martedì, febbraio 14, 2012

Storia del latte che non scadde a San Valentino


Si alzò dall'amaca con uno scatto innaturale, e, pur consapevole non servisse proprio a niente, aprì le persiane, come se fosse giorno; svuotò distrattamente nella scodella la scatola di una sottomarca latina dei cheerios, accese lo stereo sulla sua stazione radio preferita. Forse non lo sapeva nemmeno più se quella fosse davvero la sua preferita: la forza dell'abitudine. Sopra il frigo, l'orologio digitale rifletteva sulla parete un orario così inverosimile per svegliarsi che, se non si fosse trattato della sua vita, avrebbe stentato a credere ad una storia del genere.
"Ci vorrebbe più poesia nei piccoli gesti quotidiani" - pensò ad alta voce, pentendosi delle sue parole nel medesimo istante in cui le proferiva: per lui quelle azioni non erano assolutamente piccolezze.

Prese il pennarello rosso e, come di consueto, affrontò vis à vis l'asettico calendario appeso al muro; ed ecco una grossa X sulla data del 14: un altro giorno che non aveva vissuto.
La postazione computer era accesa, era sempre accesa. Nel portacenere si notava un solo mozzicone raggrinzito, probabilmente spentosi di solitudine il giorno precedente. Immaginò l'incendio di casa sua propagarsi a partire dalle lunghe tende bianche della camera, e al pensiero del mancato rogo provò una sensazione indefinibile e proibita, a metà tra il sollievo e la noia.
La vita è troppo breve per preoccuparsi di ogni cosa.

Sicuramente c'era chi, nella sua stessa condizione, da qualche parte nel mondo, se la passava peggio: era questo che lo teneva aggrappato alla vita, ne era certo. Prima di accedere ai sei tavoli verdi che aveva in programma di grindare fino alle prime luci del giorno, accese la webcam e scorse la sua rubrica di Skype fino al contatto desiderato. Fuori dalla finestra, come sospesa, in bilico sul davanzale, lo aspettava silenziosa una di quelle notti in cui il cielo scuro tende leggermente al colore della terra bruciata.

Per problemi in Italia, la comunicazione spesso era difettosa, e quella sera non ne voleva proprio sapere di concedere ai due amanti di guardarsi negli occhi; non restava che un'impersonale e fredda chat: a Genova in quel momento era pieno giorno, mentre laggiù, stavolta, sembrava che il sole fosse tramontato per non sorgere più. Decise di essere stringato ma sincero.
"Auguri, so che non puoi capire quanto io mi odi per non essere lì con te."

L'aveva abbandonata senza dare spiegazioni in un'altra notte complicata come questa: era fuggito in Venezuela sei mesi prima, in seguito all'accusa di essersi macchiato di un grave reato in Europa. Era colpevole.
Le autorità venezuelane avevano subito disposto gli arresti domiciliari come misura cautelare, ma poi, in un sadico gioco di rimbalzi di competenze, non avevano concesso l'estradizione all'Italia. Nei corridoi delle aule di giustizia di Caracas, si mormorava si fosse messo di traverso il Presidente Chavez in persona.
Per pagarsi da vivere, tutte le notti giocava a poker online con tutto il mondo; invece i giorni li passava tutti a dormire, un po' nel letto, un po' sull'amaca legata alle due palme nel cortile interno della sua abitazione.
Ad essere sinceri, era bravo e il giro fruttava piuttosto bene: in quel limbo, che solo lontanamente assomigliava ancora ad una vita, aveva cominciato a mettere da parte un discreto gruzzoletto.
Che non poteva andare in banca a riscuotere.

Non ricordava l'ultima volta che avesse messo piede fuori di casa.
Nell'attesa di una risposta, versò l'intera bottiglia di latte nella scodella, affogando rapidamente gli indio-cheerios e sporcando in modo vistoso il pavimento.
La chat non suonò nè si illuminò più quella notte.
Rimase così, prigioniero, a fissare il monitor, preda indifesa dell'incertezza circa la sua sentenza di rimpatrio, ma con la convinzione interiore di essere già stato condannato a sentirsi per sempre solo al mondo.

1 commento:

la nuova spia poeta ha detto...

è difficile fare una rima decente con skype