Le strade sono piene di gente, ma la gente di cosa è piena? Non dei panettoni ancora incartati nelle scatole di cartone, non dei buoni propositi ancora da fare, non delle sterili critiche alla società consumista a cui partecipiamo, turbati ma felici; pieni non certo dello stupore per le illuminazioni che addobbano la città, queste inutili manifestazioni della nostra tecnica, che come tutte le cose inutili hanno qualcosa d'artistico che le attraversa, dando alla loro presenza quella scintilla d'esistenza che le inchioda tanto alle facciate dei palazzi quanto al reale. Non è certo questo stupore a riempire le persone perché, quando c'è, dura soltanto i primi giorni.
Roma, 30 ottobre 1541
Michelangelo guarda la volta. E' notte, la sua candela illumina poco o niente, ma sa che l'affresco è lì, davanti a lui. Il Giudizio Universale, al buio, sembra essere la cosa più terrena di questo mondo. Sembra di avere il potere di spegnerlo, pensa Michelangelo addentando un pezzo di pizza.
La sala, fredda e piena di sussurri, sembra avvolgersi su se stessa come una rissa. Una scazzottata incredibilmente silenziosa. Il pittore sa di non essere stato lui a scatenarla, ma si sente lo stesso colpevole, mentre guarda il cielo della città eterna. Ripensa alla Centauromachia, sforzandosi di ricordare a cosa pensasse mentre ci lavorava. Domani verrà scoperta, quest'opera maledetta, pensa, sistemandosi gli auricolari.
I Pogues intonano Fairytale of New York, senza che Michelangelo abbia mai visto la statua della libertà, senza credere nelle fate o nei loro racconti, senza sapere della sua stessa posizione, della sua stessa importanza nella Storia.
Qualcuno lo chiama: Buonarroti, Buonarroti!
Si gira: che c'è?
Buonarroti, tra due mesi sarà Natale.
I Pogues finiscono di cantare, e sul palco si rovesciano le urla di tutta l'O2 Arena di Londra. Ci sono milioni, forse miliardi di peli dritti, scattati in piedi per l'emozione di un sentimento comune e di un condivisibile contatto.
sabato, dicembre 21, 2013
sabato, novembre 30, 2013
La similitudine delle teorie
Sorvolare un oceano in bottiglia deve essere un'esperienza indimenticabile, sempre che l'oceano in bottiglia sia fatto bene. Non basta riempire d'acqua salata una bottiglia, come non basta rimpicciolire fino a riuscire ad entrarci.
Un tempo avrei acceso la televisione, oggi apro il browser. C'è un video che mi interessa, ma non ricordo quale sia. Forse perché è qualcosa che non esiste ancora. Ripasso mentalmente gli eroi del mio tempo.
Nel mucchio, figurano non pochi ex-eroi, gente morta. Un paio: James Dean, Gandhi, Rino Gaetano, Che Guevara, Marx, John F. Kennedy, Tupac.
Ecco un buon esempio: nel 2012 l'ologramma del rapper appena citato (morto nel 1996) duetta con Snoop Dogg sul palco. Cosa significa? Che siamo diventati bravi a conservare i nostri miti e con questo ad imporli alla generazione successiva. Se si pensa che questo succede -seppur in misura minore- sin dall'esistenza degli spartiti, bisogna ringraziare se Beatles e Led Zeppelin non siano stati mummificati e venerati come tangibili oggetti di culto più di quanto non venga fatto oggi.
Nell'arte come negli altri campi, la comunicazione e la capacità di comunicare ci ha resi in grado di descrivere in modo sensorialmente preciso le cose che ci piacciono, rendendole replicabili e ri-vivibili. La rottura della quarta parete nello spettacolo non consiste nella coscienza dello show di essere tale, ma nell'acquisizione della capacità di comandare la reazione dell'audience mediante una serie di interruttori. Lo spettacolo si è trasformato in una scienza esatta e la platea, globalizzandosi, è diventata l'unico laboratorio; rendendo di fatto l'esperimento ripetibile all'infinito.
Rivolgendosi ad un'unico destinatario, anche lo spettacolo si è dovuto modificare, adattandosi alla globalizzazione. Come per l'oceano in bottiglia, anche questo ha dovuto cambiare qualcosa per poter continuare ad essere se stesso. Io non so se la ragione sia effettivamente questa, ma se qualcosa è cambiato è stato anche attraverso il congelamento di alcuni canoni particolarmente efficaci. Anzi, forse il cambiamento è stato proprio il non cambiare: perfino le principesse sono rimaste le stesse, trasposte perfettamente dagli schermi del 1937 alle cover degli iPhone del 2013.
Io non sono un paranoico, almeno per quanto riguarda il funzionamento del mondo sociale nel suo complesso: non credo che esista un burattinaio che possa aver previsto una simile reazione, credo piuttosto che siamo noi ad aver creato qualcosa di troppo bello e troppo duraturo da impedirci di distaccarci e disilluderci quel tanto che basta per creare qualcosa di nuovo. Siamo innamorati degli stessi identici eroi dei nostri nonni e dei nostri genitori, attraverso letture ed interpretazioni praticamente immutate. Ma questo narcisismo che trascende i confini del buongusto temporale, quanto potrà durare? Io non voglio che Dragon Ball sia visto dai bambini tra gli 11 e i 15 anni per i prossimi vent'anni, anche perché lo considero una cosa mia, ed in quanto tale credo di voler mantenere l'egoistico primato che tutte le generazioni dovrebbero poter provare.
Ogni volta che qualcosa di nuovo ci fa schifo per via del confronto con il vecchio e non per via del gusto artistico che il vecchio dovrebbe averci aiutato a sviluppare, facciamo del male a noi stessi e alle persone che verranno dopo di noi.
Un tempo avrei acceso la televisione, oggi apro il browser. C'è un video che mi interessa, ma non ricordo quale sia. Forse perché è qualcosa che non esiste ancora. Ripasso mentalmente gli eroi del mio tempo.
Nel mucchio, figurano non pochi ex-eroi, gente morta. Un paio: James Dean, Gandhi, Rino Gaetano, Che Guevara, Marx, John F. Kennedy, Tupac.
Ecco un buon esempio: nel 2012 l'ologramma del rapper appena citato (morto nel 1996) duetta con Snoop Dogg sul palco. Cosa significa? Che siamo diventati bravi a conservare i nostri miti e con questo ad imporli alla generazione successiva. Se si pensa che questo succede -seppur in misura minore- sin dall'esistenza degli spartiti, bisogna ringraziare se Beatles e Led Zeppelin non siano stati mummificati e venerati come tangibili oggetti di culto più di quanto non venga fatto oggi.
Nell'arte come negli altri campi, la comunicazione e la capacità di comunicare ci ha resi in grado di descrivere in modo sensorialmente preciso le cose che ci piacciono, rendendole replicabili e ri-vivibili. La rottura della quarta parete nello spettacolo non consiste nella coscienza dello show di essere tale, ma nell'acquisizione della capacità di comandare la reazione dell'audience mediante una serie di interruttori. Lo spettacolo si è trasformato in una scienza esatta e la platea, globalizzandosi, è diventata l'unico laboratorio; rendendo di fatto l'esperimento ripetibile all'infinito.
Rivolgendosi ad un'unico destinatario, anche lo spettacolo si è dovuto modificare, adattandosi alla globalizzazione. Come per l'oceano in bottiglia, anche questo ha dovuto cambiare qualcosa per poter continuare ad essere se stesso. Io non so se la ragione sia effettivamente questa, ma se qualcosa è cambiato è stato anche attraverso il congelamento di alcuni canoni particolarmente efficaci. Anzi, forse il cambiamento è stato proprio il non cambiare: perfino le principesse sono rimaste le stesse, trasposte perfettamente dagli schermi del 1937 alle cover degli iPhone del 2013.
Io non sono un paranoico, almeno per quanto riguarda il funzionamento del mondo sociale nel suo complesso: non credo che esista un burattinaio che possa aver previsto una simile reazione, credo piuttosto che siamo noi ad aver creato qualcosa di troppo bello e troppo duraturo da impedirci di distaccarci e disilluderci quel tanto che basta per creare qualcosa di nuovo. Siamo innamorati degli stessi identici eroi dei nostri nonni e dei nostri genitori, attraverso letture ed interpretazioni praticamente immutate. Ma questo narcisismo che trascende i confini del buongusto temporale, quanto potrà durare? Io non voglio che Dragon Ball sia visto dai bambini tra gli 11 e i 15 anni per i prossimi vent'anni, anche perché lo considero una cosa mia, ed in quanto tale credo di voler mantenere l'egoistico primato che tutte le generazioni dovrebbero poter provare.
Ogni volta che qualcosa di nuovo ci fa schifo per via del confronto con il vecchio e non per via del gusto artistico che il vecchio dovrebbe averci aiutato a sviluppare, facciamo del male a noi stessi e alle persone che verranno dopo di noi.
giovedì, novembre 21, 2013
la danza dei caval-ieri
Il Tiepido guarda fuori dalla finestra, c'è un tempo bigio che renderebbe isterico chiunque.
Quando il personale ha convocato il Tiepido per il colloquio annuale, gli sono state fatte tre domande:
1) A quale personaggio reale o fantastico ti ispiri?
2) Come descriveresti la giornata di oggi?
3) Cosa cambieresti?
Il Tiepido dà un colpo di tosse, grassa e sofferta. Le ore passano lente, mentre i minuti scappano da tutte le parti. Ieri, quando tornava a casa da lavoro, aveva appena smesso di piovere. Tre gocce gli sono cadute davanti mentre guardava la luna attraverso le nuvole. Illuminate dalle lampade del palazzo, sembrano tre gocce di fuoco. Il Tiepido si scansa, ma le gocce cadono senza rumore in una pozzanghera pochi passi più in là. La mente del Tiepido cerca di mettere ordine: possibile che il tetto sia in fiamme? Guarda verso l'alto: vedendo le calde luci arancioni chiarisce l'equivoco. La stanchezza, è la stanchezza che gli ha fatto vedere tre gocce di fuoco. Arrivato a casa, mette il dvd di "Trappola di cristallo" nel lettore per l'ennesima volta.
Tutti lo chiamano il Tiepido, ma nessuno ricorda perché. L'unica cosa certa è che la notte, prima di andare a dormire, il Tiepido ripensa a tutte le persone che ha conosciuto. Una per una le rivede per un attimo, anche se non ricorda i nomi. E' come se avesse una rubrica di sensazioni collegate ai fragili corpi snodati di tanti altri esseri umani. Quando finisce, il Tiepido si addormenta. Il giorno che avrà dimenticato qualcuno, si dice che il Tiepido morirà. Questa è la leggenda che circola per gli uffici, ma nessuno la racconta molto volentieri.
3) Cambierei la leggenda che circola sul Tiepido, se fosse possibile. Ogni sera il Tiepido ripensa alle persone che ha conosciuto, senza dimenticarne nessuna. Il giorno che avrà dimenticato qualcuno, si dice che il mondo finirà. Eppure, so che non può essere così. Cosa diventerebbe la vita se esistesse una persona del genere? Il Tiepido può soltanto continuare a ricordare, fino alla fine dei tempi, sperando di non dimenticare nessuno.
2) Una giornata bigia che renderebbe isterico chiunque.
1) Luke Skywalker.
Quando il personale ha convocato il Tiepido per il colloquio annuale, gli sono state fatte tre domande:
1) A quale personaggio reale o fantastico ti ispiri?
2) Come descriveresti la giornata di oggi?
3) Cosa cambieresti?
Il Tiepido dà un colpo di tosse, grassa e sofferta. Le ore passano lente, mentre i minuti scappano da tutte le parti. Ieri, quando tornava a casa da lavoro, aveva appena smesso di piovere. Tre gocce gli sono cadute davanti mentre guardava la luna attraverso le nuvole. Illuminate dalle lampade del palazzo, sembrano tre gocce di fuoco. Il Tiepido si scansa, ma le gocce cadono senza rumore in una pozzanghera pochi passi più in là. La mente del Tiepido cerca di mettere ordine: possibile che il tetto sia in fiamme? Guarda verso l'alto: vedendo le calde luci arancioni chiarisce l'equivoco. La stanchezza, è la stanchezza che gli ha fatto vedere tre gocce di fuoco. Arrivato a casa, mette il dvd di "Trappola di cristallo" nel lettore per l'ennesima volta.
Tutti lo chiamano il Tiepido, ma nessuno ricorda perché. L'unica cosa certa è che la notte, prima di andare a dormire, il Tiepido ripensa a tutte le persone che ha conosciuto. Una per una le rivede per un attimo, anche se non ricorda i nomi. E' come se avesse una rubrica di sensazioni collegate ai fragili corpi snodati di tanti altri esseri umani. Quando finisce, il Tiepido si addormenta. Il giorno che avrà dimenticato qualcuno, si dice che il Tiepido morirà. Questa è la leggenda che circola per gli uffici, ma nessuno la racconta molto volentieri.
3) Cambierei la leggenda che circola sul Tiepido, se fosse possibile. Ogni sera il Tiepido ripensa alle persone che ha conosciuto, senza dimenticarne nessuna. Il giorno che avrà dimenticato qualcuno, si dice che il mondo finirà. Eppure, so che non può essere così. Cosa diventerebbe la vita se esistesse una persona del genere? Il Tiepido può soltanto continuare a ricordare, fino alla fine dei tempi, sperando di non dimenticare nessuno.
2) Una giornata bigia che renderebbe isterico chiunque.
1) Luke Skywalker.
sabato, ottobre 26, 2013
Ifigenia in idraulica
Tra le porte delle nostre foreste
scorrono azzurri manti di fiume
che osservati dal centro del mondo
mostrano volti indimenticati
giovedì, ottobre 10, 2013
Il tempo delle chele (tit for tat)
In mancanza di vere mancanze, aveva scelto di mancare del senso dell'umorismo.
Aspirando a vere aspirazioni, aspirava a non averne e ad essere pertanto una persona libera.
L'uso della lingua italiana lo affliggeva, lo tormentava. Una volta, la professoressa di lettere del suo secondo anno alle scuole medie parificate Salvo Montalbano, gli aveva chiesto di spiegare il significato del suo tema.
Lui lo aveva preso e lo aveva letto a voce alta, a tutta la classe. Era stata una grande umiliazione. Il tema parlava di un ragazzo della sua età, iscritto al secondo anno delle scuole medie all'istituto Indro Montanelli, un nome di fantasia la cui musicalità aveva già suscitato qualche sussulto nell'uditorio. Mai sentito nome inventato più sciocco.
Andando avanti, il tema si perdeva in una lunga digressione per spiegare come mai e per quali ragioni storico-sociali le scuole medie dovessero durare tre anni, quando nella realtà tutti sapevano che gli anni erano sempre stati cinque. Lo avevano anche studiato la settimana precedente, il perché di quei cinque anni: lo aveva voluto Garibaldi stesso, consigliato dal suo amico Ulysses S. Grant, con cui aveva combattuto nelle Prime Guerre Mercuriane.
Era tutto così, quel tema: farcito di inutili differenze. A volte anche macroscopiche, ma mai stravolgenti. Un tema che sapeva di niente.
Questo gli disse la sua compagna di banco, quando tornò a posto: non era scritto male, ma quel tema sapeva di niente.
Lui sospirò, tutto sommato meno imbarazzato del previsto, pensando che se avesse scritto tutto quello che aveva in mente, allora sì che avrebbe detto qualcosa che non sarebbe stato niente. Aveva immaginato un popolo con arti superiori che terminavano in cinque dita prensili, invece che con il classico, scontato e poco fantascientifico, paio di chele.
Ritornando a casa con il vecchio traslatore sferragliante, ragionò ancora sulle modifiche che il mondo avrebbe dovuto subire per diventare quello del suo racconto. Piccoli mutamenti sarebbero dovuti avvicendarsi nel tempo, contrapponendo il vecchio al nuovo. Il nuovo sarebbe stato giustificato soltanto dalla sua esistenza, che l'esistenza stessa del vecchio avrebbe provocato.
Ogni cosa, pensò, avrebbe dovuto avere una ripercussione, un'effetto sul mondo, per poter mutare. Eppure, il cambiamento era una cosa molto rara. Che cosa castrava quelle ripercussioni? Esse non si infrangevano contro aridi ed alteri scogli: nemmeno avevano modo di nascere. Forse, perché esistessero e quindi fossero visibili, bisognava prima conoscere le cose. Descriverle, definirle, fotografarle nell'attimo in cui erano, per accorgersi del cambiamento. Arrivato alla fermata fece scattare le chele, nell'alzarsi: un pensiero lo aveva folgorato.
