venerdì, maggio 06, 2011

cucinare il cibo per la mente

Il giorno dopo non fu poi traumatico come avevo creduto: senza sveglia, caffè, focaccia, facebook, altro caffè.
Qualcosa non era cambiato.

Oppure qualcosa non era ancora cambiato.
Il non capire che cosa stesse o non stesse accadendo mi infastidiva più del prosciutto cotto e di quei libri in cui alcune parole sono scritte in grassetto ed altre no.

Poi mi guardai il taglio sul dito.
Per quanto stupido era uscito un sacco di sangue.
Era fuggito.
(Su wikipedia scopro che un globulo rosso vive 120 giorni. Cosa si vede del mondo microscopico in 120 giorni?)

Trovi una via d'uscita, ti schianti al suolo o su un capo d'abbigliamento preferibilmente chiaro, in un ambiente acido o basico, chissene frega, comunque ostile. Cosa puoi volere che io non ti garantisca? Ingrato.

E mentre mi succhiavo il dito ho capito che non si era liberato, non era fuggito, non c'era nessuna relazione tra la mia vita e la mancanza di quel sangue, di qualsiasi centimetro cubo di sangue nel mio corpo: era solo uscito.

Uscito da un posto scuro, buio, immaginato sempre chiaramente disposto e invece caotico, ostile, diverso da persona a persona, incasinato, marcescente, insieme fabbrica e discarica. Era uscito da me, ma era entrato nell'unico luogo dove potessi vederlo.

In fondo le palpebre, la bocca, le orecchie, cosa sono se non ferite cicatrizzate? Il mio sangue può andarsene quando vuole, forse era questa la logica mancante.

Feuerbach disse che l'uomo è ciò che mangia.
Io dico che è anche ciò che sputa.

2 commenti:

Baro ha detto...

quindi rodrizio è una sentenza

Anonimo ha detto...

Giusto