sabato, aprile 24, 2010

Capitolo 4) De dodododadada

Come ogni lunedì esco di casa, impermeabile beige, cappello, lettore mp3 nelle orecchie.
Sono un tipo giovanile, tutto sommato.
Monto sulla mia bicicletta color verde bottiglia, Rivoli-Osoppo solo andata. Niente ritorno?
Pedala pedala. I Police scandiscono il ritmo e mi liberano la mente, quasi non sento la fatica.
Viale Mazzini. L'insegna gialla e blu di PosteItaliane mi guarda torva, e io ricambio senza farmi pregare.
Fermo la bici.

Ma solo per far passare un pedone.
Le poste di Osoppo scivolano via, il vento mi attraversa i capelli che ho deciso di tornare a portare lunghi, proprio come quando ero ragazzo.
Sono sei mesi che mi sono licenziato; la mia vita adesso è un'altra.
Ma non sono del tutto sicuro che possa considerarsi migliore di quella precedente.
Ad esempio il pesce : Mario non mi ha più visto.
I guadagni non sono più buoni (erano buoni?) come quando passavo la giornata a mettere timbri ed a bere caffè extrazuccherato che in bocca aveva lo stesso un forte sapore di rimpianti.

Sono arrivato. Lego la bici dopo esserne sceso con un saltello, e, nell'ordine : 1) mi accorgo che fa ancora troppo caldo per l'impermeabile, 2) mi innamoro, come ogni santo giorno, della figlia del mio barista, 3) ordino un caffè (senza zucchero) e un cornetto, desiderando che in realtà il barista, Cesare (romano, laziale, fascista), me lo farcisca con sua figlia, invece che con la marmellata, 4) prendo in prestito - rubo - la copia giornaliera del Messaggero Veneto, 5) salgo in studio, non senza trovare il tempo di sganciare un' occhiata da polipo a Manuela, la figlia del barista in questione, che ovviamente non ricambia, limitandosi a salutarmi : in fondo sono un cliente affezionato.

Giro la chiave nella toppa, e faccio i soliti tre giri : Oscar ancora non c'è, e per la verità, ne sono molto sollevato, così posso leggermi il giornale in pace; tanto alla mattina di gente da queste parti se ne vede ben poca.
Non che al pomeriggio invece ci sia la fila, intendiamoci.
Allungo le gambe sopra la mia scrivania, lancio il cappello sull'appendino, e miracolosamente vi rimane appeso (cosa che credevo potesse accadere solo nei film).
Una vera mattinata da investigatore privato, penso soddisfatto.

Sono sei mesi e due giorni che lavoro con Oscar, l'ex matto di Osoppo, e, quando a volte ne riparliamo, ancora ci fa molto ridere il fatto che io lo considerassi tale.
Sono diventato socio di questo piccolo e angusto studio : giochiamo a fare gli investigatori privati e per il momento riusciamo pure a campare con questa nostra attività ludica.
Clienti? Specialmente mariti insicuri che desiderano controllare le mogli, che reputano infedeli, e che, il più delle volte, lo sono davvero.
Sono felice? Forse. Fatto sta che da quel sabato fatidico in pescheria, alle poste non mi hanno più visto, se non in cartolina, giusto per sponsorizzarci un po' : "saluti da Corso Montale" con me e Oscar in giacca cravatta e occhiali scuri da Blues Brothers; tre isolati di distanza, studio investigativo Scalisi-Calippo (che cognome avvilente, non sapete quante volte ho cercato di convincere Oscar a cambiarlo).

Proprio quando ho trovato un articolo interessante, bussano alla porta.
Oscar.
Porca miseria, ora avrà pure la pretesa di lavorare?
"Entra miserabile, tra i due il socio che arriva sempre in orario in ufficio sono io".
"Miserabile? Beh, non mi aspettavo una festa in mio onore, ma nemmeno questa accoglienza Sebastiano!"
Questa non è il timbro vocale di Oscar, e quando mi sporgo a guardare, mi accorgo che alla voce diversa segue anche un corpo diverso, un corpo di donna.
E' Deborah, la donna responsabile della mia risalita d'Italia, dalla Puglia fino a quassù in Friuli.
Non la vedo da...non mi ricordo nemmeno più da quanto tempo.
Anni sicuramente, e tuttavia la mia mente riformula lo stesso pensiero della prima volta in cui la incontrai : Deborah, che nome da troia. Con quell'H aspirata poi.
Mi chiede se può sedersi, togliersi la giacca.
Certo, certo. Certamente.

Deborah si siede per davvero, e comincia a raccontare, a raccontarmi un mucchio di cose, probabilmente tutta la sua vita di questi anni in cui non ci siamo frequentati.
E io, mentre dovrei prestarle la dovuta attenzione, almeno dal punto di vista professionale, sento risuonarmi in testa solo le melodie dei Police; maledetto Sting.
Eppure tu, con le donne ci sai fare.

2 commenti:

io ha detto...

non mi dispiace

barra spaziatrice ha detto...

un'altra

giri : Oscar