martedì, novembre 15, 2011

Alibi, III parte

Quando me ne andai, finito l'orario delle visite, dovetti concludere di non aver capito niente.
Come mi era successo parlando del tempo con Eduardo, ebbi la chiarissima sensazione di conoscere perfettamente qualcosa. La certezza che sentivo era che le due persone fossero collegate tra loro. Era come, pensandoci bene, avevo sempre saputo: Eduardo e Matteo, non uno dei tanti Matteo ma uno in particolare, si conoscevano in effetti da ben prima del mio arrivo.

Un uomo minuscolo ed uno muto e avvolto dalle bende andavano comunque collegati, per trovare un senso nella faccenda.
Il punto, tuttavia, era proprio questo: ritornando in macchina a casa portai al massimo la traccia estiva suggerita dalla radio e pensai che io di quella storia potevo anche non volerne sapere di più.

In più, il mio timore era quello di poter trovare soluzioni più vicine alla verità che alla realtà. I miei amici sfidavano le leggi della fisica e se avessi seguito queste logiche tanto valeva rifarsi alla fantascienza de L'uomo invisibile e Tre millimetri al giorno. Di questo passo, pensai, presto avrò paura di imbattermi nel mostro della laguna Nera o nell' uomo-mosca.

Fermo ad un semaforo, riuscii finalmente a perdere il filo dei miei pensieri nella musica e a tranquillizzarmi. Rientrai a casa in questo stato d'animo di precaria serenità.
Una voce mi raggiunse appena varcata la soglia: "Filippo? E' arrivata una lettera per te, l'ho messa in camera tua."
Seguii la voce per trovare mio padre in salotto. Stava seduto sul divano e teneva in braccio un bambino piccolo, di un anno al massimo.
Prima di qualunque altra cosa, gli chiesi chi fosse il bambino.

"Ma come," rispose "è tuo fratello Francesco!" E contemporaneamente fece sobbalzare il bambino sulle ginocchia. Francesco rideva.

Mi fratello Francesco, di due anni più grande di me, si presentava ora come un bamino di pochi mesi. E tutto sotto lo sguardo di mio padre, che trovava la cosa come la più naturale del mondo. Fu per me la fatidica ultima goccia: sentii la collera per questi inspiegabili avvenimenti risalire dentro di me come lava in un vulcano.
Stavo per esplodere quando, improvvisamente, il mio cellulare si mise a squillare.

Strano, pensai in un baleno, non era silenzioso?

1 commento:

Anonimo ha detto...

mi piaceva di piu il secondo