giovedì, febbraio 02, 2012

Alteri, VI parte

Quando si rannicchia sul fondo della nuova buca cerca di non pensare più alla tortura. L'altro occupante trema in un angolo del ciclo di luce con le mani nere di terra. Fissa la parete con le mani dietro la schiena e non si volta mai per guardarlo.
Sta cercando di immaginarsi come potrà raccontarla una cosa così. Una cosa chiara come quella che gli è successa.

Gli riappaiono come più veri del vero ricordi ormai non più suoi, diapositive mentali evocate da libri di fantascienza, paesaggi alieni fisicamente impossibili, le tavole di Lopez dell'Eternauta, una sorta di cartolina animata di una piovosa mattina al chiuso passata a spiegare perché mai Manzoni millantasse di non aver scritto lui il suo romanzo.
Con uno spasmo si contrae per poi sdraiarsi.

Quello che ha vissuto gli dà le vertigini solo a ripensare che sia successo. Come fa uno a spiegare qualcosa di impossibile che gli è accaduto veramente, senza avvalersi di un contatto verbale o scritto per cui, quando uno sostiene di essere sincero, ha comunque la possibilità di non essere creduto?

A cosa servono parole come verità se uno in cuor suo sa che l'altro, per scelta o per errore, potrà non intendere lo stesso significato con cui le dice? Non poter essere sicuro che gli altri abbiano la certezza che hai tu delle cose che hai vissuto o ti è sembrato di vivere.

Ha sempre reputato difficile giudicare la veridicità o l'irrealtà di un'evento, ma ora l'esistenza stessa di un fatto personale gli sembra qualcosa di indimostrabile ed incondivisibile. Si sente come richiamato da un elastico lontano da qualunque orecchio diverso dal suo.

Immagina di raccontare la tortura ad un ascoltatore impersonale, ideale e sconosciuto. Mentre riepiloga la vicenda gli sembra di essere lui, quell'ascoltatore. Qualcuno che non ha assistito ad un evento così radicale da appartenere ad una realtà non tanto diversa quanto precedente a quella in cui ora sa di trovarsi, ma in cui ancora non si sente. Come uno che, distratto, si fosse perso un passaggio.

Gli tornano in mente i due gemelli usati da Einstein per spiegare la relatività: non sa quale sentirsi dei due. Il silenzio tombale della miniera è rotto soltanto dai singhiozzi del suo compagno di voragine. Che cosa sia successo nella sala delle torture, per ora, non ci è dato nemmeno immaginare.

1 commento:

esageratoo ha detto...

credo che lo smemorato l'abbia spinto a quello che piange