martedì, dicembre 20, 2011

Alibi, X parte

Eduardo se ne andò, da solo, senza aver finito di mangiare la sua focaccia.
Quando ebbi finito, misi in ordine e cominciai a lavare le tazze usate per la colazione.
Sentii un enorme senso di scoraggiamento. Di qualunque cosa si trattasse eravamo solo all'inizio, il mio vero ingresso doveva ancora avvenire.

Pensai di aver avuto e sprecato il tempo a mia disposizione prima di entrare in scena e percepii che da quel momento in poi avrei dovuto improvvisare. Ma improvvisare che cosa, in effetti? Una decisione? Una ricerca? Una scissione? Un ritrovamento?

Il mio timore più grande era quello di essere la pedina di un gioco non solo già giocato, ma a cui avevo addirittura già assistito. Mi sentivo sul ciglio di una di quelle storie circolari o spiroidali, che avevo letto nei libri di Murakami ed Auster e che mi avevano al tempo molto affascinato. Sembravo, a volermi guardare con un minimo di obiettività, una sorta di comparsa della mia stessa storia personale. Un personaggio che disperandosi alla ricerca del proprio ruolo finisce per impersonarne un altro ed essere qualcosa che non è oppure, impigliandosi in avvenimenti sempre più distanti dall'ordinario ma che sono tali in un modo sempre più sottile, finisce per mischiare realtà e irrealtà in modo irrecuperabile.

Decisi che ad ogni costo non mi sarei perso, che avrei prestato attenzione, che avrei sempre tenuto d'occhio il punto da cui ero partito: una persona normale di un mondo normale. Mi ripromisi di fare attenzione non soltanto agli avvenimenti che erano fuori dal comune, come quelli che mi erano già accaduti, ma anche a quelli che lo erano troppo poco.

Indossai la giacca ed uscii, chiudendomi la porta alle spalle, dopo aver guardato ancora una volta la mia famiglia, addormentata al completo.

Continuando a riflettere, pensai che il mondo non poteva spaventarmi più del dovuto, anche se non conoscevo nessuno in quella città di cui non sapevo neanche il nome.
Feci un paio di passi in avanti, cercando di fare mente locale su come fossi arrivato in quel pianerottolo sconosciuto. Girai su me stesso e vidi una porta, chiusa, che evidentemente non avevo notato salendo le scale.

Mi rallegrai: pur non sapendo nemmeno il mio nome, una porta chiusa era un'ottimo punto da cui cominciare.

Fine di Alibi, continua in Alteri

1 commento:

l'insostenibile leggerezza dell'essere ha detto...

mi è piaciuto quel pezzo su realtà e finzione