martedì, marzo 16, 2010

Capitolo 2) Le balle del toro

Massimo D'alema è di Gallipoli.
Lo sanno tutti, ed è uno dei pochi motivi per cui la città è nota anche più in su del Lazio.
Non l'avevo mai conosciuto, nè incontrato per caso in città durante tutta la mia vita - forse speravate in un autografo? - ma del resto era parecchio più vecchio di me, non avevamo di certo bazzicato negli stessi posti da ragazzi.
E oggi finalmente me lo trovo di fronte, così vicino che potrei stringergli la mano, ringraziarlo per la bicamerale : certo, forse, non sono proprio le circostanze ideali per una bella conversazione.
E' venuto con i suoi amici : c'è l'ex Presidente Scalfaro, un po' più alto di come me lo ricordassi, ed al suo fianco ecco Il Mortadella Romano Prodi, che, a giudicare dalla lunga chioma cadente sulle spalle, dopo essersi ritirato dalla vita politica, deve aver smesso di frequentare il barbiere.
In questi ultimi anni ho visto talmente tanti polizieschi da capire subito che le pistole sono riproduzioni, o forse addirittura armi-giocattolo; mi sembra che quella impugnata dal Mortadella abbia ancora il bollino rosso sulla punta.
Del resto cosa ci si può aspettare da tre rapinatori mascherati da politici che al sabato mattina assaltano una pescheria?

"Tu dietro al banco, dimmi una cosa, quel pesce spada è fresco come sembra?"
Il Presidente Scalfaro, rivolgendosi ad un collega di Mario, dà l'idea di essere molto interessato alla genuinità del prodotto.
Le poche persone che hanno avuto la sfortuna di trovarsi in pescheria questa mattina sono immobilizzate dalla paura; eppure la vicenda sarebbe di sicuro finita sui telegiornali nazionali delle venti e trenta, come nuova barzelletta dello stivale.
Paura? No Sebastiano non era davvero il caso di avere paura; neanche se quei tre avessero avuto addosso le maschere di Marcello Dell'Utri o Cesare Previti, e allora sì che i presenti avrebbero dovuto pensare al peggio.

Potrei disarmare Massimo da Gallipoli - penso - tanto le pistole sono fasulle, lo vedrebbe anche un bambino.
E se poi tirano fuori da sotto il cappotto quelle vere?
Meglio non fare gli eroi : mangiare pesce è importante, ma non così tanto.
Anche perchè, mentre sono immerso nei miei pensieri molto vili, a fare l'eroe ci ha già pensato qualcun altro.
Non avevo notato la sua presenza prima : era il Matto di Osoppo.
Era conosciuto così nella zona, e si era appena scagliato come un toro contro Romano Prodi.
E la mortadella, contro il toro, si sa, ha sempre vita difficile.

22 commenti:

L' Irreprensibile ha detto...

Una componente shakespeariana, nell' impostazione; uno sfondo pessimista, crepuscolare, tipicamente italiano. Qualche buona lettura di marca anglosassone. Il risultato? In una parola: glamour. Fandango!

L' Irreprensibile ha detto...

La figura del matto.

Dalla figura finale del matto che interviene traspare una particolare concezione del mondo dell' autore: solo il matto ha il coraggio di impedire il male. Del resto la visione del matto come principe dell' altro mondo è ancestrale. Matto di Osoppo, chiaro alterego dell' autore, colui che agisce senza macchia, che non studia ma che è studiato. Oltreoceano si sarebbe chiamato sicuramente eroe, qui, in un' atmosfera grottesca, assume la veste di matto, svilito nella bassa figura altomedioevale del buffone.

Rodrizio ha detto...

l'irreprensibile è uno che se ne intende

mi fate cagare ha detto...

no, sul serio

ciro capuozzo ha detto...

a parte qualche dubbio su Gallipoli... direi che si conferma la contaminazio Pennacchiana già emersa intravedendosi, imperciocchè, un certo spessore ...(di profilo)...

Anonimo ha detto...

imperciocchè è da froci

Anonimo ha detto...

come fai a saperlo?

anonimo frocio ha detto...

dirò tutta la verità se nel prossimo capitolo ci sarà una menzione al gay pride

barbie nuseata ha detto...

questo look fa schifo!!

L' Irreprensibile ha detto...

Togliamo l' etichetta fringe

Jessica ha detto...

fringe mi fa un certo effetto

Loghiko Eskato (from Svalbard islands) ha detto...

Nel suo saggio L'arte del romanzo, Milan Kundera dice che il romanziere è un esploratore dell'esistenza. E spetta ai romanzieri raccontare, descrivere il mondo, esplorare l'esistenza.
Il mondo è fatto di tante cose: matrimoni, amori, tradimenti, cacca, pipì, canzoni, cellulari, calcio, ... e ogni cosa viene raccontata.
Anche quando si parla della cacca, si pensa sempre che l'autore (della cacca) sia in cerca di risate facili. Non sempre è così: si può descrivere il momento della defecazione con la stessa solennità con cui si descrive la cerimonia dell'incoronazione a Westminster.
Penso a Il piccione di Patrick Suskind, dove il protagonista abbandona la propria casa perché fuori da questa c'è la cacca di un piccione, e lui ha paura a tornarci.
Penso a L'immortalità di Milan Kundera, dove si descrive la scena di una donna che mentre prende il tè con le amiche in salotto, emana sonore flatulenze e ne ride con le amiche od a Remarque in All'ovest niente di nuovo dove alcuni reduci giocano a carte accomodati sulle latrine.
Perché esiste il pudore? E perché la cacca è compresa nella cerchia delle cose che alimentano il pudore del Mondo Occidentale? La cacca e il sesso ci fanno vergognare, mentre i cani si annusano il culo così come noi ci mettiamo le mani tasche.

Vox populi ha detto...

La merda ci fa schifo non ci fa vergognare

Vox populi ha detto...

La merda ci fa schifo non ci fa vergognare

Regina della Francia ha detto...

Il popolo non ha il pane? Che mangi la...

Un kebab ha detto...

Vorrei vedere più foto piccanti

record di commenti per rodrizio ha detto...

ancora ancora

sei patetico ha detto...

smetti di commentarti il tuo post

pensavo meglio ha detto...

speravo peggio

il permutatore ha detto...

si si! come godo!

x Rodrizio ha detto...

Pensi di essere molto fico quando ti ficchi la penna in bocca dopo aver inciso il foglio come uno scriba?

L' Irreprensibile ha detto...

Sei lo scrittore con le basette