Nessuno aveva mai saputo spiegare l'amore, nemmeno i poeti più capaci di tutte le terre conglomerate. L'amore, quello che faceva tremare le chele, che faceva volare nello stomaco i lepidotteri enzimatici e che dilatava le cinque pupille persino durante gli oscuramenti ferrosi, era stato soltanto descritto come indescrivibile.
E allora sarebbe stato quello, l'unico cambiamento possibile dell'Amore, quello con la A maiuscola: un giorno, forse non troppo lontano, qualcuno si sarebbe accorto della descrivibilità dell'amore, e ne avrebbe modificato la natura. Fino a quel giorno, tutto sarebbe continuato, modificandosi in modi invisibili mentre le coscienze guardavano altrove, per poi ritornare al suo posto, appena osservato.
Guardò la statua di carne del Napoleone Alato e sentì come un tuffo al cuore: gli eroi del mondo avrebbero potuto guidare le coscienze anche nella pubblica realtà, o solamente nelle strade private dell'animo?
lunedì, agosto 26, 2013
Le idi di Heidi
Ho in mente quella vecchia pubblicità con Aldo Giovanni e Giacomo, quella in cui si rincorrono in una cucina gigantesca come se fossero bambini.
Non so se sia vero, ma su internet se hai dei dubbi riguardo a quello che stai per dire è meglio se stai zitto. Il punto è che questo non è internet, queste sono le mie idee.
Quindi: non so se sia vero, ma credo che la nostra sia la prima generazione per cui le parole dei bambini sono più importanti di quelle degli adulti. Mi vengono in mente i bambini-giudice della Kampuchea Democratica.
Se questa non è una regressione organizzata, o perlomeno un'ammissione di colpevolezza da parte della generazione precedente, non saprei proprio dire cosa lo sia.
Siamo in un periodo in cui i racconti vengono adattati per gli adulti, invece che per i bambini. Uno a caso: Harry Potter. Lo stesso Gesù non viene presentato pubblicamente con buona pace di tutti se non nella forma di bambino, e con lui gli angeli: forme innocue, praticamente indifese, che non mettono alla prova l'interlocutore, ma lo invitano a spiegare la sua versione dei fatti all'infante come se fosse incontrovertibile verità.
E allora ascoltiamoli, questi benedetti geni, lasciamo che siano mostri più di quanto non sia stato concesso a noi, se ancora non ci sentiamo abbastanza viziati. Hanno ragione, hanno ragione sempre i bambini: la strappalacrime voce-dei-piccoli.
giovedì, maggio 30, 2013
Telescopio bendato
Non si tratta più di minoranze rumorose o di maggioranze silenziose. Abbracciamo i dati dopo l'opinione, piuttosto che l'opinione dopo i dati. I media si rivolgono alle orecchie che sanno essere in ascolto: usando parole tutt'altro che nuove.
Non necessariamente l'abitudine intellettuale è nemica della libertà, ma solo un cattivo raccolto uccide il raccoglitore, mentre il cacciatore rischia la vita indipendentemente dal successo. Gli animali si rifugiano nei luoghi più impervi, più assurdi e più pericolosi, pur di sfuggire al pericolo. E nel momento della cattura, nell'attimo della comprensione cacciatrice, esiste davvero una perdita ed un acquisto di libertà, sebbene questo sia molto triste.
Il raccoglitore moderno utilizza organismi geneticamente modificati che placano la sua fame, incuranti delle carestie e delle intemperie. Ma la selezione indebolisce la trama genetica, rendendo la caduta lontana nel tempo ma sempre più dura da sopportare.
Speriamo di morire dopo la conferma di aver creduto a tante cose soltanto per prassi, come pecore che credono di scegliere di essere vegane.
Il libero arbitrio è decidere nel proprio silenzio se era davvero rigore.
Non necessariamente l'abitudine intellettuale è nemica della libertà, ma solo un cattivo raccolto uccide il raccoglitore, mentre il cacciatore rischia la vita indipendentemente dal successo. Gli animali si rifugiano nei luoghi più impervi, più assurdi e più pericolosi, pur di sfuggire al pericolo. E nel momento della cattura, nell'attimo della comprensione cacciatrice, esiste davvero una perdita ed un acquisto di libertà, sebbene questo sia molto triste.
Il raccoglitore moderno utilizza organismi geneticamente modificati che placano la sua fame, incuranti delle carestie e delle intemperie. Ma la selezione indebolisce la trama genetica, rendendo la caduta lontana nel tempo ma sempre più dura da sopportare.
Speriamo di morire dopo la conferma di aver creduto a tante cose soltanto per prassi, come pecore che credono di scegliere di essere vegane.
Il libero arbitrio è decidere nel proprio silenzio se era davvero rigore.
venerdì, maggio 10, 2013
Ipnocrampo (emisfero anteriore)
Ci sono frasi musicali che possono toccare le parti più nascoste del più labirintico dei cuori. Quali siano, se giri di chitarra o di basso, non è dato saperlo. Ma aver provato almeno una volta la sensazione di conoscere attraverso la conoscenza, cioè di capire qualcosa di più - e magari anche di diverso - da quello che si sta sentendo, è di certo abbastanza per capire che può succedere a chiunque.
Sono sempre stato molto incuriosito dalla volontà dell'uomo di tradurre sensazioni artistiche in forme diverse da quelle originali. Le canzoni in libri, i libri in canzoni, i fumetti in film, le sculture in foto, le foto in canzoni, la danza in musica, l'opera in film, i film in canzoni, le persone in arte, l'arte in persone.
L'arte in persona?
Sono sempre stato molto incuriosito dalla volontà dell'uomo di tradurre sensazioni artistiche in forme diverse da quelle originali. Le canzoni in libri, i libri in canzoni, i fumetti in film, le sculture in foto, le foto in canzoni, la danza in musica, l'opera in film, i film in canzoni, le persone in arte, l'arte in persone.
L'arte in persona?
lunedì, aprile 29, 2013
Ipnocrampo (emisfero posteriore)
L'alfiere ed il cavallo sono rivolti verso il dipinto, dimostrano ammirazione. All'interno della cornice due putti, privi degli occhi, osservano una scritta sopra le loro teste. La scritta recita qualcosa, ma l'alfiere ed il cavallo preferiscono vedere piuttosto che guardare. Una torre li raggiunge, ma è soltanto di passaggio. Finalmente la regina, con fare circospetto, li chiama da una porta in fondo alla galleria. I due entrano, mentre la regina istruisce tre pedoni.
- In nessun caso, nemmeno sotto tortura, dovrete ammettere di non sapere quello che state facendo. Dimostratevi sicuri di voi stessi, come siete certi che la terra sia al centro dell'universo e venga riverita ogni giorno dal sole. Quanto a voi - aggiunge dimettendo i pedoni e volgendosi verso i due nuovi arrivati - cercate in ogni modo di capire che cosa sapete, cioè che cosa si suppone che voi sappiate. Nessuna idea?
I due si guardano imbarazzati: sanno a malapena qualcosa l'uno dell'altro.
- Non importa - aggiunge la regina frettolosamente - altre cose sono più importanti. Tenete queste lettere: devono assolutamente cadere nelle mani sbagliate. Si allontana circospetta dopo aver indossato uno scialle.
- Cosa dice la tua?
Chiede l'alfiere al cavallo, timoroso.
- Non voglio aprirla. E la tua, cosa dice?
L'alfiere apre la lettera non senza una certa difficoltà, si schiarisce la voce.
- "Non voler credere ad una storia è legittimo, non volerla ascoltare non lo è." Cosa significa?
- Queste lettere sono già nelle mani sbagliate, per fortuna.
domenica, aprile 21, 2013
Ipnocrampo (emisfero australe)
La salita è moderata, ma continua. Piccole pietre ruzzolano sulle mie orme, anche quando sono fermo.
La biologia non conosce casualità, almeno non quella intenzionale. C'è sempre uno schieramento, anche quando si parla di scelte irrisorie, anche quando la stessa persona che la fa non distingue il perché di una scelta.
Biopsicologia, psicobiologia: il caffè macchiato caldo o freddo? È uguale.
Non è uguale. Eppure ecco che ritorna, la casualità: il caso è il risultato di intenzioni deboli che si trovano a dover cooperare, a fare i conti con gli inconfutabili eventi del nostro universo. Come soldati abbandonati nei loro avamposti dopo una lunga guerra senza vittime. Nascosti nel folto della giungla, osserviamo il progresso farsi spazio nel mondo, il mondo che non conosciamo. Come aria che non scompare col calare delle tenebre, come piccoli volumi di vuoto in vasetti di confetture scadute, come quello che siamo: decisioni.
Anche la discesa sarà moderata, ma continua. Avremo il tempo di pensare ad altre cose, diverse da queste, ma quelle che pensiamo oggi non saranno dimenticate. Rimarranno silenti decisioni, colonne di uno e di zero del nostro codice comportamentale, infarinature del nostro particolarissimo modo di pensare.
Le velature di Leonardo, la sovrapposizione, il mantello nero colorato con i pastelli a cera, pronto per essere grattato e ri-velare colori invisibili.
Non è che non vediamo i fantasmi, vediamo soltanto una parte dello spettro.
mercoledì, aprile 10, 2013
Ipnocrampo (emisfero boreale)
Guardo meglio il mezzo peperoncino nero che ho in mano: ho davvero mangiato l'altra metà?
I sogni in terza persona non sono poi molto diversi da quelli in prima; a volte si può anche godere del punto di vista di un'ideale, di una forma mentis. Citiamone uno: il liberismo.
La classe operaia, intanto, ti guarda mangiare il peperoncino della morte. A quel punto sei tu che ti senti sdraiare, indeciso se si tratti di un sogno sulla morte o della morte di un sogno.
Anche se mortali, i peperoncini neri non sono propriamente velenosi. Assomigliando i più a dei semi, a gusci di pinoli notturni dagli oscuri riflessi d'ametista. In seconda istanza, ora che il soggetto sognante si è allontanato e sono passati un paio di giorni, il parlamento degli animali-guida formula una nuova versione: il mezzo peperoncino nero ha ucciso il sogno, non il sognatore.
I miei battiti del cuore sono diventati sempre più forti, sempre più forti mentre il cuore scalava la mia gola eppure -ecco!- non sono morto. Anche se lo sapevo che cosa significasse morire. C'è stato un ultimo battito e non sono morto. Quindi era il cuore del sogno? Il sogno del mio cuore?
I cuori, se hanno dei sogni, li realizzano. Ma quello era il cuore del sogno e il parlamento degli animali-guida reputa che sia stato lui a fermarsi.
Io mi sono limitato a stupire, ad essere stupefatto, a commentare: "un attimo, ma questa non è mica la morte!".
Così ci siamo guardati: da una parte io, la banalità, dall'altra il fantasma dell'altra metà del peperoncino.
"Questo deve essere una specie di mondo del sogno lovercraftiano, in cui tutto ha una posizione e un nome ma non un significato. Forse esiste soltanto il terrore. Il terrore della morte, in attesa che anche il terrore muoia. Il terrore della morte è diverso dal terrore di morire. Ma il terrore non può morire."
"Di solito il terrore aspetta l'autobus. C'è il trentatrè barrato, che fa la circonvallazione..."
"Sì, fantasma dell'altra metà del peperoncino nero della morte, hai ragione: di solito il terrore aspetta. Ma non solamente l'autobus."
"No, solamente l'autobus."
"Forse che prendere l'autobus significhi essere provati? Provare a prendere l'autobus. Un'ardua prova. Una prova provata - che il terrore prenda l'autobus? E se si, dove scenderà? - insomma. Prendere a provare l'autobus. Vedere come sta. Un autobus. Al terrore."
"Stona - sospira il fantasma del mezzo peperoncino - come una cipolla intera per soffritto."
"Curioso - replica la tranquillità di alcuni grandi cani - io avevo pensato che potesse stonare come un cambio di tempo in un racconto, un cambio di personaggi, un cambiamento nel modo."
<< Nel modo di scrivere?>>
Esattamente.
Ma allora il ricordo si deposita più facilmente su tutto quello che è omogeneo e morbido. Su ciò che a posteriori si dimostra essere la media, la moda, il minimo comune denominatore delle cose che si sono dette.
Quindi - ogni volta - cosa?
Il ricordo si deposita malamente sulle cose che scrivo, sull'inconcludenza dei ragionamenti giusti, sull'impanatura delle mie conoscenze. L'indecenza della perfezione ha più ragione d'essere della brillantezza dei miei ragionamenti fatti col cuore.
No - non d'essere, ma d'essere ricordata. Come se fosse un fulmine la vedrai fendere la mente del lettore e rimanere impressa come la metà perduta del peperoncino che uccide.
I sogni in terza persona non sono poi molto diversi da quelli in prima; a volte si può anche godere del punto di vista di un'ideale, di una forma mentis. Citiamone uno: il liberismo.
La classe operaia, intanto, ti guarda mangiare il peperoncino della morte. A quel punto sei tu che ti senti sdraiare, indeciso se si tratti di un sogno sulla morte o della morte di un sogno.
Anche se mortali, i peperoncini neri non sono propriamente velenosi. Assomigliando i più a dei semi, a gusci di pinoli notturni dagli oscuri riflessi d'ametista. In seconda istanza, ora che il soggetto sognante si è allontanato e sono passati un paio di giorni, il parlamento degli animali-guida formula una nuova versione: il mezzo peperoncino nero ha ucciso il sogno, non il sognatore.
I miei battiti del cuore sono diventati sempre più forti, sempre più forti mentre il cuore scalava la mia gola eppure -ecco!- non sono morto. Anche se lo sapevo che cosa significasse morire. C'è stato un ultimo battito e non sono morto. Quindi era il cuore del sogno? Il sogno del mio cuore?
I cuori, se hanno dei sogni, li realizzano. Ma quello era il cuore del sogno e il parlamento degli animali-guida reputa che sia stato lui a fermarsi.
Io mi sono limitato a stupire, ad essere stupefatto, a commentare: "un attimo, ma questa non è mica la morte!".
Così ci siamo guardati: da una parte io, la banalità, dall'altra il fantasma dell'altra metà del peperoncino.
"Questo deve essere una specie di mondo del sogno lovercraftiano, in cui tutto ha una posizione e un nome ma non un significato. Forse esiste soltanto il terrore. Il terrore della morte, in attesa che anche il terrore muoia. Il terrore della morte è diverso dal terrore di morire. Ma il terrore non può morire."
"Di solito il terrore aspetta l'autobus. C'è il trentatrè barrato, che fa la circonvallazione..."
"Sì, fantasma dell'altra metà del peperoncino nero della morte, hai ragione: di solito il terrore aspetta. Ma non solamente l'autobus."
"No, solamente l'autobus."
"Forse che prendere l'autobus significhi essere provati? Provare a prendere l'autobus. Un'ardua prova. Una prova provata - che il terrore prenda l'autobus? E se si, dove scenderà? - insomma. Prendere a provare l'autobus. Vedere come sta. Un autobus. Al terrore."
"Stona - sospira il fantasma del mezzo peperoncino - come una cipolla intera per soffritto."
"Curioso - replica la tranquillità di alcuni grandi cani - io avevo pensato che potesse stonare come un cambio di tempo in un racconto, un cambio di personaggi, un cambiamento nel modo."
<< Nel modo di scrivere?>>
Esattamente.
Ma allora il ricordo si deposita più facilmente su tutto quello che è omogeneo e morbido. Su ciò che a posteriori si dimostra essere la media, la moda, il minimo comune denominatore delle cose che si sono dette.
Quindi - ogni volta - cosa?
Il ricordo si deposita malamente sulle cose che scrivo, sull'inconcludenza dei ragionamenti giusti, sull'impanatura delle mie conoscenze. L'indecenza della perfezione ha più ragione d'essere della brillantezza dei miei ragionamenti fatti col cuore.
