Sono le undici e venticinque di un tranquillo lunedì elettorale. Qualcosa ricorda il finale di A Serious Man: come in tutti i film, gli spettatori escono dal cinema.
Glauco ha trent'anni, è rosso di capelli, alto, bello e muscoloso. Ha gli occhi velati di lacrime, ascolta i Sonic Youth, legge fumetti Bonelli, adora i Fruttolo e lo sci.
Si dice che Glauco sia omosessuale, ma questo non importa. Vive in una di quelle realtà parallele, in cui le balle non solo sembrano ma sono vere. Glauco ha la ragazza: una modella francese che lo ama alla follia. Lei vive a Parigi e gli è molto fedele. Ha gambe lunghissime che Glauco va a trovare ogni tanto, durante certi weekend quando non deve spaccare la legna nella casa in campagna degli anziani genitori. D'estate fa il bagnino e si consola con una nuotata quando Parigi gli manca troppo per piegare i lettini con la dovuta concentrazione.
Il resto dell'anno sbarca il lunario dipingendo miniature, che poi rivende su Ebay. Certi tedeschi vanno matti per le miniature. In Francia, purtroppo, il suo stile prende meno. Ha avuto una storia col porno, lunga e duratura, ma poi è finita con la stessa naturalezza con cui era iniziata.
Ma Glauco non è il protagonista di questa storia. Sapere tutto di lui non lo rende tale e non gli impedisce di esserlo comunque. Il nostro occhio narrativo conosce ogni suo angolo, ma il cuore del nostro interesse è altrove. Un luogo di persona di cui non conosciamo nemmeno la posizione. L'amore funziona anche così: prima credi di ascoltare una canzone dei R.E.M. e dopo ti accorgi di stringere un abbraccio caldo come un phon.
Questi balconi italiani ti distraggono, reclamano di essere guardati per ore ed ore. Le loro forme a volte voluttuose, a volte di chiaro stampo marxista. Coi vasi di cotto da quattro soldi, le piante tenute a stecchetto nei luoghi dove piove poco e la gente è molto distratta. La neve che ricopre le balaustre dei balconi decorati in un secolo diverso da questo, la gente affacciata in attesa di una processione ritardata da chissà quale mistero. Il suggerimento di un mondo senza telefoni non basta ad allontanarci da questo, in cui i telefoni esistono e sono minuscole voci di persone amiche, più vicine alle orecchie che allo stomaco o al sesso. Il telefono a gettoni che teneva la mamma di Glauco sospesa nella mente del padre, mentre lui era in tournée e dimenticava le bellezze di Cuba gloriosa. Non ritirate i vestiti se piove, lasciateci fotografare il sapore amaro di un inusuale pasticcio senza drogarlo con la merce che compriamo per noia. Rifuggiamo la soia, ma forse dovremmo anche rifuggire gli spaghetti, a meno che non siano intrisi di sugo. E calmi e sapidi e misteriosi e sfuggevoli. Il vizio di alzarsi a carpire quella sgusciante parafrasi della vita con le mani, spalancando le fauci sotto una cascata gialla e bianca.
Arrakis, il pianeta delle sabbie. Twiser, Risico, il viaggio interplanetario da fermi assecondando la rotazione terrestre. Il caldo come ambientazione preferenziale per un mondo morente, Icaro dalle ali di c'era. La statua della libertà affondata nella sabbietta del gatto, inclinata. La balaustra che orna la fiaccola è vuota di persone, ma piena di albatross con gli occhiali da sole, adoratori dell'astro come pochi altri sulla terra, pronti a portare la sventura sui sensibili e sui miti, sugli scaramantici e gli affamati. Prende senso la logica di tornare ad essere primati, pur di essere primi in qualcosa - dimenticare la tecnica che ci permetteva di costruire i balconi dell'inesplorata Verona.
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5 commenti:
albatri
Ah Coleridge
Samuel Taylor Coleridge Forrester, figlio di Stefany e del vecchio Marone
il balcone di giulietta porcaputtana
Che figata
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