"Io sono uno di quelli che non resta indifferente di fronte alle cose.
Sono uno che agisce, uno che agisce. Uno che nel bene o nel male fa il primo passo, spesso più lungo della gamba. Non sono un ignavo" - ripeto ad alta voce, ticchettando sul volante con la punta del pollice, e alla fine me ne convinco quasi.
"Meglio un ignavo di un bastardo. Oh, la mia testa..."
Deborah si è svegliata, buongiorno.
Ammetto che avrei invertito i ruoli volentieri, per aver potuto essere io ad addormentarmi nelle gelide brughiere friulane, e poi aprire gli occhi sotto il sole caldo della Toscana.
Un po' di mal di testa è sopportabile a fronte di questo piacevole risveglio; come passare all'improvviso dal bianco e nero alla tv a colori.
Da quanto non lasciavo Osoppo? Pur sforzandomi, non riesco a trovare risposta : una volta che mi sarò lasciato alle spalle questa storia, dovrò fermarmi a riflettere sul binario morto su cui è stata dirottata la mia vita. Magari scrivo pure un libro, una bella autobiografia.
"Ferma la macchina, o chiamo la polizia".
"Siamo già fermi Deb..."
"Non mi chiamare in quel modo! Io per te non sono più Deb nè Debby, e dopo ieri sera direi che sono anche meno, se possibile".
Seguono minuti di silenzio interminabili, la Toyota Corolla riposa a bordo strada, sotto l'ombra di quello che credo sia un platano; non lontano da noi scorgo il cartello marrone che annuncia Livorno.
Mi azzardo ad accendere la radio, ma questo la fa imbestialire.
"Ti rendi conto Sebastiano? - bello scandito SE BA STIA NO, è proprio arrabbiata - questo è sequestro di persona, io ti faccio arrestare; spegni quella cosa, mi hai anche colpita TI RENDI CONTO? Entro stasera avrò un bernoccolo così alto che non riuscirò più a stare seduta in questa auto del Pleistocene".
Una manata secca per spegnere l'autoradio.
Ah, il problema allora è il segno della terribile colluttazione di cui siamo stati protagonisti, chissà cosa diranno i clienti a vederti conciata così; magari chiederanno di essere affidati a qualche collega integra fisicamente.
Mi piacerebbe risponderle così a tono, invece che fornire la solita spiegazione razionale con un finto timbro rassicurante, che, a dirla tutta, non mi riesce neanche così bene.
"Stiamo andando a risolvere questa faccenda; intendo...la faccenda di Manuela, e forse anche di Belene. Ho una pista, e, anche se a dir la verità non è niente di più di un'intuizione, ormai devi fidarti di me, fino in fondo".
Accendo di nuovo la radio, riconosco i timbri scoppiettanti dei Beach Boys : bello.
"Non capisco, perchè mi hai portata con te?" mi chiede Deborah, con un insolito tono a metà tra il rassegnato e lo stravolto.
Ma io non so rispondere a questa domanda.
Perchè la realtà è che ieri notte ho agito di istinto, sotto i fumi residui della grappa, sicuro per un qualche oscuro motivo di avere bisogno di lei l'indomani mattina : ma la mattina sta finendo, e io non so che farmene della ragazza di nome Deborah che sta seduta in camicia da notte sui sedili posteriori della mia Toyota.
"Dobbiamo andare in un paese, e una volta lì cercare un posto con un nome particolare, forse si tratta di un locale".
Criptico al punto giusto. Ora mi dirà che non ho riposto alla sua domanda.
Le donne : ormai per me non hanno più segreti.
"Uff, e quale sarebbe questo nome?" - bofonchia mentre si lega i capelli.
E c'è ancora qualcuno che parla di sesso debole.
Strabuzzo gli occhi, ma le rispondo, stavolta senza fare il misterioso : "in realtà non lo so di preciso, però nel nome deve esserci la parola polpo. Ah, se vuoi, nel bagagliaio c'è una mia camicia e un paio di pantaloni, ovviamente da uomo".
Ma se resti in sottoveste va bene lo stesso, Deb.
"E il paese come si chiama? Vorrei almeno una sigaretta, non dirmi che hai smesso te ne prego".
Lei è decisamente più adatta di me al mestiere di investigatore privato, si capisce dallo spirito di adattamento ai cambiamenti repentini.
Mentre sfilo una sigaretta dal pacchetto morbido di Lucky Strike, e noto la sua smorfia di disgusto alla visione della marca, soddisfo la sua curiosità.
Sentito il nome e tirata la prima boccata, Deborah finalmente sorride, e io mi sento sollevato, ma come al solito non siamo sulla stessa lunghezza d'onda.
"Mi viene da ridere sai?" So, il nome è quello che è, ma è lì che dobbiamo andare.
La guardo senza dire nulla, sornione.
"Sono quattro anni che non fumo" - e mentre lo rivela, adesso Deborah ride di gusto.
La pausa è finita, la Corolla morde di nuovo l'asfalto.
Deb è seduta al mio fianco, addosso ha pantaloni e camicia del suo passato (remoto) fidanzato.
Superiamo Livorno, ormai manca poco : direzione Bibbona, località La California.
Sognando.
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2 commenti:
tutte le foglie sono marroni
non farci aspettare due mesi per l'11
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