No - non d'essere, ma d'essere ricordata. Come se fosse un fulmine la vedrai fendere la mente del lettore e rimanere impressa come la metà perduta del peperoncino che uccide.
martedì, aprile 09, 2013
I
Nato senza i canini
Lavorare su fagiolini
II
Una vita da vegano
Con dei compiti precisi
Andar giù di cavolini
Evitare l' acidosi
lì
III
Una vita da vegano
Da chi mangia sempre poco
Che la carne e i derivati
Devi lasciarli nei supermercati
IV
Una vita da vegano
Che natura non ti ha dato
Né lo stomaco vaccino
Né la mandibola ad angolo non ampio
V
Una vita da vegano
Ad ingurgitar crescioni
Nato senza i canini
Lavorare su fagiolini
II
Una vita da vegano
Con dei compiti precisi
Andar giù di cavolini
Evitare l' acidosi
lì
sempre lì
lì nell' orto
finchè ce n' hai stai lì
III
Una vita da vegano
Da chi mangia sempre poco
Che la carne e i derivati
Devi lasciarli nei supermercati
IV
Una vita da vegano
Che natura non ti ha dato
Né lo stomaco vaccino
Né la mandibola ad angolo non ampio
V
Una vita da vegano
Lavorando come Gandhi
Anni di fatica e botte e
Vinci casomai una centrifuga.
Lavorando come Gandhi
Anni di fatica e botte e
Vinci casomai una centrifuga.
venerdì, aprile 05, 2013
Patella maris
Non mi dà pace. E' una nostalgia per un passato che non ho mai vissuto.
E' una sensazione.
Una malinconia ingovernabile, commovente, di quelle che fanno respirare male.
Tu, sulla spiaggia, sotto un albero: sdraiata su un tronco, lasciato lì da una qualche mareggiata: mi chiedo se la stessa cosa non valga anche per te. Sembrano i Caraibi, ma io so che è la Riviera, ai tempi d' oro.
Ma come si può provare nostalgia per un' epoca mai vissuta?
Non mi dà pace.
Quell' aria, con quelle note salmastre e la nostalgia, che è la pena per essermi appropriato di un passato che non è il mio.
Quanto dura? La durata di un amore balneare, poi arriva la nostalgia della nostalgia.
Penso alla consistenza della tua pelle, tesa, e mi sembra di sentire:
We skipped a light fandango
Turned cartwheels 'cross the floor
I was feeling kind of seasick
(A Wither Shade of Pale)
E' una sensazione.
Una malinconia ingovernabile, commovente, di quelle che fanno respirare male.
Tu, sulla spiaggia, sotto un albero: sdraiata su un tronco, lasciato lì da una qualche mareggiata: mi chiedo se la stessa cosa non valga anche per te. Sembrano i Caraibi, ma io so che è la Riviera, ai tempi d' oro.
Ma come si può provare nostalgia per un' epoca mai vissuta?
Non mi dà pace.
Quell' aria, con quelle note salmastre e la nostalgia, che è la pena per essermi appropriato di un passato che non è il mio.
Quanto dura? La durata di un amore balneare, poi arriva la nostalgia della nostalgia.
Penso alla consistenza della tua pelle, tesa, e mi sembra di sentire:
We skipped a light fandango
Turned cartwheels 'cross the floor
I was feeling kind of seasick
(A Wither Shade of Pale)
Presso lo studio di Sir Anaclet Mac Turtle, baronetto
Irreprensibile e Lord Mac Turtle siedono in poltrona; ciascuno sulla sua, presso il camino, è un luminoso cinque di Aprile: questo aspetto è ignorato dai due, immersi come sono in una spessa coltre di fumo. Dibattono di pipe e di altre questioni secondarie: eminentemente di pipe.
Irreprensibile: Questo modello "churchwarden" è qualcosa di straordinario, la fumata risulta così fresca...
MacTurtle: E' vero. Pare proprio essere stata creata per poterne dibattere amabilmente; invero, credo che se nel mondo ne esistessero di più, di pipe come queste, il mondo sarebbe un luogo migliore.
Irreprensibile: Sicuramente sarebbe un posto più sereno; e il tabacco giusto si reperirebbe con più facilità.
MacT: Si, è sconfortante che un gentiluomo debba sempre cercare, e raramente trovare, qualcosa che sia degno di essere fumato.
Irr: Ditemi, come procede la vostra rubrica, Sir?
MacT: Sono contento che me l' abbiate chiesto; oggi è Venerdì, ed ho in mente un giochetto che potrebbe alzare non poco il livello della nostra conversazione, se solo il livello non fosse già al top. Vedete, là, sulla mia scrivania? Ebbene, scegliete una lettera nel mucchio.
Quella lì? Bene, consegnatemela.
legge "MacTurtle: parlaci della discriminazione."
Oh. Non si è neanche firmato.
Irr: Dal tenore del quesito, temo che vi abbiano scambiato per un oracolo, per un profeta!
MacT: E allora profeterò!
Irr: In fondo, la discriminazione, si basa sull' esclusionde dal godimento di qualcosa: gente meschina che siamo, noi, con le nostre pipe radicate e fuori, fuori gente col toscanello elettronico!
MacT: Mi avete tolto le parole di bocca. Perchè non rispondete voi al lettore, per una volta, così, per ischerzo: chissà per quanto potremmo riderne (sempre con moderazione).
Voi dettate, io interpreterò, come ben sapete, fui anche attore.
SULLE DISCRIMINAZIONI, IN GENERALE, SU QUELLA DEI VEGETARIANI, IN PARTICOLARE
monologo di Irreprensibile, interpretato da Lord Mac Turtle, che in gioventù recitò nel ruolo di paggio al Globe
Li riconosco al volo. Lo vedo da come si muovono, da come sorridono, da come si atteggiano. Vegetariani! Condannati alla grama vita del latitante, si nascondono come topi; almeno quelli che sanno di me. Sono io, la vendetta carnivora, lo dicano al mondo, le mie vittime! Ma nessuno l' ha mai scampata. La dura vita del vegetariano è quella del braccato, così come l' erbivoro fugge il carnivoro, essendone la vittima designata, o visto che qui si parla di animali: la preda. Sono un cacciatore, un cacciatore di minoranze non tutelate, di minoranze ignote, di minoranze senza diritti. Loro, i vegetariani, sono la mia preda: la mia è la vendetta di tutti i carnivori, contro quella parte di umanità impenitente e vigliacca che si è piegata a brucare l' erba, in ginocchio. Sono loro, col loro indegno salutismo, con la loro segreta speranza di arrivare a cent' anni col cavolo, sono loro che io cerco. E non gli darò pace. Non avranno pace.
Nessun omosessuale rischia più la conversione e di tornare al fichismo; e invece, guardate, a quante vessazioni va incontro il povero vegetariano, amici che con una pacca sulla spalla gli dicono "e mangiati sta' bistecca! E su che ti fa bene!"
Nessuno con tanta determinazione bonaria, oggi, oserebbe una pacca sulla spalla ad un omosessuale "e fattela, una scopata etero, una volta tanto"! E lo stesso al ristorante: in odio ai pizzicagnoli e alla compagnia, se osano rivelare le proprie tendenze salutistiche. Allora li vedi, che dicono, "non ho appetito", o "passo il turno", e invece loro sono vegetariani, vegetariani, vegetariani, vegetariani!!! ma dico, come fanno, come fanno gli amici di infanzia a non accorgersene?
Per fortuna che ci sono io, la vendetta dei carnivori: redimetevi, fin che siete in tempo!
Una volta ho avuto una fidanzata vegetariana; ci ho messo un pò ad accorgermene, era brava a dissimulare.
L' ho mangiata.
Irreprensibile: Questo modello "churchwarden" è qualcosa di straordinario, la fumata risulta così fresca...
MacTurtle: E' vero. Pare proprio essere stata creata per poterne dibattere amabilmente; invero, credo che se nel mondo ne esistessero di più, di pipe come queste, il mondo sarebbe un luogo migliore.
Irreprensibile: Sicuramente sarebbe un posto più sereno; e il tabacco giusto si reperirebbe con più facilità.
MacT: Si, è sconfortante che un gentiluomo debba sempre cercare, e raramente trovare, qualcosa che sia degno di essere fumato.
Irr: Ditemi, come procede la vostra rubrica, Sir?
MacT: Sono contento che me l' abbiate chiesto; oggi è Venerdì, ed ho in mente un giochetto che potrebbe alzare non poco il livello della nostra conversazione, se solo il livello non fosse già al top. Vedete, là, sulla mia scrivania? Ebbene, scegliete una lettera nel mucchio.
Quella lì? Bene, consegnatemela.
legge "MacTurtle: parlaci della discriminazione."
Oh. Non si è neanche firmato.
Irr: Dal tenore del quesito, temo che vi abbiano scambiato per un oracolo, per un profeta!
MacT: E allora profeterò!
Irr: In fondo, la discriminazione, si basa sull' esclusionde dal godimento di qualcosa: gente meschina che siamo, noi, con le nostre pipe radicate e fuori, fuori gente col toscanello elettronico!
MacT: Mi avete tolto le parole di bocca. Perchè non rispondete voi al lettore, per una volta, così, per ischerzo: chissà per quanto potremmo riderne (sempre con moderazione).
Voi dettate, io interpreterò, come ben sapete, fui anche attore.
SULLE DISCRIMINAZIONI, IN GENERALE, SU QUELLA DEI VEGETARIANI, IN PARTICOLARE
monologo di Irreprensibile, interpretato da Lord Mac Turtle, che in gioventù recitò nel ruolo di paggio al Globe
Li riconosco al volo. Lo vedo da come si muovono, da come sorridono, da come si atteggiano. Vegetariani! Condannati alla grama vita del latitante, si nascondono come topi; almeno quelli che sanno di me. Sono io, la vendetta carnivora, lo dicano al mondo, le mie vittime! Ma nessuno l' ha mai scampata. La dura vita del vegetariano è quella del braccato, così come l' erbivoro fugge il carnivoro, essendone la vittima designata, o visto che qui si parla di animali: la preda. Sono un cacciatore, un cacciatore di minoranze non tutelate, di minoranze ignote, di minoranze senza diritti. Loro, i vegetariani, sono la mia preda: la mia è la vendetta di tutti i carnivori, contro quella parte di umanità impenitente e vigliacca che si è piegata a brucare l' erba, in ginocchio. Sono loro, col loro indegno salutismo, con la loro segreta speranza di arrivare a cent' anni col cavolo, sono loro che io cerco. E non gli darò pace. Non avranno pace.
Nessun omosessuale rischia più la conversione e di tornare al fichismo; e invece, guardate, a quante vessazioni va incontro il povero vegetariano, amici che con una pacca sulla spalla gli dicono "e mangiati sta' bistecca! E su che ti fa bene!"
Nessuno con tanta determinazione bonaria, oggi, oserebbe una pacca sulla spalla ad un omosessuale "e fattela, una scopata etero, una volta tanto"! E lo stesso al ristorante: in odio ai pizzicagnoli e alla compagnia, se osano rivelare le proprie tendenze salutistiche. Allora li vedi, che dicono, "non ho appetito", o "passo il turno", e invece loro sono vegetariani, vegetariani, vegetariani, vegetariani!!! ma dico, come fanno, come fanno gli amici di infanzia a non accorgersene?
Per fortuna che ci sono io, la vendetta dei carnivori: redimetevi, fin che siete in tempo!
Una volta ho avuto una fidanzata vegetariana; ci ho messo un pò ad accorgermene, era brava a dissimulare.
L' ho mangiata.
lunedì, aprile 01, 2013
In attesa di un Suo dolce retweet
Scegli password penetrabili, vivi pericolosamente, esprimiti per bocconi di pensiero, rinuncia alle tue velleità e abbracciane di nuove. Dimentica ciò che non hai la pazienza di imparare, impara ciò che non ti è richiesto di ricordare, elenca didascalicamente gli elementi che evocano in te il gusto del bello. Rinuncia all'interpretazione, all'autocritica, al mezzotono. Ammira il potere delle fotocopie ma rifuggi i libri di testo.
Scegli password impenetrabili, considera attentamente ogni tua scelta, esprimiti con fissità e senza passione, abbraccia le tue vecchie velleità e rinuncia alle nuove. Ricorda ciò che non hai la pazienza di rigettare, elogia ciò che non ti è richiesto di dimenticare, elabora organicamente ed esprimi il tuo gusto del bello. Abbraccia l'interpretazione, l'autocritica, il mezzotono. Adora i libri di testo ma bruciane le fotocopie.
sabato, marzo 30, 2013
L' ospitalità
Eccellente macTurtle,
come trattare l' ospite?
L' ospite non va servito. Servizio significa servitù, servitù significa debolezza, debolezza significa indigenza. Mai riverire l' ospite, mai fare in modo che si comporti come a casa sua, a suo agio: se si trova bene a casa sua, che vi rimanga. Quindi nessun cerimoniale, non si stappi la bottiglia migliore o altre cose simili. Anzi, il piatto dell' ospite sia il più scarso. E fate in modo che sia lui a lavarlo. Se si ferma la notte, dorma per terra o su una tavolaccia.
Così vai trattato tu, puerile Visconte, che fai le smorfie. Che sei così tapino davanti alla mia preparazione accademica e al mio rigore. Ti rispondo semplicemente facendo la bocca a culo di gallina e levando verso di te il dito più nobile, in un gesto che con la riverenza non ha nulla a che fare.
MacTurtle, l' invitto.
come trattare l' ospite?
L' ospite non va servito. Servizio significa servitù, servitù significa debolezza, debolezza significa indigenza. Mai riverire l' ospite, mai fare in modo che si comporti come a casa sua, a suo agio: se si trova bene a casa sua, che vi rimanga. Quindi nessun cerimoniale, non si stappi la bottiglia migliore o altre cose simili. Anzi, il piatto dell' ospite sia il più scarso. E fate in modo che sia lui a lavarlo. Se si ferma la notte, dorma per terra o su una tavolaccia.
Così vai trattato tu, puerile Visconte, che fai le smorfie. Che sei così tapino davanti alla mia preparazione accademica e al mio rigore. Ti rispondo semplicemente facendo la bocca a culo di gallina e levando verso di te il dito più nobile, in un gesto che con la riverenza non ha nulla a che fare.
MacTurtle, l' invitto.
lunedì, marzo 25, 2013
I creativi discendenti
Il primo tuono non è molto lungo: rotola giù per la vallata e poi si perde nel nuovo rombo - più vicino - che avanza. Sono ore che ascolto e non mi è ancora venuto sonno. Forse perché scrivere mi tiene sveglio.
Mia nonna - la mia cara nonnina, che vorrebbe vedermi sposato e con tre bambini - ha fatto queste cassette per me: ore ed ore di registrazioni di temporali montani per cullare il mio sonno tormentato.
Le registrazioni funzionano, ma sottopongo comunque tutte le registrazioni della nonna ad un attento vaglio da cosciente. Il mio timore è che la nonna - la mia cara nonnina, che vorrebbe vedermi sposato e con tre bambini - si svegli nel cuore della notte nella sua casetta in montagna ed esca sotto la pioggia per raggiungere la postazione dei microfoni e sussurrare nel pieno del mio sonno più profondo messaggi subliminali che inneggiano alla vita regolare, al matrimonio ed alla procreazione.
Fino a qui tutto bene, la pioggia cade con regolarità sugli aghi del grande pino dietro al capanno degli attrezzi. Fuori invece c'è il sole che splende sui cittadini in giro per Parco delle Vittorie, gioiello della nostra piccola provincia iraconda. Nessun messaggio subliminale, soltanto ore ed ore di tremolante mormorare di tuoni e sfregamenti di nuvole piovose. Nel libro che sto scrivendo non ha ancora piovuto, nemmeno una volta: sono ben centomila caratteri che non piove, una vita.
La cosa del libro è cominciata anche per merito della nonna - la mia cara nonnina, che vorrebbe vedermi sposato e con tre bambini: la paranoia che mi impone l'ascolto alla ricerca di tentativi di controllo mentale non è -ahimè- sufficiente a tenermi sveglio. Per questo ho cominciato a scrivere un racconto.
La storia parla di un uomo di nome Rudy, proprietario di una cartoleria sulla quarantina, che viene contattato da un editore milanese piuttosto influente. Quando Rudy lo raggiunge a Milano, l'editore gli spiega che i suoi revisori hanno notato un fatto curioso: in molti romanzi di aspiranti scrittori suoi concittadini o quasi compare un personaggio molto somigliante a Rudy. I modi di scrivere sono diversi, qualcuno è più o meno preciso, ma si capisce che si tratta sempre della stessa persona. Quella persona sembra, in effetti, lo sconcertato negoziante. L'editore prega Rudy di raccontare la sua vita, dove ha vissuto e cosa ha fatto. Ricostruendo i tempi ed i luoghi della vita di Rudy, i posti che ha abitato e quelli dove è stato in vacanza, cominciano a delinearsi nuove corrispondenze con i libri scritti in quegli stessi luoghi e tempi.
