mercoledì, giugno 17, 2009

Vol. I n°1. L'inizio del percorso

Ridare un tocco di stile a iPiroga, ricominciare come promesso la sagra dell' arte, rinomato appuntamendo editoriale, solo questo mi preme.

In medias res...
Sulla pornografia molto è stato scritto, molto poco, per lo meno da me, è stato letto. Non mi è difficile tuttavia relazionare la pornografia all' arte. Una relazione evidente. Ancora una volta trovo confermata quella deliziosa massima, il noto ci è sconosciuto, sicuramente frutto di un pensatore di cultura francese: dunque se mi interrogo sul motivo di tale scontata associazione non posso far altro che perdermi in un flusso di pensieri.

Prima di tutto penso alla mia formazione, alle prime forme d' arte colle quali io sia venuto in contatto: l' arte sacra, senza alcun dubbio. E quando si parla di sacro nello stesso post in cui si parla di pornografia si evoca un tabù. Sicuramente non vi stupirà sapere che la parola tabù deriva dall' inglese taboo che a sua volta deriva da un vocabolo polinesiano: tapu; più interessante invece sarà la considerazione del fatto che tapu, in polinesiano, vuol dire sacro. Tabù mi fa pensare a Freud. Freud mi fa pensare al Novecento. Il Novecento alle vignette satiriche pornografiche. Ecco trovato il nesso!

Il Novecento, il secolo del sesso, l' osceno che si fa arte per nascondere i pudori di un qualche ipocrita, sicuramente omosessuale. Le cause, i sintomi, gli effetti: non sapremo mai se sia stato Freud, con le sue banalità, a riportare gli individui che si riproducono a parlare di sesso, o se si sia trattato di un' esplosione carnevalesca dopo secoli di chiesa. E possiamo intrattenerci a lungo con quesiti di tal sorta, salvo modificare il significato che siamo soliti attribuire alla parola intrattenimento, o in alternativa passare dal mondo delle idee al mondo dell' arte.

Ritorniamo ai polinesiani. Ci imbattiamo necessariamente in Paul Gauguin.



Le notazioni sul colore le lasciamo volentieri a coloro che, nel descriverci un quadro, ritengono di essere i soli dotati del dono della vista, e spiegando, come si spiega ad un cieco, quanto sia bello quel giallo o spessa quella pennellata, si fermano alla superficie del dipinto (forse la prospettiva avrebbe dovuto giocare un ruolo maggiore nel turbare le menti di questi Caran d' Ache). Noi invece dimostreremo come dietro ogni dipinto vi sia una storia, e non un lieto fine. E partiremo dalla Polinesia, forse per arrivare a Egon Schiele, se non sbagliamo Reeperbahn.

7 commenti:

L' Irreprensibile ha detto...

Bel post

L' Irreprensibile ha detto...

Grazie

L' Irreprensibile ha detto...

Prego

L' Irreprensibile ha detto...

Cordialità fra galantuomini

sboccatello peccaminoso che non ha capito niente ha detto...

a me è venuto durissimo già alla seconda riga

duccio forzano ha detto...

sei quello di rai tre che parla di arte

Anonimo ha detto...

oh ... oh ... oh ...