, stanchi, puzzolenti, tristi, felici. Speranzosi di trovare Wendy. E, ogni sera, lei è qui per noi.

venerdì, ottobre 09, 2009

implorava "picchiami!" perchè aveva schiacciato il mio piede

Mangio la semola.
Sento strofinare ancora sulle pupille l'immagine di Edu che fa la spesa, sono rimasto scioccato. Eccolo li' che compra lo zucchero, prima in zollette e poi di canna. Gli chiedo se vuole anche lui la semola, visto che io la mangio.
Mi guarda con l'occhio pazzo, come godo, ha proprio l'aria di quello che da vecchio il semolino lo rifiuterà sempre, con integerrima costanza.
La semola, che cosa strana.
E' difficile descrivere quello che provo quando la mangio, prima, prima che il boccone entri in bocca, lo so cosa provo: fame. E quando ruttando sancisco la fine del pasto lo so quello che sento: è appagazione. Ma nel mentre? Serenità? Leggerezza? Propedeuticità (all'appagazione intendo) ? Felicità?
Credo sia opinione comune pensare che la felicità sia candida, stia nelle cose semplici, si annidi comodamente in bianchi cuscini dai contorni definiti, in qualche recondito spazio della soddisfazione, accanto al pane fatto in casa ed ai piccoli, teneri, comunissimi gesti di ogni giorno. Ma perchè? Che cosa centra? Sembra una cosa semplice. Ma sembra perchè lo è, o perchè è favorevole pensare alla felicità come a qualcosa di semplice e alla tristezza come una cosa articolata? Complessa? Si dice no? "C'hai i complessi".
Mi dissocio, esistono felicità complesse e tristezze semplici e c'è di più: esistono felicità fatte di tristezze e viceversa. E se mentre mastichi la tua semola ci trovi dentro un seme di cumino, che ti fa schifo? E se quell' appagazione di fine pasto sarà invece gratitudine di essere scampato ad un piatto indigesto? O speranza che quest'ultimo non abbia ripercussioni sul tuo riposo? Esistono molte cose strane nel mondo, cose che non si svelano ad una prima, sommaria occhiata, una di queste è il fatto che il cus cus sia fatto di semola.

lunedì, ottobre 05, 2009