Rudy si trovava a Londra mentre quel tale autore scriveva quel tale romanzo ed eccolo apparire di sfuggita, personaggio appena accennato ma immediatamente riconoscibile. Il romanziere G., punta di diamante della casa editrice, scrive di un personaggio analogo a Rudy bambino in un libro ambientato sulla costa toscana, suo luogo di villeggiatura da piccolo. Insomma: si capisce presto che dove c'è Rudy c'è una storia. Nessuno sa dire se ci sia una relazione di causa o di effetto, ma Rudy è un vero e proprio catalizzatore di racconti.
Così l'editore, congedato l'imbarazzatissimo negoziante, decide in segreto di mandare alcuni scrittori affetti dal blocco dello scrittore in vacanza nella città dove abita Rudy e addirittura nel suo stesso quartiere.
Ma il percorso creativo che ne risulta darà conseguenze inimmaginabili...
Ecco, sono bloccato qui: Dora, sorella della nota scrittrice Belinda Palmigeri, ha deciso di seguire la congiunta in questa inconsueta trasferta in seguito ad una delusione d'amore e si trova suo malgrado con un sacco di tempo libero. La città non offre gli svaghi sperati e Dora comincia a scrivere un libro giallo. Il racconto dell'assassinio della vecchia signora Pizutti, loro dirimpettaia, cattura rapidamente la giovane Dora e l'intrigo risulta così avvincente e perfetto che questa decide di mettere in pratica la trama del suo stesso libro.
Tuttavia la signora Pizutti è in realtà Irma Lugini, stella ormai fredda del romanzo d'amore, la cui vena creativa si è prosciugata dopo una dirompente opera prima ormai pubblicata vent'anni prima. La signora Pizutti, cioè Irma Lugini, è l'unica del gruppo degli scrittori a conoscere l'identità degli altri nonché la ragione della loro inusuale vacanza a spese dell'editore. Infatti, avendo origliato la conversazione tra Rudy e l'editore, da cui era andata per avere ancora una chance con un pessimo romanzo scritto a quattro mani con un'ungherese, si era recata per prima nella città del protagonista. L'ansia di ottenere per prima il successo sviluppa in Irma una folle paranoia, che culmina con lo stupro (!) del povero cartolaio. Irma, scossa dal suo stesso gesto, si rinchiude in casa, complicando la trama del libro della giovane Dora ed i suoi propositi omicidi.
Intanto, la geniale Belinda...ma questa Belinda cosa dovrebbe mai fare? Non ho idee per la povera Belinda ed intanto continua a piovere. Non ci sono prove tangibili del bisogno di scrivere, tantomeno del bisogno di figliare. Tutto si basa sulle sensazioni, per esempio a Rudy stesso potrebbe venir voglia di scrivere. Così, senza una ragione. Rudy è un tipo metodico e calmo, probabilmente comincerà a scrivere un racconto fantasy, o storico, comunque dopo aver formulato un pensiero che gli piace e di cui è orgoglioso. Forse si metterà a scrivere il suo libro solo per poter inserire questa battuta, il cui effetto - essendo Rudy una calamita per storie - avrà certamente conseguenze nel libro di cui è il protagonista:
"Posate con cura i vostri passi - disse il birraio porgendo una torcia al primo della fila - i creativi discendono lentamente."
Il mercante di sogni
Su wiki certe voci vengono rubricate
come a rischio “recentismo”: non è un dramma in un post, che per
sua natura, soffre di una collocazione contestuale e temporale
precisa: data, ora, iPiroga e amenità inerenti. Altro elemento
sempre proveniente dal gergo wiki è quello di voce “disambigua”:
nel senso che quella stessa parola riguarda diverse voci distinte.
Questo personaggio è affetto da
“recentismo” ed è disambiguo: rinvia a uno, nessuno, centomila
altri personaggi che hanno un tratto comune: sono infelici.
Non vale la pena di scandalizzarsi per
quella che certi parrucconi definirebbero impropriamente neolingua,
sentire qualche influsso americaneggiante non è come fare turismo
sessuale: non è reato e non è moralmente riprovevole. A scanso di
equivoci vale ancora una volta la pena di precisare che disambigua
non è la nipote di Mubarak.
Se avesse costruito un ponte
monumentale (costruito, non promesso di costruire: differenza di non
poco momento), il cordoglio della cittadinanza avrebbe espresso per
lui questo epigramma, con tanto di targa commemorativa: “cospicuo
mercante”.
Badate, non benefattore o persona per
bene.
In fondo cosa doveva fare lui, era un
mercante, un finanziere, era uno che oggi non incontrerebbe, temo, la
simpatia del grande pubblico; ma comunque era uno che gli affari non
li faceva da solo, li faceva con altri, i gabbati, i polli (nel gergo
di WS). Art. 1173: il contratto (con gli italiani) è l' accordo di
due o, come in questo caso, più parti.
Qualcuno potrebbe ipotizzare la
necessità di figure di questo tipo, potrebbe ricordare che esistono
anche postini disonesti, potrebbe dire anche che, appunto, gli
affari si fanno in due; potrebbe anche ricordare ai forcaioli con la
bava alla bocca che se quelli sono polli, loro sono tacchini.
Questo signore sapeva vendere qualsiasi
cosa; sapeva comprare qualsiasi cosa ad un prezzo inferiore rispetto
a quello cui l' avrebbe rivenduta. Quasi sempre. Speculatore, giocava
con gli stati in fallimento, poi quelli fallivano.
Era in grado di sapere tutto, era oltre
ogni forma di insider trading, perchè era dio: aveva venduto le
azioni Apple la sera prima della morte di Steve Jobs; e quella volta
gli era andata male. Come ci aveva patito per quel rilalzo, però se
le avesse tenute, quelle stramaledette azioni, sarebbe stato come
tutti gli altri, come quelli che non sapevano. Forse poteva anche
prevedere quello storico rialzo, ma non restare lì a guardare senza
scommetterci su qualcosa.
Invece c' era una cosa che lo faceva
imbestialire, ed era il pensiero di un bambino. Di uno scricciolo
avido (esistono i bambini cattivi). Quel pensiero lo tormentava fin
da piccoletto, quando andava in quella patetica colonia, figlio di
patetici genitori operai (baro-torinesi), in cui si faceva il bagno
tutti pateticamente insieme cinti da stupide corde di sicurezza:
vedendo la luce del sole che si riverberava sul mare era costretto a
pensare a tutto quell' oro che non si poteva vendere e che non
avrebbe mai potuto vendere.
sabato, marzo 23, 2013
venerdì, marzo 22, 2013
Lo spreco: apoteosi dell' eleganza
Se siete nobili avanzate sempre. Per il nobile tutto è superfluo: e il superfluo è necessario. Essere signori vuol dire sprecare. Il single è il signore degli sprechi: signore dei signori? State a sentire: vive in una casa dove starebbero comode (almeno) due persone. E si lamenta dell' ambiente claustrofobico. Dorme nel letto occupandone un quarto. Anche perchè l' ha scelto supersize. Compra insalata pre lavata, monoporzioni per single, abusa di riscaldamento. Sta ore sotto la doccia; non spegne mai una luce. E la caffettiera la vuole grossa, come il lettone. Poi beve mezzatazzina.
speciosamente vostro,
Anaclet McTurtle
speciosamente vostro,
Anaclet McTurtle
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L' eleganza secondo MacTurtle,
singlevita
venerdì, marzo 15, 2013
Sul vivere da soli governando sè stessi con decoro
sir Anacleto McTurtle, il vero gentiluomo vive solo o si sposa?
Cordialità
Pablo Calvados
Ringrazio il signor Calvados perchè mi da modo di chiarire la posizione ufficiale del gran loggione del farfallino sul matrimonio. Che poi è la risposta che ogni uomo di buon senso sente sua:
NESSUN MATRIMONIO
Infatti il matrimonio è la tomba dell' eleganza, anche nel proverbio del popolino. Popolino, la parola che usano più spesso le persone di sinistra quando perdono le elezioni: è una cosa buffa e un giorno di questi qualcuno ci scriverà un trattato. Ma perchè dire che ogni re ha bisogno della sua regina? Invero non esiste nulla di più stolto. Perchè dividere il regno con qualcuna?
Le donne rendono effemminati e adulterano il gusto della buona eleganza maschile: vi dicono quella cravatta è giusta quando invece è da tritadocumenti o vi regalano un paio diimproponibili calzini. Tenete alla larga le loro farneticazioni uterine se volete continuare a essere consiterati uomini!
Anaclet mcTurtle, guru dell' eleganza (maschile), toson d' oro.
Cordialità
Pablo Calvados
Ringrazio il signor Calvados perchè mi da modo di chiarire la posizione ufficiale del gran loggione del farfallino sul matrimonio. Che poi è la risposta che ogni uomo di buon senso sente sua:
NESSUN MATRIMONIO
Infatti il matrimonio è la tomba dell' eleganza, anche nel proverbio del popolino. Popolino, la parola che usano più spesso le persone di sinistra quando perdono le elezioni: è una cosa buffa e un giorno di questi qualcuno ci scriverà un trattato. Ma perchè dire che ogni re ha bisogno della sua regina? Invero non esiste nulla di più stolto. Perchè dividere il regno con qualcuna?
Le donne rendono effemminati e adulterano il gusto della buona eleganza maschile: vi dicono quella cravatta è giusta quando invece è da tritadocumenti o vi regalano un paio diimproponibili calzini. Tenete alla larga le loro farneticazioni uterine se volete continuare a essere consiterati uomini!
Anaclet mcTurtle, guru dell' eleganza (maschile), toson d' oro.
giovedì, marzo 14, 2013
La confessione negativa nel papiro Ani
Sedicenti egittologi impestano i forum con traduzioni scorrette, parziali, pretenziose e concettuali del papiro di Ani.
Il papiro di Ani reca una meravigliosa confessione rituale, la quale il defunto avrebbe dovuto pronunciare davanti ad Osiride al momento del giudizio.
La traduzione letterale, da me personalmente vagliata, nulla toglie alla meraviglia del pezzo.
Non ho peccato, rapinato, rubato, ammazzato uomini o donne, rubato il grano, trafugato le offerte; non ho rubato la proprietà di Dio, nè spacciato menzogne, nè portato via il cibo. Non ho pronunciato maledizioni, non ho commesso adulterio, non ho giaciuto con uomini. Non ho fatto piangere nessuno. Non sono un ingannatore. Non ho rubato terreni coltivati. Non ho origliato, non ho calunniato, non sono stato arrabbiato senza una giusta causa. Non ho sedotto la moglie di nessuno. Non ho sedotto la moglie di un uomo. Non ho inquinato me stesso. Non ho terrorizzato nessuno. Non ho trasgredito. Non sono stato adirato. Non ho chiuso le mie orecchie alle parole di verità. Non ho bestemmiato. Non sono stato un uomo violento. Non sono stato un agitatore di lotta. Non ho agito con fretta eccessiva. Non ho curiosato in questioni. Non ho moltiplicato le parole nel parlare. Non ho fatto torto a nessuno, non ho fatto alcun male. Non ho fatto sortilegi contro il re. Non ho mai bloccato l' acqua. Non ho mai alzato la voce. Non ho maledetto Dio. Non ho agito con arroganza. Non ho rubato il pane degli dei. Non ho portato via le torte Kenfu agli Spiriti dei morti. Non ho rubato il pane del bambino, nè trattato con disprezzo il dio della mia città. Non ho ucciso il bestiame appartenente al dio.
Sono 42 formule rituali, ho omesso di riportare i nomi delle divinità alle quali erano rivolte per dare schermo alle vostre debolezze spirituali.
Chi ha fatto del suo cuore
un pesante fardello
sia divorato.
E non cercate khenfu cakes su google immagini.
Il papiro di Ani reca una meravigliosa confessione rituale, la quale il defunto avrebbe dovuto pronunciare davanti ad Osiride al momento del giudizio.
La traduzione letterale, da me personalmente vagliata, nulla toglie alla meraviglia del pezzo.
Non ho peccato, rapinato, rubato, ammazzato uomini o donne, rubato il grano, trafugato le offerte; non ho rubato la proprietà di Dio, nè spacciato menzogne, nè portato via il cibo. Non ho pronunciato maledizioni, non ho commesso adulterio, non ho giaciuto con uomini. Non ho fatto piangere nessuno. Non sono un ingannatore. Non ho rubato terreni coltivati. Non ho origliato, non ho calunniato, non sono stato arrabbiato senza una giusta causa. Non ho sedotto la moglie di nessuno. Non ho sedotto la moglie di un uomo. Non ho inquinato me stesso. Non ho terrorizzato nessuno. Non ho trasgredito. Non sono stato adirato. Non ho chiuso le mie orecchie alle parole di verità. Non ho bestemmiato. Non sono stato un uomo violento. Non sono stato un agitatore di lotta. Non ho agito con fretta eccessiva. Non ho curiosato in questioni. Non ho moltiplicato le parole nel parlare. Non ho fatto torto a nessuno, non ho fatto alcun male. Non ho fatto sortilegi contro il re. Non ho mai bloccato l' acqua. Non ho mai alzato la voce. Non ho maledetto Dio. Non ho agito con arroganza. Non ho rubato il pane degli dei. Non ho portato via le torte Kenfu agli Spiriti dei morti. Non ho rubato il pane del bambino, nè trattato con disprezzo il dio della mia città. Non ho ucciso il bestiame appartenente al dio.
Sono 42 formule rituali, ho omesso di riportare i nomi delle divinità alle quali erano rivolte per dare schermo alle vostre debolezze spirituali.
Chi ha fatto del suo cuore
un pesante fardello
sia divorato.
E non cercate khenfu cakes su google immagini.
Una singlegiornata
Questa mattina mi sono singolsvegliato.
Era, chiaramente, singoltardi.
Ho fatto tutto di singolfretta. Una singolcolazione, un singol lavarsi i denti.
Poi mi sono singolcatapultato in strada per una meravigliosa singolpasseggiata. Dopo essermi singolvestito.
Poi un singolpranzo nella mia singolcasa.
Un pò di singolstudio. Un singolcaffè (singolKIMBO).
Una singolcena dai miei singolcari cugini. Poi una singolchiacchierata al singoltelefono con un vecchio amicodelsingol.
Un singolritorno alla singolbase.
Qualche singolgoccia di singolsonnifero non hanno messo a tacere una certa qual singolcreatività. Singolcroce e singol delizia di essere singolsoli.
La singolvita è o non è una singolcagata pazzesca?
Singolpiacere: un singolibro di un singolmonaco.
Era, chiaramente, singoltardi.
Ho fatto tutto di singolfretta. Una singolcolazione, un singol lavarsi i denti.
Poi mi sono singolcatapultato in strada per una meravigliosa singolpasseggiata. Dopo essermi singolvestito.
Poi un singolpranzo nella mia singolcasa.
Un pò di singolstudio. Un singolcaffè (singolKIMBO).
Una singolcena dai miei singolcari cugini. Poi una singolchiacchierata al singoltelefono con un vecchio amicodelsingol.
Un singolritorno alla singolbase.
Qualche singolgoccia di singolsonnifero non hanno messo a tacere una certa qual singolcreatività. Singolcroce e singol delizia di essere singolsoli.
La singolvita è o non è una singolcagata pazzesca?
Singolpiacere: un singolibro di un singolmonaco.
Comandamenti
Mi permetto di porre il mio quesito, certo che il Maestro saprà dissetare la mia sete in merito. Perché ci scandalizziamo di fronte a delle persone che fanno sesso tra loro in pubblico e non quando le stesse pretendono, per lasciarsi guardare, di farsi pagare? La colpa è dei bambini? Se si, perché continuamo a farne?
Bettino, 86 anni, italiano razza purissima, ex fantino, ex calzolaio, membro del movimento "Compagni, aspettate un momento!", dongiovanni.
Non sono solito rispondere a commenti. Preferisco sempre le lettere; il cartaceo mi è molto più congeniale; per tacer della cara, vecchia, pergamena. E perchè no, l' incunabolo!
Oggi ho comunque deciso di rispondere. Perchè a un distinto signore prossimo ai novanta, probabilmente malato di cancro, non si può chiedere di riformulare il quesito (nutro consistenti dubbi che se lo ricordi). Non è elegante; no, non è affatto elegante: che poi di vecchi eleganti ne esistono ben pochi. Amo sempre ricordare il pessimo vecchio ligure che va a bagascie (è corretto con la i) in bermuda, e con quel patetico gilet dotato di molte tasche.
