giovedì, luglio 16, 2009

Parte seconda : i cugini di Campania

Diciassette anni prima...

Antonio correva nei prati, spensierato, cercando di raggiungere quella sottile linea che nascondeva l'orizzonte. Era davvero felice, ma era un marmocchio idiota. Infatti, aveva corso troppo, finendo per distaccare i suoi cugini, sagome lontane nei prati gialli campani.
Decise allora di cominciare a provocarli, sperando che per menarlo lo raggiungessero in fretta, ma Marcellino e Rodrizio erano ancora troppo distanti, e il fischio del vento copriva le offese di Antonio. Marcellino era un bambino esile, degno di un campo di concentramento, nonostante avesse sul groppone qualche anno di più : il diminutivo, quindi, non era casuale. Rodrizio e Marcellino non erano cugini, avevano solo un cugino col naso storto in comune, e per questo non avevano mai avuto remore ad odiarsi profondamente. Rodrizio del resto, il più giovane dei tre, doveva subire ad ogni ricorrenza le angherie dei cugini più grandicelli, e il suo rancore montava col passare degli anni, cresceva e cresceva. " Tu vivi in una grotta chiamata Rancore, Rodrizio " - gli avrebbe confermato in uno strip club un giovane irreprensibile, travestito da zingara, leggendogli la mano in quella che, fuori dal locale, poteva considerarsi una bella giornata di luglio. L'unico motivo che lo spingeva ad andare a giocare coi cugini era lei : la Sirena che ogni volta lo salvava dai tranelli di quei piccoli infami, la sorella di Marcellino. Enrica, oh Enrica. Enrica la regina del celebrità, di cui tutti e tre i giovani erano segretamente innamorati. Enrica bella e magnifica senza un'età, bella e magnifica senza pietà.
La cruda realtà : finalmente i tre si erano ricongiunti, quando Antonio inciampò in qualcosa nascosto nell'erba alta. Era un groviglio di corpi nudi. Rodrizio si copri' il viso con le mani : mai aveva veduto prima una donna ignuda ; Marcellino diventò più pallido di quanto già era ; Antonio fu quello che ebbe il coraggio di parlare per primo : " ciao Enrica, ma che belle mutande " .
" Non sono mie, sono di Babatunde ". Fu a quel punto che il negro, chiamato in causa, raccolse gli slip e tolse le tende, gettandosi a correre fra i girasoli, mentre un soave canto Gospel si intonava nei campi. (...)

3 commenti:

Babatunde ha detto...

era un tanga

mr spione ha detto...

io glielo dico al mitico antò

irreprensibile ha detto...

mi garba