giovedì, giugno 02, 2011

Contingenze elementari (quarta parte)

Immaginare di rivolgersi ad un assassino non era abbastanza stimolante, o almeno non lo era con quei limiti.
Masticando il cavo delle cuffie con lo sguardo perso sullo schermo, si sentì come un mimo.
Doveva dire qualcosa senza pronunciarlo, mostrare senza svelare. Un paio di volte cominciò a buttare giù l'architettura del sogno, dicendosi che erano tutte paranoie e che un esterno non avrebbe mai capito l'argomento intorno cui girava disperatamente.

Riguardando quello che aveva fatto, tutti gli elementi gli apparvero come cartelli, biechi sbandieramenti delle proprie svogliate intenzioni. Dove sarebbe andato a parare percorrendo quella strada? Cestinò diverse mezzore di lavoro, a suo giudizio eccessivamente esplicite.

Il sogno andava creato come aveva sempre fatto, questo era un dato solido e basilare. Non poteva farlo scrivere ad un altro, non poteva tentare di cesellare troppo finemente quei sogni il cui marchio distintivo era sempre stata la forma grezza e incompleta. Arrivò ad un compromesso, stimolato dall'odore delle lasagne precotte che aveva infornato durante una pausa: scrisse il sogno tenendo a mente soltanto il fatto che sapeva dove voleva andare a parare, e non l'obiettivo finale.

Ne risultò una sensazione speziata che preannunciava sviluppi futuri, evoluzioni fondamentali che tuttavia avrebbero preso, per nascere debitamente, il tempo che era loro necessario. L'unica cosa a turbarlo fu la coscienza di aver in un certo senso aggirato il problema, cominciando da una matrioska superiore, come quegli scrittori che scrivono dello scrivere.

Con la musica non si può, pensò.
Si può con i testi, ma non gli venne in mente nessun analogo del suono.
Mentre caricava il sogno sul server, placando con dei cracker alla pizza l'ansia di essersi scoperto componendo qualcosa di leggermente diverso dal solito, gli venne in mente il concetto di variazione musicale.

Una lunga fila alle poste fu l'occasione per approfondire il collegamento mentale che l'aveva portato a ripensare alle variazioni. Le uniche che riuscì a rievocare furono le Goldberg, anche se lì per lì le ricordò a se stesso solo come "quelle con cui Bach fece esercitare il suo allievo".

Cosa avrebbe composto il giorno seguente ancora non lo sapeva, era curioso soltanto di tornare a casa per ascoltare il piano di Bach e di sapere come avrebbe dormito il killer di mezzogiorno.

1 commento:

schumacher ha detto...

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