Per rispondere al vecchio laido ricorrerò a una serie di motti che il vero gentlemen mai ignora:
IL SESSO E' VOLGARE
I BAMBINI SONO MALEDUCATI
I SENTIMENTI SONO DOZZINALI
IL DITO PIU' NOBILE E' IL MIGNOLO
Non si è mai troppo giovani per imparare, nè troppo vecchi. Che il grande sarto dell' Universo possa accoglierti nella sua Bottega Eterna, tu, bettino, che hai brancolato nel buio denso della sciatteria fino ad oggi.
No, le tute sintetiche non sono eleganti. No, Fidel non è prototipo di eleganza.
IL SESSO E' VOLGARE
I BAMBINI SONO MALEDUCATI
I SENTIMENTI SONO DOZZINALI
IL DITO PIU' NOBILE E' IL MIGNOLO
Vestrum vobis gaudio maximo, Anaclet Mc Turtle, gallonatosi nei più distinti ed esclusivi club londinesi, laburista per moda, conservatore per indole.
Bettino, 86 anni, italiano razza purissima, ex fantino, ex calzolaio, membro del movimento "Compagni, aspettate un momento!", dongiovanni.
Non sono solito rispondere a commenti. Preferisco sempre le lettere; il cartaceo mi è molto più congeniale; per tacer della cara, vecchia, pergamena. E perchè no, l' incunabolo!
Oggi ho comunque deciso di rispondere. Perchè a un distinto signore prossimo ai novanta, probabilmente malato di cancro, non si può chiedere di riformulare il quesito (nutro consistenti dubbi che se lo ricordi). Non è elegante; no, non è affatto elegante: che poi di vecchi eleganti ne esistono ben pochi. Amo sempre ricordare il pessimo vecchio ligure che va a bagascie (è corretto con la i) in bermuda, e con quel patetico gilet dotato di molte tasche.
Per rispondere al vecchio laido ricorrerò a una serie di motti che il vero gentlemen mai ignora:
IL SESSO E' VOLGARE
I BAMBINI SONO MALEDUCATI
I SENTIMENTI SONO DOZZINALI
IL DITO PIU' NOBILE E' IL MIGNOLO
Non si è mai troppo giovani per imparare, nè troppo vecchi. Che il grande sarto dell' Universo possa accoglierti nella sua Bottega Eterna, tu, bettino, che hai brancolato nel buio denso della sciatteria fino ad oggi.
No, le tute sintetiche non sono eleganti. No, Fidel non è prototipo di eleganza.
IL SESSO E' VOLGARE
I BAMBINI SONO MALEDUCATI
I SENTIMENTI SONO DOZZINALI
IL DITO PIU' NOBILE E' IL MIGNOLO
Vestrum vobis gaudio maximo, Anaclet Mc Turtle, gallonatosi nei più distinti ed esclusivi club londinesi, laburista per moda, conservatore per indole.
domenica, marzo 10, 2013
Il desiderio dei pozzi
Di quello che scrivo non rimane mai niente.
Forse perché credo di scrivere e cerco le cose che faccio nei posti sbagliati. Forse perché ogni cosa che scrivo è forma senza contenuto. Forse perché ogni cosa viene assorbita e va dove ve ne è più bisogno.
Di quello che scrivo non rimane mai niente.
Arriviamo alle case chiacchierando in fila indiana. In fase di post produzione verrà aggiunto un lungo brano di Ravi Shankar. Le corde si tendono e si rilassano come archi in una battaglia campale. Come molli lame di una lunga sega, tagliatrice di alberi centenari. Molle in un letto di doghe, accompagnano il passo strascicato di giovani scarponi slacciati.
Le nuvole, basse, si aggiungono e si sottraggono all'edilizia che compone il paesaggio. L'erba è verdissima, ma la luce rifiuta di rendere giustizia a tutto quel colore. Sono nuvole disimpegnate e dense, si muovono veloci disfacendosi.
Qualcuno di noi diventerà un idiota, mentre altri lo sono già. Sono indeciso se questa sia una cosa per me importante, o soltanto un diversivo per non pensare al lavoro, all'incombere della morte, della neolingua, della pessima musica. Sono indeciso se scrivere sia importante per me, se lo sia per gli altri, se non sia soltanto un diversivo per non pensare all'ignoranza di che cosa l'ignoranza comporti , al sopito spirito distruttivo che si accumula in me sotto forma di disprezzo, di noia, di assuefazione, di ricerca insoddisfatta, di creatività vergognosa, di insensibile soddisfazione.
Il diavolo si spoglia nella vasca: è grasso, distratto, con una minuscola ridicola coda a coronare il suo posteriore. Ma questo è uno spettacolo, non una memoria. Mi concentro sulle nuvole, sulle case in pietra, sull'odore di pesanti calze da montagna sull'asfalto bagnato. L'ipnosi dell'erba verdissima.
Il diavolo si spoglia nella vasca: è flaccido, impreciso, ma la coda - per quanto ridicola - acquisisce lentamente un'importanza che porta a trascurarne le dimensioni.
Se di quello che scrivo non rimane mai niente, finiremo per dimenticarci del diavolo?
Di quello che scrivo non rimane mai niente, sussurro entrando nella doccia. Voglio lavare via tutte queste ore di cammino e vedere cosa resterà sul mio corpo. Tutte le velature delle mie esperienze si sovrappongono le une alle altre, come le nuvole depositano il loro carico liquido su forme boscose che contribuiscono a rendere sempre diverse. Piove sui miei capelli, sul sapone che imprigiona lo sporco, sulla mia testa dolorante, sul menefreghismo, sull'incoscienza sociale, sulle cartacce, sulle attenzioni per il prossimo negate per poterne ricevere.
Di quello che scrivo non rimane mai niente perché sono l'unico assetato viandante del mio deserto?
Non credo proprio: il deserto è di tutti.
Forse perché credo di scrivere e cerco le cose che faccio nei posti sbagliati. Forse perché ogni cosa che scrivo è forma senza contenuto. Forse perché ogni cosa viene assorbita e va dove ve ne è più bisogno.
Di quello che scrivo non rimane mai niente.
Arriviamo alle case chiacchierando in fila indiana. In fase di post produzione verrà aggiunto un lungo brano di Ravi Shankar. Le corde si tendono e si rilassano come archi in una battaglia campale. Come molli lame di una lunga sega, tagliatrice di alberi centenari. Molle in un letto di doghe, accompagnano il passo strascicato di giovani scarponi slacciati.
Le nuvole, basse, si aggiungono e si sottraggono all'edilizia che compone il paesaggio. L'erba è verdissima, ma la luce rifiuta di rendere giustizia a tutto quel colore. Sono nuvole disimpegnate e dense, si muovono veloci disfacendosi.
Qualcuno di noi diventerà un idiota, mentre altri lo sono già. Sono indeciso se questa sia una cosa per me importante, o soltanto un diversivo per non pensare al lavoro, all'incombere della morte, della neolingua, della pessima musica. Sono indeciso se scrivere sia importante per me, se lo sia per gli altri, se non sia soltanto un diversivo per non pensare all'ignoranza di che cosa l'ignoranza comporti , al sopito spirito distruttivo che si accumula in me sotto forma di disprezzo, di noia, di assuefazione, di ricerca insoddisfatta, di creatività vergognosa, di insensibile soddisfazione.
Il diavolo si spoglia nella vasca: è grasso, distratto, con una minuscola ridicola coda a coronare il suo posteriore. Ma questo è uno spettacolo, non una memoria. Mi concentro sulle nuvole, sulle case in pietra, sull'odore di pesanti calze da montagna sull'asfalto bagnato. L'ipnosi dell'erba verdissima.
Il diavolo si spoglia nella vasca: è flaccido, impreciso, ma la coda - per quanto ridicola - acquisisce lentamente un'importanza che porta a trascurarne le dimensioni.
Se di quello che scrivo non rimane mai niente, finiremo per dimenticarci del diavolo?
Di quello che scrivo non rimane mai niente, sussurro entrando nella doccia. Voglio lavare via tutte queste ore di cammino e vedere cosa resterà sul mio corpo. Tutte le velature delle mie esperienze si sovrappongono le une alle altre, come le nuvole depositano il loro carico liquido su forme boscose che contribuiscono a rendere sempre diverse. Piove sui miei capelli, sul sapone che imprigiona lo sporco, sulla mia testa dolorante, sul menefreghismo, sull'incoscienza sociale, sulle cartacce, sulle attenzioni per il prossimo negate per poterne ricevere.
Di quello che scrivo non rimane mai niente perché sono l'unico assetato viandante del mio deserto?
Non credo proprio: il deserto è di tutti.
venerdì, marzo 08, 2013
Come vezzeggiare la vostra Lei in quel giorno che ha data di 8 marzo ottenendone la servitù nei restanti
Caro Sir Mc Turtle,
Un tycoon dell' eleganza come lei non può non essere anche, al contempo, un grande playboy. Ma come trattare la propria donna, se si fa parte di quella cerchia sventurata di coloro che ne hanno una sola, in quel dell' otto marzo?
Signor F.
Il signor F sembra dimenticare una cosa importante. Ma va capito, poveretto. La festa della donna è della donna. Come nessun ebreo festeggia il Natale, nessun uomo dovrebbe festeggiare la festa della donna. Però è necessario, per chi si trova in condizioni simili a quelle di mr F, scendere a compromessi. Perchè dunque non accordare alla donna un giorno di libertà a fronte di altri 364 di sevizie e prevaricazioni? Dunque spendetevi in qualche atto non sentito, di facciata. La tradizione vi viene incontro: mimose! Così a buon mercato, accontenteranno anche gli uomini più morbosamente attaccati al portafogli. Che esca con le amiche! Tanto di guadagnato (risparmiato).
Per finire non dimenticate, appena si volta per uscire, scioccamente soddisfatta all' idea di raccontare alle amiche quanto siano state gradite le vostre mimose, di salutarla col dito più nobile (che come ben sapete e' il mignolo).
Vostro Mc Turtle Dandy
Un tycoon dell' eleganza come lei non può non essere anche, al contempo, un grande playboy. Ma come trattare la propria donna, se si fa parte di quella cerchia sventurata di coloro che ne hanno una sola, in quel dell' otto marzo?
Signor F.
Il signor F sembra dimenticare una cosa importante. Ma va capito, poveretto. La festa della donna è della donna. Come nessun ebreo festeggia il Natale, nessun uomo dovrebbe festeggiare la festa della donna. Però è necessario, per chi si trova in condizioni simili a quelle di mr F, scendere a compromessi. Perchè dunque non accordare alla donna un giorno di libertà a fronte di altri 364 di sevizie e prevaricazioni? Dunque spendetevi in qualche atto non sentito, di facciata. La tradizione vi viene incontro: mimose! Così a buon mercato, accontenteranno anche gli uomini più morbosamente attaccati al portafogli. Che esca con le amiche! Tanto di guadagnato (risparmiato).
Per finire non dimenticate, appena si volta per uscire, scioccamente soddisfatta all' idea di raccontare alle amiche quanto siano state gradite le vostre mimose, di salutarla col dito più nobile (che come ben sapete e' il mignolo).
Vostro Mc Turtle Dandy
mercoledì, marzo 06, 2013
Il coltello che cinguetta
Quando l'ascensore arriva al quattordicesimo piano si sente come un soffio, poi tutti escono. Questa è una zona relativamente nuova della città: il centro. La compagnia per cui lavoro ha acquistato un appartamento a questo piano qualche anno fa, proprio un attimo prima che i prezzi cominciassero a salire.
La compagnia per cui lavoro.
Partecipo alla consueta rassegna stampa mattutina, dove Lukas ci ragguaglia sulle ultime notizie. Alina, forse a causa dello straordinario di questa notte, ha lasciato dappertutto briciole di ciambelle.
La compagnia per cui lavoro si chiama Spo0onedge, con lo zero tra le due "o". Fondata nel 2002 dal lungimirante e tragicamente dipartito Cornelius McTurtle, la Spo0onedge è - per farla breve - una società di prepromozione sottile via internet. Il termine sottile, coniato dallo stesso McTurtle, è una sorta di eufemismo per la parola subliminale, anche se in realtà si tratta qualcosa di più. La parte sulla promozione è invece del tutto sincera: noi promuoviamo prodotti. Però lo facciamo in modo sottile e "pre".
Il mio compito è in buona sostanza quello di creare e sostenere account credibili nei maggiori social network, fare in modo che siano seguiti dal target richiesto ed infine prepromuovere in modo sottile i prodotti richiesti.
Se credete che chiedere a persone reali di promuovere prodotti esistenti in cambio di denaro sia più facile avete già perso. Le parole chiave della Spo0onedge sono:
- artificialità,
- capillarità,
- prepromozione
I nostri account sono completamente scollegati da qualsiasi persona realmente esistente o esistita, ed ecco spiegata l'artificialità. Le foto che postiamo, perfino quelle del profilo, sono create pixel per pixel. I nostri account danno voce giorno dopo giorno ad inesistenti persone comuni, pensate per inserirsi come elementi autorevoli delle comunità con cui si vuole aprire un canale di prepromozione. Ecco spiegata la capillarità: se credete che creare un singolo personaggio "famoso" sia più semplice avete perso di nuovo, a meno che non siate un agente di genderbands degli anni '90. Infine la prepromozione: l'idea più geniale di Mr. McTurtle, l'indistruttibile riparo della nostra compagnia nelle rare battaglie legali in cui sono riusciti a trascinarci. Il prodotto che invogliamo a comprare non esiste, ancora.
Le più grandi aziende del mondo ci commissionano loghi da premettere, bisogni da suggerire, forme da lasciare intuire sinesteticamente. Con me lavorano psicologi, linguisti, piazzisti; ma anche ex predicatori televisivi, ex politici ed ex casalinghe con il pallino dei gossip. Tutti infaticabili scimmie da monitor al servizio del consumo futuro. Un buon impiegato della Spo0onedge può portare un'intera comunità a scegliere oggi il regalo da fare a vostra madre per il prossimo natale semplicemente parlando del tempo e senza che ve ne accorgiate.
Mi siedo davanti allo schermo, pronto ad indossare la maschera-tastiera che mi separa dai miei innumerevoli alter ego. Qualcuno è il vero "guru", mentre altri account vengono chiamati "grey sheep" e vengono utilizzati per ricoprire ruoli di interazione importanti quando la comunità reale da contattare non è ancora abbastanza reattiva.
Vi sembra fantascienza? A me non pare proprio: la busta paga arriva regolarmente ogni mese. Forse siamo alla guida di una cosa di cui non conosciamo l'effetto reale, ma gli azionisti non si pongono certe domande.
A volte mi viene veramente il dubbio che la rete non sia più il luogo in cui si possono trovare persone in carne ed ossa. Cerco di abituare delle persone alla forma indigeribile di un paio di scarpe ancora da progettare, ma segretamente ho sempre il sospetto che qualcuno stia cercando di indurre gli account che impersono a comprare qualcosa che per ora è soltanto il bisbiglio di una promessa di una vita futura e migliore. Nel periodo successivo alla mia assunzione mi hanno fatto studiare: SimOne, The Truman Show, Il prigioniero, Lost, La fabbrica dei sogni e chissà quanta altra roba. Sono arrivato ad un tale livello di confusione che ora sono indeciso se le cose che questi titoli mi evocano siano successe davvero o siano idee genuinamente mie.
Ma più ci penso e più sono convinto di essere io il destinatario finale di tutto questo gioco. E se non è per vendere qualcosa a me, di sicuro questo è il modo che gli alieni userebbero per mettersi in contatto con noi.
La compagnia per cui lavoro.
Partecipo alla consueta rassegna stampa mattutina, dove Lukas ci ragguaglia sulle ultime notizie. Alina, forse a causa dello straordinario di questa notte, ha lasciato dappertutto briciole di ciambelle.
La compagnia per cui lavoro si chiama Spo0onedge, con lo zero tra le due "o". Fondata nel 2002 dal lungimirante e tragicamente dipartito Cornelius McTurtle, la Spo0onedge è - per farla breve - una società di prepromozione sottile via internet. Il termine sottile, coniato dallo stesso McTurtle, è una sorta di eufemismo per la parola subliminale, anche se in realtà si tratta qualcosa di più. La parte sulla promozione è invece del tutto sincera: noi promuoviamo prodotti. Però lo facciamo in modo sottile e "pre".
