mercoledì, settembre 18, 2019

Wider than a mile

La luna, alta nel cielo, sembra un piatto svuotato dopo una grande festa.
Che cosa avrà contenuto?
Inutile domandarselo: non ricordo mai cosa ho mangiato la sera prima.


- Signora, la sua lavastoviglie è pronta: le consiglio di usare il prodotto che ho lasciato sul piano della cucina già dal primo utilizzo. Non se ne pentirà.
- Grazie infinite, lei è stato davvero gentile e discreto.
- Ci mancherebbe altro, è il mio lavoro.
- Certamente; è ovvio.
- Bene, dunque, allora vado.
- Permette, io, forse, lei gradirebbe...un caffè?
- Non bevo caffè signora, per i denti.

Al picchiettare di quell'unghia contro lo smalto, i nostri occhi si aprono improvvisamente. Riacquistiamo subito la percezione della profondità e del colore: innaturalmente, come solo il cinema sa fare. Un attimo prima c'era la luna, adesso: una coppia male assortita.
Lui con la tuta blu e grigia, impreziosita soltanto dal logo della ditta, cucito sul cuore.
Lei rosa e beige, come il viso di un bambino febbricitante. Ciabatte azzurrissime e luccicanti: uno scialle dello stesso colore le riprende, mozzandole simbolicamente la testa.

- Per i denti?
- Certo: ha un'idea?
- Lo immagino...ma quindi, che posso offrirle?
- Signora, mi permette di essere indiscreto?

Silenzio. La sua mente riporta cautamente a galla il concetto di discrezione. Lei lo ha ringraziato per essere stato discreto e adesso lui chiede di non esserlo più? Cosa intende fare?
Il permesso non va mai dato con tanta facilità: spesso, le avventure meno piacevoli cominciano proprio con il consenso.
- Deciderò dopo la sua proposta.
- Molto arguta: questo rafforza la mia convinzione. Signora, io vorrei leggerle i Tarocchi.
La signora esala il respiro trattenuto con un sussulto, emettendo un verso inintelligibile: che sia un latrato, una frase interrotta dal pudore, o un rutto? Non ci è dato saperlo.
- Badi bene che i miei non sono Tarocchi normali, sempre che ne esistano di simili. Diciamo che sono Tarocchi non convenzionali.
- Tutto qui? Vuole solo leggermi le carte? Il futuro?
- Esattamente.
- Ed è una cosa che si fa da vestiti?
L'idraulico sorride.

Il tavolo è posizionato proprio di fronte al camino acceso, così che nessuno dei due abbia troppo freddo. Lei, pudicamente indecisa se tenere il seno sopra o sotto il piano del tavolo, opta per un'innaturale posizione inclinata che svela un capezzolo nascondendo l'altro.
L'idraulico è in brodo di giuggiole ma cerca di mantenere un certo decoro, aiutato dal piano del tavolo.
- Come le spiegavo, il mio mazzo è piuttosto speciale. Capirà tutto man mano che escono le carte, d'accordo?
- D'accordo.
La signora si morde il labbro: eccolo, il consenso! Sente di aver tradito se stessa, come quando si risponde al call center "si" invece della generica risposta affermativa, con il lecito terrore che la registrazione di quell'unico "si" possa essere utilizzata per i fini più loschi.
Ormai però, la signora è troppo nuda e troppo curiosa per preoccuparsi davvero: dietro indicazione dell'idraulico chiude gli occhi e si lascia condurre nella lettura.

- La prima carta riguarda il passato: si concentri sui suoi piedi, essi sono la parte di noi che più lo rappresenta. Cerchi di ricordare le ore di questa giornata, il mio arrivo in questa casa. Poi, indietro fino al giorno in cui la lavastoviglie si è rotta. Ancora: il giorno in cui l'ha acquistata. Indietro, fino al primo ricordo che ha di una lavastoviglie. Giù, dritta all'anno in cui fu inventata; ora proceda a ritroso fino all'anno in cui qualcuno desiderò, per la prima volta, che esistesse qualcosa di simile. Non importa se non conosce la vera storia: il nostro è un viaggio metaforico.
L'idraulico gira la prima carta e la signora non può fare a meno di sbirciare.
- Il Rolex. Uno degli arcani maggiori dei Tarocchi più simbolici. C'era un uomo nella sua vita, non è vero?
La signora ha un sussulto ed annuisce, mentre i capezzoli si allineano, portandosi entrambi sopra al piano del tavolo.

- Ora è il momento di guardare al presente. Non serve essere pronti: il presente è già presente!
La seconda carta viene girata con uno schiocco: la signora attende trepidante.
- Il CD piratato. Molto interessante: ne ha mai posseduto uno? Questo è il simbolo della ricorrente transitorietà delle cose. Lei sta vivendo un momento di passaggio tra la sua vita e la prossima. Questo è un momento illecito, imprevisto: il simulacro di ciò che le spettava veramente.
- Un'altra vita...
Sussurra la signora annuendo.
- Prima di guardare al futuro, dobbiamo ragionare perpendicolarmente al tempo: da dove viene e dove sta andando, metafisicamente? Per capire il punto di partenza, le chiedo di pensare intensamente al suo letto.

L'idraulico gira la carta e rimane un momento in silenzio.
- Ah, la Finanza.
- Perbacco, è un cattivo segno?!
- Non è certo un segno di semplice lettura, specialmente in questa posizione. Ma non sempre la Finanza è un male nella lettura dei Tarocchi: in questo caso, può significare che lei ha una personalità forte che la costringe in dogmi che non le appartengono. Probabilmente, il suo punto di partenza le è stato imposto da qualcun altro. Se però lo leggiamo in combinazione con il CD piratato di prima, possiamo pensare che la Finanza non sia davvero riuscita in questo obiettivo: dico bene?
La signora versa un'unica lacrima, senza rispondere.
- Vediamo la sua prossima destinazione metafisica: pensi alle ferie.
Un'altra carta viene girata sul tavolo con grande solennità.
- Ecco: sì, molto interessante.
- Che cosa dicono le carte?
- È uscito un Tarocco molto particolare: la scatola dell'iPhone. Di solito rappresenta la truffa e l'inganno, ma in questa posizione può significare anche la possibilità: c'è un iPhone nella scatola, o è solo un mattone? Solo aprendo la scatola potremo scoprirlo.
- Capisco...

- Signora mia, siamo giunti all'ultima carta, è pronta?
La donna annuisce e l'idraulico gira la carta. Che ore si sono fatte? Il tempo sembra essere rimasto a terra, accanto ai loro vestiti, in attesa di tornare sulla scena. Una nuova carta compare accanto alle altre.
- Ah, magnifico!
- Posso vedere?
- Non ancora, mi lasci finire. È uscita la luna.
- La luna?
Chiede sorpresa lei, ripensando alla luna della sera prima vista quello stesso mattino, andando a buttare l'umido.
- La luna è il Tarocco per eccellenza. Il pianetino spento che specchiando una stella diventa suo pari. Cosa sono in fondo, i Tarocchi? Senza gli originali non sarebbero niente, così come ci appaiono niente al loro cospetto: in questa parabola tra uno zero e l'altro c'è tutto il mondo: ogni massimo, ogni assoluto. Il Tarocco è la versione di noi veramente libera, che è senza costrizioni, senza qualità, senza controllo. Deve sapere che la luna viene chiamata anche il Tarocco autentico.
- E in questa posizione, ha un significato buono oppure cattivo?
- Signora, lasci che le dica una cosa: lei ha veramente due occhi fantastici.
- