venerdì, aprile 29, 2011

La storia di Flora, gran meretrice, diventata dea per garantire il decoro delle istituzioni

E' appena terminata una cortese e rinfrescante pioggerellina pomeridiana, mi reco col mio caro Ettore a fare una passeggiata nei giardini vicino a casa. Sono diversi gli elementi che mi impediscono di abbandonarmi alla fantasiosa reminescenza della pioggia nel pineto, in particolare due: mai ho immaginato Ermione come cane, anche se lo considero un nome delizioso; alcune siringhe e una cospicua traccia ematica mi fanno percepire come umano troppo umano questo posto.
Come sono ridicole e degradanti le nostre dipendenze.
Dunque dopo avere, mio malgrado, convenuto con quel famoso slogan (paradossale) "i giardini del degrado", una tipica pesantezza saturnina ha deviato il corso dei miei pensieri sulla considerazione dei tempi correnti, del kali yuga e altre amenita' consimili, che ci risparmio.
La divisione del tempo non e' certo un problema da poco, giorni fasti e nefasti, comitialis...
Aprile, nella Roma antica e gloriosa, godevi della protezione di Venere feconda!
Giusto in questi giorni nell' antica Roma si celebravano le Floreali, oggi piu' modestamente ci si accontenta dell' euroflora: fiera, libero mercato, truffa liberalizzata, capitale e, questo solo per farvi ridere, signoraggio; non vedere la progressiva degenerazione verso il solido, la materia, è davvero da ciechi: ma in effetti il motto hanno occhi e non vedono è molto più di una trouve' biblica, direi piuttosto una costante nella storia della modernità e del progresso.
Per alleggerire queste considerazioni pesanti, antipatiche, da Senex, vale la pena di rifugiarsi in quelle deliziose storielle boccaccesche (o boccaciane, che m' importa) con le quali si sollazzano gli eruditi quando per un momento li abbandona la depressione, la smania collezionistica e antiquaria (delle quali poi tali storielle sono in qualche modo figlie naturali; si legga: non legittime).

La nostra Flora, gran meretrice, non si sa bene se per una particolare benevolenza nei confronti di quelli che erano destinati a diventare suoi ex clienti, o per supplire economicamente alla mancanza di piacere di questi, cagionato dalla sua morte (un danno esistenziale ante litteram), o ancora sperando di lavarsi di dosso la lettera scarlatta o chissà per quale altro pruriginoso motivo, nominò suo erede il popolo romano. Si decise di destinare l' enorme eredità a dei giochi da tenersi nel giorno della nascita della testatrice. Il senato, con la spiccata tendenza a sentirsi offeso e perseguitato, sulla base della permeante considerazione che i senatori erano stati i principali utenti finali, decise un insabbiamento. Tale insabbiamento era destinato ad assumere contorni ridicoli agli occhi dei contemporanei, era una beffa al pubblico pudore, una squallida burla; consisteva infatti nel dire una bugia enorme e palese e cioe' nel dire che in realta' Flora non era una troia, ma che era una nipote di Giove, che era la dea dei fiori. Non sappiamo quale sia stata la reazione di Giove. Posso rassicurarvi invece sulla reazione del popolo romano: nel tempio di Castore e Polluce venne sistemato il simulacro di lei, Flora, realizzato da Prassitele; le feste in suo onore continuarono ad essere lascive.
Ancora una volta bisogna dare ragione alle scritture: niente di nuovo sotto il sole.

2 commenti:

mi ricordi Brecht ha detto...

ciao sono quello in parapendio
dell'altro giorno
lo sai
vi ho visti che mi avete filmato
quanto sono leggiadro
se leggerete
ricordatevi di me:

voglio il video di me che mi libro in volo, leggendo un libro di fabio volo

Max Gazzè ha detto...

Quello del parapendio posta al ritmo delle mie canzoni? Comunque bel post