Il mio compito è in buona sostanza quello di creare e sostenere account credibili nei maggiori social network, fare in modo che siano seguiti dal target richiesto ed infine prepromuovere in modo sottile i prodotti richiesti.
Se credete che chiedere a persone reali di promuovere prodotti esistenti in cambio di denaro sia più facile avete già perso. Le parole chiave della Spo0onedge sono:
- artificialità,
- capillarità,
- prepromozione
I nostri account sono completamente scollegati da qualsiasi persona realmente esistente o esistita, ed ecco spiegata l'artificialità. Le foto che postiamo, perfino quelle del profilo, sono create pixel per pixel. I nostri account danno voce giorno dopo giorno ad inesistenti persone comuni, pensate per inserirsi come elementi autorevoli delle comunità con cui si vuole aprire un canale di prepromozione. Ecco spiegata la capillarità: se credete che creare un singolo personaggio "famoso" sia più semplice avete perso di nuovo, a meno che non siate un agente di genderbands degli anni '90. Infine la prepromozione: l'idea più geniale di Mr. McTurtle, l'indistruttibile riparo della nostra compagnia nelle rare battaglie legali in cui sono riusciti a trascinarci. Il prodotto che invogliamo a comprare non esiste, ancora.
Le più grandi aziende del mondo ci commissionano loghi da premettere, bisogni da suggerire, forme da lasciare intuire sinesteticamente. Con me lavorano psicologi, linguisti, piazzisti; ma anche ex predicatori televisivi, ex politici ed ex casalinghe con il pallino dei gossip. Tutti infaticabili scimmie da monitor al servizio del consumo futuro. Un buon impiegato della Spo0onedge può portare un'intera comunità a scegliere oggi il regalo da fare a vostra madre per il prossimo natale semplicemente parlando del tempo e senza che ve ne accorgiate.
Mi siedo davanti allo schermo, pronto ad indossare la maschera-tastiera che mi separa dai miei innumerevoli alter ego. Qualcuno è il vero "guru", mentre altri account vengono chiamati "grey sheep" e vengono utilizzati per ricoprire ruoli di interazione importanti quando la comunità reale da contattare non è ancora abbastanza reattiva.
Vi sembra fantascienza? A me non pare proprio: la busta paga arriva regolarmente ogni mese. Forse siamo alla guida di una cosa di cui non conosciamo l'effetto reale, ma gli azionisti non si pongono certe domande.
A volte mi viene veramente il dubbio che la rete non sia più il luogo in cui si possono trovare persone in carne ed ossa. Cerco di abituare delle persone alla forma indigeribile di un paio di scarpe ancora da progettare, ma segretamente ho sempre il sospetto che qualcuno stia cercando di indurre gli account che impersono a comprare qualcosa che per ora è soltanto il bisbiglio di una promessa di una vita futura e migliore. Nel periodo successivo alla mia assunzione mi hanno fatto studiare: SimOne, The Truman Show, Il prigioniero, Lost, La fabbrica dei sogni e chissà quanta altra roba. Sono arrivato ad un tale livello di confusione che ora sono indeciso se le cose che questi titoli mi evocano siano successe davvero o siano idee genuinamente mie.
Ma più ci penso e più sono convinto di essere io il destinatario finale di tutto questo gioco. E se non è per vendere qualcosa a me, di sicuro questo è il modo che gli alieni userebbero per mettersi in contatto con noi.
venerdì, marzo 01, 2013
Sulla posizione del mignolo, reggendo il bicchiere.
Caro Sir Anacleto Mc Turtle,
un amico di un amico ritiene confacente all' uomo dabbene il reggere il bicchiere col mignolo alzato, secondo i dettami dell' antica tradizione dell' eleganza.
Signor G.
Per rispondere allo sciocco lettore il quale fa domande importune si pone il punto n. 3: posizione delle dita della mano.
Innanzi tutto che sia la mano destra; infatti la sinistra, essendo quella più vicina al cuore, è destinata al portafogli: e non vorrei che il danaro si contaminasse con una qualsiasi libagione, in modo tale che oltre alle vostre menti si inebriasse anche il portafogli, e magari voi foste tentati di estrarlo in un momento di generosità, esponendovi all' attacco di un qualche extracomunitario o di un cittadino di altro comune. Infatti tutti sanno che fra le insidie del vino vi sono la generosità e la tendenza a familiarizzare col proletariato.
Le prime quattro dita della mano reggano il bicchiere, il mignolo sia sollevato a cornetta. E' invero questo un gesto che denota una grande eleganza, poiché il mignolo, come tutti ben sapete, di tutte le dita è il più nobile, non essendo secondo ad altro dito: infatti è il dito meno utilizzato in attività materiali, il più savio fra le dita, glorioso nella sua eleganza elementare ma al tempo stesso ricercata. Quindi, mi raccomando, mignolo su allorquando portate il bicchiere alla bocca.
Apro ora una digressio, la quale ha interessato generazioni di storici dell' eleganza: sul perchè il migolo sia più nobile del pollice e dell' indice, che a rigori dovrebbero essere più importanti dal momento che si usano per contare il danaro (essendo ben nota l' equazione ricchezza nobiltà); bene, dopo vari secoli di discussione, nei quali si sono contrapposte essenzialmente due posizioni, la prima di chi proponeva di usare il mignolo per contare il denaro, la seconda che proponeva di sollevare mignolo pollice e indice al momento in cui il bicchiere raggiungeva la bocca aiutandosi coi denti per reggere il bicchiere, si è recentemente addivenuti ad una pronuncia avutasi in Londra, presso il Gran Concistoro di Loggia Udienza Generale dell' Ordine del Grappolo d' Oro, riunione del Primo e del Secondo Stato con l' esclusione del 3o stato (comunque privo del potere di voto, di intervento, di opinione, di comprensione al quale comunque va sempre attribuito per inveterata tradizione il beneficio del dubbio). Con 200 voti favorevoli, un astenuto, diciannove contrari si è decretato che: il mignolo è il dito più nobile dal momento che non è possibile bere con pollice e indice sollevati, se non utilizzando ispeciali bicchieri prodotti dall' azienda (omissis) di Sir (omissis) tenuto ad astenersi per conflitto di interessi. Dunque, salvi clamorosi colpi di scena e revirement del GCLUGBDOGO feat MARRACASH, dei quali vi darò eventualmente conto, la situazione è definita e questa posizione è da me condivisa, dal momento che sono stato relatore dell' opinione dissenziente. Si, avete letto bene.
un amico di un amico ritiene confacente all' uomo dabbene il reggere il bicchiere col mignolo alzato, secondo i dettami dell' antica tradizione dell' eleganza.
Signor G.
E' con vibrante esaltazione che mi
trovo oggi a svolgere il mio ministero di maestro di eleganza, titolo
che mi sono guadagnato a caro prezzo e sbaragliando la concorrenza di
certi pezzaroli (ai quali se mi stanno leggendo voglio dedicare un
gesto dell' ombrello e qualche maledizione di malattia).
Orbene, il lettore pone un
quesito elementare; ma come diceva un noto autore di aforismi, il
noto ci è sconosciuto e infatti io non conosco il nome dell' autore. Non importa quale autore, perchè poi gli autori di aforismi hanno
sempre notoriamente copiato gli uni dagli altri.
Quando si regge il
bicchiere la prima cosa che bisogna assolutamente non fare è
guardare il bicchiere: non c' è nulla di più volgare e anche che
denoti diffidenza (è universalmente riconosciuto il fatto che
subalterni e selvaggi provino diffidenza di fronte alle cose del bere
e del mangiare, egualmente ai cani bastardi) il guardare dentro il
bicchiere che ci viene offerto; e non vorrei che vi tramutaste tutti
in quella squallida vecchia consunta dall' alcol di quel celebre
dipinto, l' assenzio, perchè allora io perderei il mio pubblico e
voi, cosa assai peggiore, perdereste un vero maestro.
Certo, se vi
trovate a cena in qualche squallida bettola gestita da un volgare pizzicagnolo, potreste esser tentati di
guardare: ma siate coerenti, l' eleganza sempre e prima di tutto,
quindi non vi recate nelle topaie o se vi andate, fatelo a vostro
rischio e pericolo e senza che il vostro decoro venga meno, insieme a
quello della classe elevata alla quale appartenete. Quindi per i
subalterni, incappati per non si sa quale ragione nel mio verbo,
sciocchi senza speranza, sintetizzo questa regola col n. 1: non si
guardi il bicchiere.
La regola n. 2 riguarda la posizione
del bracciuo. Questa è la venerabile regola del playmobyl. Ben aderente al
corpo, senza curvature dozzinali e da villani. Se poi la lunghezza
del braccio non vi consente di bere seguendo simile regola ma vi
trovate colla mano ben sopra alla bocca, desistete dal bere,
desistete dal voler essere eleganti, dunque desistete. Rischiate
altrimenti di rovesciare tutto perterra e di mandare ciò che resta
della vostra reputazione in fumo.
Per rispondere allo sciocco lettore il quale fa domande importune si pone il punto n. 3: posizione delle dita della mano.
Innanzi tutto che sia la mano destra; infatti la sinistra, essendo quella più vicina al cuore, è destinata al portafogli: e non vorrei che il danaro si contaminasse con una qualsiasi libagione, in modo tale che oltre alle vostre menti si inebriasse anche il portafogli, e magari voi foste tentati di estrarlo in un momento di generosità, esponendovi all' attacco di un qualche extracomunitario o di un cittadino di altro comune. Infatti tutti sanno che fra le insidie del vino vi sono la generosità e la tendenza a familiarizzare col proletariato.
Le prime quattro dita della mano reggano il bicchiere, il mignolo sia sollevato a cornetta. E' invero questo un gesto che denota una grande eleganza, poiché il mignolo, come tutti ben sapete, di tutte le dita è il più nobile, non essendo secondo ad altro dito: infatti è il dito meno utilizzato in attività materiali, il più savio fra le dita, glorioso nella sua eleganza elementare ma al tempo stesso ricercata. Quindi, mi raccomando, mignolo su allorquando portate il bicchiere alla bocca.
Apro ora una digressio, la quale ha interessato generazioni di storici dell' eleganza: sul perchè il migolo sia più nobile del pollice e dell' indice, che a rigori dovrebbero essere più importanti dal momento che si usano per contare il danaro (essendo ben nota l' equazione ricchezza nobiltà); bene, dopo vari secoli di discussione, nei quali si sono contrapposte essenzialmente due posizioni, la prima di chi proponeva di usare il mignolo per contare il denaro, la seconda che proponeva di sollevare mignolo pollice e indice al momento in cui il bicchiere raggiungeva la bocca aiutandosi coi denti per reggere il bicchiere, si è recentemente addivenuti ad una pronuncia avutasi in Londra, presso il Gran Concistoro di Loggia Udienza Generale dell' Ordine del Grappolo d' Oro, riunione del Primo e del Secondo Stato con l' esclusione del 3o stato (comunque privo del potere di voto, di intervento, di opinione, di comprensione al quale comunque va sempre attribuito per inveterata tradizione il beneficio del dubbio). Con 200 voti favorevoli, un astenuto, diciannove contrari si è decretato che: il mignolo è il dito più nobile dal momento che non è possibile bere con pollice e indice sollevati, se non utilizzando ispeciali bicchieri prodotti dall' azienda (omissis) di Sir (omissis) tenuto ad astenersi per conflitto di interessi. Dunque, salvi clamorosi colpi di scena e revirement del GCLUGBDOGO feat MARRACASH, dei quali vi darò eventualmente conto, la situazione è definita e questa posizione è da me condivisa, dal momento che sono stato relatore dell' opinione dissenziente. Si, avete letto bene.
Da ultimo la buona notizia, sull'
esempio di quella bolgia dantesca che è Report, programma contrario
ad ogni eleganza, buon costume, decoro, raffinaezza condotta
ignomignosamente da quel manico di scopa più bella che intelligente.
Diversi studi scientifici, tenuti presso l' Università
Tradizionalista Cattolica dell' Alabama (UTCA) e del centro studi del
ku klux klan (Cs kkk), hanno dimostrato che il mignolo alzato
consente una più agevole digestione.
Abbinamenti consigliati col mignolo
alzato:
- Sorseggiare rumorosamente denota la finezza vostra e del vostro palato, dunque fatelo.
- Schioccare la lingua, fare Ahh, esclamare buono dopo aver bevuto è sinonimo di ricercatezza, buon gusto, educazione.
- Uno stivaletto stile cow-boy può aggiungere quel tocco che vi consente di essere perfetti.
La sig.ra Gabanelli precisa
di non essere nella disponibilità di Sir Anacleto Mc Turtle,
baronetto, insignito dell' insigne titolo del Cardo d' Oro, magister
elegantiorum, sedicente, in quanto tale.
mercoledì, febbraio 27, 2013
Nuove penne al servizio di iPiroga e de' suoi Illustri Lettorii
Diamo il benvenuto a Mister Ottocento, già columnist de il Caffè, amico di infanzia di Mazzini, Garibaldi e del vecchio Nazionale. Grande esperto del mondo di Twitter, che usa almeno dall' #800.
Un' altra importante novità interessa il sito, Mr Hamlet Mc Turtle, baronetto, insignito del titolo del Cardo, diventa finalmente contributor iPiroga. La sua collaborazione si è resa necessaria dal momento che sono numerose le mails con le quali, cari lettori, ci domandate insistentemente consigli di eleganza. Grazie a Mr Mc Turtle oggi avrete a vostra disposizione probabilmente il più insigne magister elegantiorum vivente, se non il più insigne di tutti i tempi. La rubrica "miseria e Nobiltà. Se uno è ricco, quando vuole, se uno è povero, quando può (facciamo in modo che non possa)" occuperà i pomeriggi del Venerdì di iPiroga, curiosamente decadenti.
Un' altra importante novità interessa il sito, Mr Hamlet Mc Turtle, baronetto, insignito del titolo del Cardo, diventa finalmente contributor iPiroga. La sua collaborazione si è resa necessaria dal momento che sono numerose le mails con le quali, cari lettori, ci domandate insistentemente consigli di eleganza. Grazie a Mr Mc Turtle oggi avrete a vostra disposizione probabilmente il più insigne magister elegantiorum vivente, se non il più insigne di tutti i tempi. La rubrica "miseria e Nobiltà. Se uno è ricco, quando vuole, se uno è povero, quando può (facciamo in modo che non possa)" occuperà i pomeriggi del Venerdì di iPiroga, curiosamente decadenti.
lunedì, febbraio 25, 2013
La ballata del mezzo marinaio
Sono le undici e venticinque di un tranquillo lunedì elettorale. Qualcosa ricorda il finale di A Serious Man: come in tutti i film, gli spettatori escono dal cinema.
Glauco ha trent'anni, è rosso di capelli, alto, bello e muscoloso. Ha gli occhi velati di lacrime, ascolta i Sonic Youth, legge fumetti Bonelli, adora i Fruttolo e lo sci.
Si dice che Glauco sia omosessuale, ma questo non importa. Vive in una di quelle realtà parallele, in cui le balle non solo sembrano ma sono vere. Glauco ha la ragazza: una modella francese che lo ama alla follia. Lei vive a Parigi e gli è molto fedele. Ha gambe lunghissime che Glauco va a trovare ogni tanto, durante certi weekend quando non deve spaccare la legna nella casa in campagna degli anziani genitori. D'estate fa il bagnino e si consola con una nuotata quando Parigi gli manca troppo per piegare i lettini con la dovuta concentrazione.
Il resto dell'anno sbarca il lunario dipingendo miniature, che poi rivende su Ebay. Certi tedeschi vanno matti per le miniature. In Francia, purtroppo, il suo stile prende meno. Ha avuto una storia col porno, lunga e duratura, ma poi è finita con la stessa naturalezza con cui era iniziata.
Ma Glauco non è il protagonista di questa storia. Sapere tutto di lui non lo rende tale e non gli impedisce di esserlo comunque. Il nostro occhio narrativo conosce ogni suo angolo, ma il cuore del nostro interesse è altrove. Un luogo di persona di cui non conosciamo nemmeno la posizione. L'amore funziona anche così: prima credi di ascoltare una canzone dei R.E.M. e dopo ti accorgi di stringere un abbraccio caldo come un phon.
Questi balconi italiani ti distraggono, reclamano di essere guardati per ore ed ore. Le loro forme a volte voluttuose, a volte di chiaro stampo marxista. Coi vasi di cotto da quattro soldi, le piante tenute a stecchetto nei luoghi dove piove poco e la gente è molto distratta. La neve che ricopre le balaustre dei balconi decorati in un secolo diverso da questo, la gente affacciata in attesa di una processione ritardata da chissà quale mistero. Il suggerimento di un mondo senza telefoni non basta ad allontanarci da questo, in cui i telefoni esistono e sono minuscole voci di persone amiche, più vicine alle orecchie che allo stomaco o al sesso. Il telefono a gettoni che teneva la mamma di Glauco sospesa nella mente del padre, mentre lui era in tournée e dimenticava le bellezze di Cuba gloriosa. Non ritirate i vestiti se piove, lasciateci fotografare il sapore amaro di un inusuale pasticcio senza drogarlo con la merce che compriamo per noia. Rifuggiamo la soia, ma forse dovremmo anche rifuggire gli spaghetti, a meno che non siano intrisi di sugo. E calmi e sapidi e misteriosi e sfuggevoli. Il vizio di alzarsi a carpire quella sgusciante parafrasi della vita con le mani, spalancando le fauci sotto una cascata gialla e bianca.
Arrakis, il pianeta delle sabbie. Twiser, Risico, il viaggio interplanetario da fermi assecondando la rotazione terrestre. Il caldo come ambientazione preferenziale per un mondo morente, Icaro dalle ali di c'era. La statua della libertà affondata nella sabbietta del gatto, inclinata. La balaustra che orna la fiaccola è vuota di persone, ma piena di albatross con gli occhiali da sole, adoratori dell'astro come pochi altri sulla terra, pronti a portare la sventura sui sensibili e sui miti, sugli scaramantici e gli affamati. Prende senso la logica di tornare ad essere primati, pur di essere primi in qualcosa - dimenticare la tecnica che ci permetteva di costruire i balconi dell'inesplorata Verona.
Glauco ha trent'anni, è rosso di capelli, alto, bello e muscoloso. Ha gli occhi velati di lacrime, ascolta i Sonic Youth, legge fumetti Bonelli, adora i Fruttolo e lo sci.
Si dice che Glauco sia omosessuale, ma questo non importa. Vive in una di quelle realtà parallele, in cui le balle non solo sembrano ma sono vere. Glauco ha la ragazza: una modella francese che lo ama alla follia. Lei vive a Parigi e gli è molto fedele. Ha gambe lunghissime che Glauco va a trovare ogni tanto, durante certi weekend quando non deve spaccare la legna nella casa in campagna degli anziani genitori. D'estate fa il bagnino e si consola con una nuotata quando Parigi gli manca troppo per piegare i lettini con la dovuta concentrazione.
Il resto dell'anno sbarca il lunario dipingendo miniature, che poi rivende su Ebay. Certi tedeschi vanno matti per le miniature. In Francia, purtroppo, il suo stile prende meno. Ha avuto una storia col porno, lunga e duratura, ma poi è finita con la stessa naturalezza con cui era iniziata.
Ma Glauco non è il protagonista di questa storia. Sapere tutto di lui non lo rende tale e non gli impedisce di esserlo comunque. Il nostro occhio narrativo conosce ogni suo angolo, ma il cuore del nostro interesse è altrove. Un luogo di persona di cui non conosciamo nemmeno la posizione. L'amore funziona anche così: prima credi di ascoltare una canzone dei R.E.M. e dopo ti accorgi di stringere un abbraccio caldo come un phon.
Questi balconi italiani ti distraggono, reclamano di essere guardati per ore ed ore. Le loro forme a volte voluttuose, a volte di chiaro stampo marxista. Coi vasi di cotto da quattro soldi, le piante tenute a stecchetto nei luoghi dove piove poco e la gente è molto distratta. La neve che ricopre le balaustre dei balconi decorati in un secolo diverso da questo, la gente affacciata in attesa di una processione ritardata da chissà quale mistero. Il suggerimento di un mondo senza telefoni non basta ad allontanarci da questo, in cui i telefoni esistono e sono minuscole voci di persone amiche, più vicine alle orecchie che allo stomaco o al sesso. Il telefono a gettoni che teneva la mamma di Glauco sospesa nella mente del padre, mentre lui era in tournée e dimenticava le bellezze di Cuba gloriosa. Non ritirate i vestiti se piove, lasciateci fotografare il sapore amaro di un inusuale pasticcio senza drogarlo con la merce che compriamo per noia. Rifuggiamo la soia, ma forse dovremmo anche rifuggire gli spaghetti, a meno che non siano intrisi di sugo. E calmi e sapidi e misteriosi e sfuggevoli. Il vizio di alzarsi a carpire quella sgusciante parafrasi della vita con le mani, spalancando le fauci sotto una cascata gialla e bianca.
Arrakis, il pianeta delle sabbie. Twiser, Risico, il viaggio interplanetario da fermi assecondando la rotazione terrestre. Il caldo come ambientazione preferenziale per un mondo morente, Icaro dalle ali di c'era. La statua della libertà affondata nella sabbietta del gatto, inclinata. La balaustra che orna la fiaccola è vuota di persone, ma piena di albatross con gli occhiali da sole, adoratori dell'astro come pochi altri sulla terra, pronti a portare la sventura sui sensibili e sui miti, sugli scaramantici e gli affamati. Prende senso la logica di tornare ad essere primati, pur di essere primi in qualcosa - dimenticare la tecnica che ci permetteva di costruire i balconi dell'inesplorata Verona.
sabato, febbraio 02, 2013
Krating Daeng: metamorfosi dell' operaio
Quella notte davanti alla Bussola
nel freddo di San Silvestro
quella notte di Capodanno
non la scorderemo mai.
Arrivavano i Signori
sulle macchine lucenti
e guardavano con disprezzo
gli operai e gli studenti.
Le Signore con l' abito lungo
con le spalle impellicciate
i potenti col fiocchino
con le facce inamidate.
Eran gli stessi Signori
che ci sfruttano tutto l' anno
quelli che ci fanno crepare
nelle fabbriche qui attorno.
Son venuti per brindare
dopo un anno di sfruttamento,
a brindare per l' anno nuovo
che gli vada ancora meglio.
Non resistono quei compagni
che li han riconosciuti
ed arrivano i pomodori
ed arrivano gli sputi.
Non parlava mai del suo lavoro. Un operaio non ne parla. Poi coi suoi amici no, alcuni erano anche dei pezzi grossi, non ne parlava mai.
Non era solo questo, era anche educazione, aveva una naturale propensione per il non occupare troppo spazio. Ma se gli facevi qualche domanda lui ti rispondeva. Sempre per educazione. Che era un po' faticoso, ma era il suo lavoro. Compagno Ceccanti.
Per difendere gli sfruttatori
una tromba ha squillato
quando già i carabinieri
hanno corso ed han picchiato.
Come son belli i carabinieri
quando picchiano con le manette
i compagni studenti medi
dai quattordici ai diciassette.
Non la smettono di picchiare
se il colonnello non alza un dito
sono l' immagine più fedele
del nostro ordine costituito.
Già vediamo i carabinieri
che si stanno organizzando
per iniziare la caccia alluomo
con pantere ed autoblindo.
Compagno Ceccanti non era uno yes man, un sottomesso, uno alla giapponese; era soltanto educato, troppo educato per la sua posizione sociale. E infatti era la prima cosa che saltava all' occhio, conoscendolo. Non era per via della famiglia, nè per quella che alcuni chiamano la dignità del lavoro: era così per inclinazione.
Non possiamo andare via
né lasciare i dispersi
siamo ormai tagliati fuori
per raggiunger gli automezzi.
Decidiamo di resistere
e si fan le barricate
sono per meglio difenderci
dalle successive ondate.
Dalla prima barricata
alla zona dei carabinieri
sono circa 40 metri
tutti sgombri e tutti neri.
Quando cominciano ad avanzare
uno di loro spara in aria
i compagni tirano sassi
per cercare di fermarli.
Era l' ultima notte, sull' insegna sbiadita un prosaico Società di mutuo soccorso; aveva quell' odore di ideali calpestati e di regime accarezzato. Ci avevano provato a chiuderla, almeno due o tre volte in settant' anni. Non c' erano riusciti, loro, i padroni. Ora chiudeva senza combattere perchè non c' erano più operai. A parte quel Ceccanti, operaio specializzato, e altri due o tre.
Loro si fermano un momento
poi continuano ad avanzare
non è più uno soltanto
sono in molti ora a sparare.
Dalla prima barricata
vediamo bene le pistole
ma dalla seconda i compagni pensano
che siano colpi di castagnole.
Ci riuniamo tutti insieme
alla seconda barricata
e gli sbirri tornano indietro
vista la brutta parata.
Ancora un' ora di avanti indietro
noi con i sassi loro sparando
e tutti crediamo che sparino a salve
anche da dentro un' autoblindo.
Ma ad un tratto vedo cadere
un compagno alla mia destra
in ginocchio con un buco
ed il sangue sui calzoni.
Mi volto e grido "Sparan davvero!"
e corro indietro di qualche passo
due compagni portano a spalle
il ferito alla gamba.
Era educato. E non sapeva dire di no alle persone che amava. Lei prima fra tutte; lei che quasi certamente lo tradiva. La storia andava avanti da un po'. Si faceva bella e usciva. Esco con le amiche! Si faceva bella, come si usa dire, ma lui non poteva accorgersene perchè l' aveva sempre vista bella. La coglionaggine del cuore. Lei, manco a dirlo, non era niente di che: era una di quelle donnette sciape, che ad un casting per un romanzo di appendice vengono scelte per qualche ruolo secondario del quale nessuno si ricorda. Sono le stesse che nella loro banalità, e non perchè particolarmente laide, fanno storcere la bocca in disprezzo al lettore più sensibile.
Correndo forte sulla strada
con alle spalle i carabinieri
vedo Ceccanti colpito a morte
trasportato sul marciapiede.
Malgrado gli sforzi per aiutarlo
è difficile trovar soccorso
mentre gli sbirri ti corrono dietro
e non ti danno un po di riposo.
Trovata un' auto utilitaria
e portato via Ceccanti
non ci resta altro da fare
che scappare tutti quanti.
Accontentarsi era sempre stata la sua filosofia; ma attenzione. Non accontentarsi di cosacce da poco, accontentarsi delle cose che aveva scelto. Il fatto è che lui voleva vivere sereno e il suo salario da operaio specializzato glielo consentiva. Anzi ci poteva mantenere una famiglia. Meglio di tanti laureati. Aveva iniziato a lavorare a sedici anni dopo le professionali. Questo lui lo sapeva: ed era pronto a chiedere scusa.
Forse alla Bussola per questa notte
i padroni si sono offesi
loro che ci offendono e che ci uccidono
per tutti gli altri dodici mesi.
Sarebbe meglio offenderli spesso
e non dare mai loro respiro
tutte le volte che lor signori
capitano sotto il nostro tiro.
E a questo punto mi sembra opportuno
fare qualche considerazione
sulle diverse brutte facce
che ci mostra oggi il Padrone.
Lui ha i soldi per comprarci
il lavoro per sfruttare
i suoi armati per ucciderci
la Tivù per imbrogliare.
A noi non resta che ribellarci
e non accettare il gioco
di questa loro libertà
che per noi vale ben poco.
Era più o meno questo che gli passava per la testa quell' ultima notte alla società, mentre guardava gli amici. Con quella faccia che non si può dimenticare: quella faccia triste da chi a nascondino usciva sempre ultimo per liberare tutti e rimaneva fregato.
domenica, gennaio 27, 2013
Pangramma
Se è vero che i mezzi pubblici sono rimasti la cosa più simile ad un monastero, in cui delle persone condividono silenziosamente uno spazio, allora mi sento più sereno e libero di dire quello che voglio.
Et cetera et cetera...
Questo post, questo intero percorso, comincia con un SE.
Questo, secondo la logica del mondo, rende inutili tutte le mie parole (la storia non si fa con i "se" e con i "ma") riducendo l'esistenza all'esistente. Fatico tuttavia ad accettare che le ipotesi, le supposizioni e le reinterpretazioni non arricchiscano la realtà, facendo in effetti parte della Storia.
Molti del racconti di Philip K. Dick si concludono. Nel senso che la conclusione del racconto coincide, spesso e volentieri, con la conclusione dell'esperienza della realtà dell'oggetto del racconto, che trascina nel nulla con se tutti gli altri elementi con cui ha condiviso lo svolgersi della storia. Quindi si potrebbe discutere sul fatto che questi racconti, e non quelli che terminano con un laconico "fine", non siano in realtà gli unici finiti davvero. Esistono quindi universi congelati a metà del loro essere, nati da qualcosa e non dal nulla, morti ma ancora esistenti, prigionieri e distanti dal niente cui anelano tornare.
Un blog, iPiroga, I Tre Caballeros, non è poi tanto diverso da una serra in cui le realtà vengono seminate già adulte per poi scomparire, dopo un timido e non letto vagito, pur continuando ad esistere. L'approccio della critica e dell'autocritica conterrebbe quindi al suo interno una sorta di eutanasia delle storie, la cesoia che recide quei rami secchi nati da se e dai ma, che reclamano al pari del fusto la linfa per continuare ad esistere. Un blog, iPiroga, I Tre Caballeros, ha però la possibilità di meta-auto-criticarsi, richiamando eventi passati come futuri, ri-linkando nel nuovo il vecchio ed il nuovo nel vecchio. Re-intepretando, esaminando negli scritti odierni elementi delle loro forme giovanili e viceversa, aggiustando il tiro e ricucendo tanti piccoli strappi nel tessuto connettivo della realtà in un unico squarcio portante.
Come se tanti piccoli addii potessero unirsi gli uni con gli altri per diventare un saluto, se non proprio un addio vero e proprio. Come se le contingenze elementari potessero mettersi d'accordo, rompendo il silenzio che vige tra le coscienze sui mezzi pubblici, generando piccoli fatti accidentali ma premeditati.
A chi mi chiede se tornerà mai il fumetto degli iPiroga rispondo ugualmente che se il futuro è già qui potrebbe essere interessante cercare di capire come lo vivremo e quindi scegliere di viverlo, tenendo aperti i nostri piccoli occhi. Le memorie non vanno traviate ma devono essere libere di esserlo, perché delle indicazioni per non ingarbugliare la matassa della realtà percepita non coincidono con quelle utili a non ingarbugliare la Realtà che se ne frega di essere percepita o meno.
Et cetera et cetera...
sabato, gennaio 26, 2013
"Una ferma presa di posizione"
Facebook:
Il 90% dei neo iscritti ha appena troncato una relazione duratura con il proprio partner.
Il 95% di coloro che sono già iscritti intensifica la propria attività in conseguenza di un abbandono.
Nella foga da agenzia di stampa, qualche pivello del giornalismo da tabloid ora commenterebbe: "dati allarmanti".
Dati allarmanti è una di quelle amene espressioni giornalistiche che sono diventate frasi fatte prima, un topos scaduto poi.
Credo che esistano fra voi degli esperti di grammatica, gente dotata di questa passione perversa: ecco, voi, i grammatici, chiamate queste formule stereotipi. Per un amante della lingua sono una "macabra scoperta". Quante volte dovremo ancora sopportare formule così vuote e inespressive.
Fino all' Apocalisse, sostantivo femminile.
Quindi siete al corrente dei suddetti dati allarmanti?
Certo, siete al corrente, mi avete informato voi.
So cosa vi aspettate, un' aspra critica alla Guenon, sono questi, è vero, i segni dei tempi. Ma non ho alcuna velleità di censore, non mi diverte più mettere alla berlina chi non si è soffiato il naso e ha il moccolo.
Messaggio per coloro che aspettano l' Apocalisse: non solo è vicina, ci siamo a bagno; si apocalisse è sostantivo femminile.
Non mi perderò in una qualche requisitoria, oh mores, non dirò guarda! lo stronzo di turno! Non farò i buoni e i cattivi sulla lavagna o sul diario come vi hanno insegnato a scuola. Sono quelle "nette opposizioni" alle quali nessuno crede seriamente, ma che uniscono alla forza dell' abitudine la forza delle cose che ti sono inculcate da piccolo. Mangia la minestra o salta dalla finestra; ma perchè, ma che senso ha, qualcuno mi spieghi perché non si possono fare tutte e due. Con buona pace di Galileo, un corpo pieno di minestra, pesa di più e cade più veloce. E tuf! "un' agghiacciante scoperta"
Non voglio fare come quei tabacchini che ieri vi dicevano (con "un atteggiamento fermo e responsabile") che è triste vedere tanta gente che si rovina col fumo. Ora hanno cambiato litania: com' è triste vedere tanta gente che si rovina col gioco. Ma i tabaccari come fanno a saperlo, sono tutti assistenti sociali? No. Allora sono... sociologi? No, è che hanno riempito la loro bottega di macchinette mangiasoldi ("una clamorosa truffa"). E sono affiliati a una qualche agenzia che ti permette di scommettere anche sul numero di peli del culo del principino Harry ("un vergognoso baratto"). Ecco come lo sanno.
