sabato, settembre 11, 2010

trattenere lo starnuto

Mi sono svegliato negli stessi starnuti con cui ero andato a dormire.
Ho continuato il mio sonno dentro una breve mattina di antistaminici sul divano. Ho sognato.
E se del sogno io stesso ho detto che è difficile rielaborarne una memoria posso almeno tentare di estrarne le riflessioni che ho avuto modo di fare vivendo al suo interno.

Ho parlato della morte, del sogno, della solitudine, del mistero e delle storie. E di macchine rombanti nella notte, ma questo è un collegamento molto meno immediato agli altri temi.
In particolare voglio ritornare sugli ultimi due elementi: le storie ed il mistero.
Ogni storia si basa sul mistero. Vediamo o crediamo di vederle come isole nel cielo, seminascoste dalla nebbia.

Il desiderio di raggiungerle ci spinge a costruire ponti. I più si sentono rincuorati avendo notizia che gli autori di quelle storie, siano esse in forma di canzone o di libro o di concetto, stanno anch'essi costruendo la loro parte di ponte, per venire da noi. Ci incontreremo a metà strada.

Questa metafora mi ha già stufato, inutile dire che alcune isole si raggiungono mentre altre no.
E poi l'isola è un elemento così stupido, si può riferire a così tante cose che non faccio fatica a considerarla la prostituta delle metafore.
A volte comunque alcuni ponti crollano, altri non vengono nemmeno incominciati, addirittura di qualcuno se ne festeggia la fine dei lavori prima ancora di accorgersi che il ponte approdi semplicemente dall'altra parte della propria isola.

Mi piace invece, e trovo una particolare bellezza in questi casi, quando le unioni a metà strada non si compiono, ma di poco. Quei casi in cui si arriva appena a pochi metri dall'altra estremità, guardandosi magari negli occhi con l'altro costruttore, aprendo le braccia con un gesto sconsolato che insieme può dire ho finito il materiale, non ne ho più voglia, oppure più melanconicamente non era a te che credevo di arrivare.

Credo che David Lynch abbia espresso più sinteticamente un concetto simile:
"Le idee sono simili a pesci. Se vuoi prendere un pesce piccolo, puoi restare nell'acqua bassa. Se vuoi prendere il pesce grosso, devi scendere in acque profonde. Laggiù i pesci sono più forti, più puri. Sono enormi e astratti. Davvero stupendi. Più la tua coscienza è dilatata, più scendi in profondità verso questa sorgente e più grosso è il pesce che puoi pescare."
Perdersi nella profondità sottolinea il rischio di trovare pesci incomprensibili al di fuori del loro ambiente d' appartenenza. Come i veri pesci dell'abisso, sgraziati mostri nati per essere felici nel buio.

I ponti quasi finiti sono come questi pesci, allo stesso tempo palesemente appartenenti allo stesso regno delle altre esperienze che abbiamo avuto e incredibilmente inconciliabili con la realtà di tutti i giorni. Cos'è un ponte incompiuto? E' un ponte, anche se non è finito?
Come vedranno gli altri questo pesce, di cui non hanno partecipato alla cattura? Di cui non hanno visto l'habitat? Cosa penseranno gli altri dell'isola che ho issato nel cielo, se mai ci arriveranno? Sarà poi raggiungibile, anche a me stesso, o me ne allontano verso i miei ascoltatori solo perché non oso confrontarmi col fatto di non potervi accedere?

Le storie migliori si approfittano della momentanea incomprensibilità dei nostri stessi gesti, dentro cui ci siamo persi per ottenerne un risultato che ora, in virtù di tutto il tempo che abbiamo passato nel tentativo di raggiungerlo, non ricordiamo più.
Si comincia un libro per finirlo?

I pesci sono una bella metafora, migliore forse dei miei ponti, e poi anche essi iniziano con la pi, che è certamente una lettera molto graziosa e musicale. Per non parlare delle isole, portatrici sane di concetti frivoli.
Mi dispiace soltanto che ad essi si paragonino solo le idee. Mi sembra che storia sia un termine molto più ampio.

Chi non è una storia?
E le storie d'amore, possono amare a loro volta?

1 commento:

Rodrizio ha detto...

sempre più difficile seguirti, ma che soddisfazioni se alla fine capisco il senso : sei come un' equazione difficile.