L'idea che invece porta con se è di sicuro spaventosa, almeno per qualcuno.
Un morto che conserva qualcosa della sua vita materiale, in particolare un difetto, non è un morto: è un vivo che non vive.
Il che è diverso. Non essere, non so come possa essere, però è curioso pensare al dopo la morte come un luogo dove siamo noi senza essere le cose che ci rendono tali.
Ci sarà pure qualcosa che è solo di una persona: un modo di sorridere, una svergolazione del setto nasale che è sua e di nessun altro. Che cosa succede della particolare inflessione che aveva la sua voce dopo morto?
Il punto è che la morte è dei morti, e di nessun altro. Disturbarli non è un pericolo per noi, quanto per la loro autostima: voi magari non ricordereste continuamente ad un morto quanto era brutto da vivo, ma il pensiero della vita gli farebbe certo quest'effetto.
La storia di B
Io ero seduto sulla mia sedia, come al solito.
Quel bambino era andato e venuto tutta la mattina: un casino terribile.
L'altra invece era venuta, aveva disegnato, se ne era andata.
Il disegno era il suo orgoglio. Me lo aveva mostrato, un attimo appena. Non l'avevo visto veramente bene in realtà. Continuava a muoverlo. Fastidiosissimo.
Lo aveva fatto vedere a tutta la casa, sua madre pensava proprio di incorniciarlo.
Da incorniciato avrei certo potuto vederlo meglio, a me stava bene.
Dalla mia sedia la scena fu semplice. Il bambino guardò il disegno, poi l'oliera. La spinse. Poi corse via.
Tornò con lei, coperti di lacrime entrambe. Lacrime bagnate uguali, scroscianti uguali, arrossanti allo stesso identico modo.
Il disegno era rovinato.
Lui la consolò, per quelle che mi sembrarono ore. Le fece intravedere tutti i disegni che l'aspettavano nel futuro. Piansero, sorrisero, piansero ancora.
Non capivo. Avevo visto tutta la scena eppure ero quello che ci capiva di meno.
L'aveva guarita ammalandola di dolore.
1 commento:
svergolazione del setto nasale
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