E' triste sì, ma se non lo faccio io, tanto lo fa qualcun altro .
In poche parole "Una decisione sofferta".
Il 90% dei neo iscritti ha appena troncato una relazione duratura con il proprio partner.
Il 95% di coloro che sono già iscritti intensifica la propria attività in conseguenza di un abbandono.
Nella foga da agenzia di stampa, qualche pivello del giornalismo da tabloid ora commenterebbe: "dati allarmanti".
Dati allarmanti è una di quelle amene espressioni giornalistiche che sono diventate frasi fatte prima, un topos scaduto poi.
Credo che esistano fra voi degli esperti di grammatica, gente dotata di questa passione perversa: ecco, voi, i grammatici, chiamate queste formule stereotipi. Per un amante della lingua sono una "macabra scoperta". Quante volte dovremo ancora sopportare formule così vuote e inespressive.
Fino all' Apocalisse, sostantivo femminile.
Quindi siete al corrente dei suddetti dati allarmanti?
Certo, siete al corrente, mi avete informato voi.
So cosa vi aspettate, un' aspra critica alla Guenon, sono questi, è vero, i segni dei tempi. Ma non ho alcuna velleità di censore, non mi diverte più mettere alla berlina chi non si è soffiato il naso e ha il moccolo.
Messaggio per coloro che aspettano l' Apocalisse: non solo è vicina, ci siamo a bagno; si apocalisse è sostantivo femminile.
Non mi perderò in una qualche requisitoria, oh mores, non dirò guarda! lo stronzo di turno! Non farò i buoni e i cattivi sulla lavagna o sul diario come vi hanno insegnato a scuola. Sono quelle "nette opposizioni" alle quali nessuno crede seriamente, ma che uniscono alla forza dell' abitudine la forza delle cose che ti sono inculcate da piccolo. Mangia la minestra o salta dalla finestra; ma perchè, ma che senso ha, qualcuno mi spieghi perché non si possono fare tutte e due. Con buona pace di Galileo, un corpo pieno di minestra, pesa di più e cade più veloce. E tuf! "un' agghiacciante scoperta"
Non voglio fare come quei tabacchini che ieri vi dicevano (con "un atteggiamento fermo e responsabile") che è triste vedere tanta gente che si rovina col fumo. Ora hanno cambiato litania: com' è triste vedere tanta gente che si rovina col gioco. Ma i tabaccari come fanno a saperlo, sono tutti assistenti sociali? No. Allora sono... sociologi? No, è che hanno riempito la loro bottega di macchinette mangiasoldi ("una clamorosa truffa"). E sono affiliati a una qualche agenzia che ti permette di scommettere anche sul numero di peli del culo del principino Harry ("un vergognoso baratto"). Ecco come lo sanno.
E' triste sì, ma se non lo faccio io, tanto lo fa qualcun altro .
In poche parole "Una decisione sofferta".
sabato, gennaio 19, 2013
Malcom xxx
Alcuni cartomanti danno un unico significato alle singole carte. Altri invece hanno riguardo anche al verso nel quale vengono scoperte: dritte o a rovescio. Più correttamente.
A me piace quando l' Appeso esce al rovescio. Provo dei buoni sentimenti per quell' uomo che non riesce a decollare, legato come uno dei palloncini del Luna Park della località balneare dove andavate d' estate. Forse a voi non piaceva; ma non c' era nient' altro da fare, alla sera.
L' Appeso, Pamela Colman Smith
Casa sua era un labirinto.
Di pornografia.
Casse di porno. Vecchi VHS con qualche
grande successo vintage.
Giornaletti del tempo del liceo, o
forse anche prima.
C' era anche quell' amatoriale che
aveva portato nonno, indietro dalla Thailandia; gliel' aveva fottuto
la sera in cui aveva tirato le cuoia. Vecchio porco bastardo, era
andato là a dar fondo al patrimonio di famiglia. Era tornato con
quel sorriso beato e fuori dalla chiesa qualcuno aveva azzardato che
era passato da un paradiso terrestre a uno celeste. Il Purgatorio
dovevano essere stati quei due giorni intercorsi fra la data del suo
ritorno e quello della sua definitiva partenza; questa precisazione
risulta necessaria per coloro che si attengono alla dottrina
cattolica post tridentina, che riconosce l' esistenza del Purgatorio.
Lui sapeva che quei due giorni non potevano essere bastati a nonno. E
ripensandoci meglio aveva cominciato proprio con quell' amatoriale la
sua collezione, la sua mania, la sua obsessio: forse quella cassetta
aveva una macumba o qualche altra diavoleria simile. E forse la
ragazza del video non era neanche maggiorenne. Anzi, per dirla tutta,
non lo era.
Capite bene, anche se siete dei dogmatici non particolarmente ferrati, che queste considerazioni
ostavano alla salvezza di nonno. E Malcom,
come si presentava in video-chat, era un dogmatico.
Poi aveva anche Dvd e Blu-ray. Non lo
facevano impazzire; troppo definiti, perdevano, secondo lui, la
dimensione del sogno.
E poi c' era tutto il porno che non si
vedeva: quello storato in vari hard disk mobili; perchè si sa, chi,
come Malcom, è nato con un porno fatto in una certa maniera, non
voleva rassegnarsi a visionare qualche video in streaming. La cosa lo
faceva sentire a disagio, impoverito, era un vulnus alla sua
soddisfazione, ai suoi complessi di dominatore: doveva materialmente
possedere quei byte. Certo, ogni tanto faceva anche quello,
bazzicava, come si dice di quei puttanieri in bicicletta, faceva il
pornografo peregrino, per tenersi aggiornato. Era uno che voleva
essere dottore, in materia. Scriveva anche qualcosa, sui forum
dedicati: aiutava gli utenti più acerbi, meno preparati, a trovare
quella starletta che compariva da 31.40 a 33.10, lì sullo sfondo, in
secondo piano. Non quella bionda che si sta masturbando, l' altra,
quella che sembra lì per caso. Amava quella domanda: come si
chiama; e la seconda lo mandava in visibilio: ha fatto altri film.
Era il paladino di quei novellini primopelo: un venerabile Beda del
porno.
Il più grande porno labirinto era
nella sua testa. Era disordinato ma efficiente. Non dimenticava mai
un nome o una scena. Andava a dormire con tanti flash pornografici.
Si svegliava con tanti flash pornografici; li sognava. E quando se ne
andava in giro, girava un porno. Con la fantasia, se vi piace la
parola, ma in versione riveduta e corretta, catechizzata da una
quarantina di scene tipiche. Nella vita, manco a dirlo, Malcom era un
perfetto fallito; e poi non era abbastanza schizzato per non
rendersene conto.
Non ci faceva neanche caso a quella
valanga di porno disseminati per casa, tanti erano i porno impressi
indelebilmente nella sua memoria. Era come Platone: bisogna sapere
più di quanto si scrive di sapere; lui uguale, bisogna conoscere più
porno di quelli che si possiedono.
E e in verità non ci faceva più caso
da molto tempo, a quell' immenso mucchio di porno intorno a lui.
Poteva continuare così, come un matrimonio di ferro, fra lui e l'
ammasso pornografico. Se le pareti non avessero cominciato a
stringersi come nella parodia porno di Indiana Jones. Proprio così,
le pareti di casa sembravano aver deciso all' improvviso di
stritolarlo. Lui, con le sue collezioni. Avete presente i demolitori
di auto, quelli che riducono a un cubo la vostra beniamina, la vostra
fedele compagna per un decennio, la vostra Fiesta?
Certo che ce l' avete presente. Ma che
patetici quei narratori che si divertono a inventare titoli di film
porno. Io sono uno storico e sento il dovere morale, l' imperativo
categorico, di raccontarvi che il primo VHS a cadere fu quello di
“Carni impazzite”. Fu quello a fargli cambiare idea, a fargli
pensare per la prima volta di farla finita. Se siete dei borghesucci
mettetevi pure la tuba nera di Freud, fatevi un giro di coca e
pensate ad una psicosi.
Aveva acquistato tutto il necessario.
Aveva comprato una di quelle corde spesse, chi è cresciuto vicino al
porto sa di cosa sto parlando. Prima erano di iuta intrecciata, oggi
le fanno sintetiche: durano di più, costano di meno e non fanno più
quella porca figura di un tempo. Lui le conosceva per altri motivi:
le aveva viste almeno un milione di volte nelle sue proiezioni. Non
aveva mai avuto il coraggio di ammettere che gli piaceva quel genere
di robette. L, aveva fatto un punto d' onore. Ma quel giorno, il suo
ultimo giorno, con rammarico, aveva deciso di essere sincero: aveva
sentito che all' inferno c' era un girone apposito per chi dice che
il sadomaso no, non fa per lui. Sembrava quel cazzo di Charlie
Chaplin nipponico che si inchino' davanti al generale MacArthur,
subito dopo aver ammesso alla radio che lui, l' imperatore, era un
figlio di putttana come, e probabilmentè più, degli altri; e, in
poche parole, che non si trattava di discendenza divina.
Aveva scelto di morire. Era davvero un
po' patetico, con quella saponetta in mano; aveva sentito che il
sapone rendeva più facile lo scorrere della corda. Su wiki, si, era
lì che l' aveva letto; gli piaceva wiki, subito, appena creata, gli
piaceva l' idea, e per tanto tempo aveva curato la sezione hard. Poi
basta; lui era un innamorato della pornografia: e lì, ecco, non si
faceva una buona informazione.
Fa il nodo, lancia la corda, la anndoda
alla trave, la sedia, è tutto pronto.
Gli sembrava di essere sul set di “per
una pugnetta di troppo”, un porno western. Cazzo una produzione che
lo arrapava parecchio, ma troppo limitata e con attrici di seconda
categoria.
La morte, la morte, la morte è una
cosa seria, non doveva pensare al suo porno. Però aveva anche
sentito di uomini che si vantavano di morire come avevano sempre
vissuto.
Calcia la sedia. E' appeso. Signore, se
mi liberi non ti offenderò più con queste cosacce: lo dice piano.
Il nodo si spezza. O meglio, si scioglie. Lui cade a terra. E' quasi
incolume: nella caduta la sedia rovesciata e i suoi testicoli sono
entrati in rotta di collisione. Un segno?
Qualche giorno resiste, sulla scorta
dell' esperienza e del dolore.
Poscia, più che 'l dolor, poté 'l
digiuno.
Sorride: ma che Signore degli Eserciti, era il nodo
che era fatto male.
Curatore testamentario
Il mendicante arabo ha un cancro nel cappello, ma è convinto che sia un portafortuna.
Elisa Boccedi, Il Cappellaio Matto.
Aveva avuto la diagnosi.
L' ennesima diagnosi; l' ennesima malattia. Che si aggiungeva alla lista.
Ed era arrabbiata. Sapeva che in qualche modo era lei stessa la causa di quella nuova malattia. Che si aggiungeva alle altre dalle quali era affetta.
Anche quel male non le piaceva. E qualcuno potrebbe stupirsi del motivo: non è difficile da capire. Non è neanche il Vangelo. E' una verità: quel male non le piaceva perchè non era male abbastanza, non era come se l' era immaginato, come lo aveva voluto, come lo aveva desiderato.
Era arrabbiata. Nella folle solitudine dell' insicurezza, nel pensiero che si ripete fino a diventare ossessione, era lei che l' aveva desiderato. In quelle notti assurde, passate a inseguire sogni irrealizzabili o incubi, era stata lei a volerlo.
Come si desidera un figlio e al tempo stesso si ha paura: tanta paura. Ma lei era arrabbiata. Quel male era il male sbagliato. Quel male non l' avrebbe uccisa; almeno non direttamente e in tempi brevi. Era arrabbiata perchè non si trattava di un male lieve ma neanche di un male tragico.
Lei voleva solo essere libera. E quel male non l' avrebbe autorizzata a fare tutto cio' che voleva, a dare di matto, a inseguire un' idea malsana o a diventare una santa fottuta. Quel male la lasciava nella palude melmosa della mediocrità: lei che era una sirenetta. Questo male le toglieva qualcosa e non le restituiva niente, come un aborto. Era irreversibile, inguaribile; era lo specchio di qualche ferita. Lei non voleva essere curata: voleva solo diventare libera. Non voleva essere compatita. E così, ora, il problema si poneva di nuovo: non se ne sarebbe andata abbastanza velocemente e doveva trovarsi un uomo.
Un uomo come lo voleva lei, almeno quello. Quell' uomo doveva essere insensibile alla sua malattia. Uno di quegli esseri incredibili dotati di qualche stupido maniacale hobby. Si, ci teneva a salvaguardare il ruolo della martire in faticosa lotta contro forze che si oppongono alla sua realizzazione. Lei voleva che lui la trascurasse: magari per qualche stupido maniacale motor show. Si sarebbe stufata di lui, certo, un giorno. E quel giorno gli avrebbe rinfacciato di essere un maschio egoista. Si sarebbe stufata: si sa, i futuristi sono dinamici e si illudono di poter passare sopra la vita con la mitraglia della loro motocicletta.
Poi avrebbe pianto. E poi tutto sarebbe ricominciato da capo fino all' ultimo male. Quello che l' avrebbe uccisa. Quello che avrebbe fatto di lei una paziente terminale:
in quel momento, forse, desiderò guarire.
Gloria in excelsis Sirenetta.
Elisa Boccedi, Il Cappellaio Matto.
Aveva avuto la diagnosi.
L' ennesima diagnosi; l' ennesima malattia. Che si aggiungeva alla lista.
Ed era arrabbiata. Sapeva che in qualche modo era lei stessa la causa di quella nuova malattia. Che si aggiungeva alle altre dalle quali era affetta.
Anche quel male non le piaceva. E qualcuno potrebbe stupirsi del motivo: non è difficile da capire. Non è neanche il Vangelo. E' una verità: quel male non le piaceva perchè non era male abbastanza, non era come se l' era immaginato, come lo aveva voluto, come lo aveva desiderato.
Era arrabbiata. Nella folle solitudine dell' insicurezza, nel pensiero che si ripete fino a diventare ossessione, era lei che l' aveva desiderato. In quelle notti assurde, passate a inseguire sogni irrealizzabili o incubi, era stata lei a volerlo.
Come si desidera un figlio e al tempo stesso si ha paura: tanta paura. Ma lei era arrabbiata. Quel male era il male sbagliato. Quel male non l' avrebbe uccisa; almeno non direttamente e in tempi brevi. Era arrabbiata perchè non si trattava di un male lieve ma neanche di un male tragico.
Lei voleva solo essere libera. E quel male non l' avrebbe autorizzata a fare tutto cio' che voleva, a dare di matto, a inseguire un' idea malsana o a diventare una santa fottuta. Quel male la lasciava nella palude melmosa della mediocrità: lei che era una sirenetta. Questo male le toglieva qualcosa e non le restituiva niente, come un aborto. Era irreversibile, inguaribile; era lo specchio di qualche ferita. Lei non voleva essere curata: voleva solo diventare libera. Non voleva essere compatita. E così, ora, il problema si poneva di nuovo: non se ne sarebbe andata abbastanza velocemente e doveva trovarsi un uomo.
Un uomo come lo voleva lei, almeno quello. Quell' uomo doveva essere insensibile alla sua malattia. Uno di quegli esseri incredibili dotati di qualche stupido maniacale hobby. Si, ci teneva a salvaguardare il ruolo della martire in faticosa lotta contro forze che si oppongono alla sua realizzazione. Lei voleva che lui la trascurasse: magari per qualche stupido maniacale motor show. Si sarebbe stufata di lui, certo, un giorno. E quel giorno gli avrebbe rinfacciato di essere un maschio egoista. Si sarebbe stufata: si sa, i futuristi sono dinamici e si illudono di poter passare sopra la vita con la mitraglia della loro motocicletta.
Poi avrebbe pianto. E poi tutto sarebbe ricominciato da capo fino all' ultimo male. Quello che l' avrebbe uccisa. Quello che avrebbe fatto di lei una paziente terminale:
in quel momento, forse, desiderò guarire.
Gloria in excelsis Sirenetta.
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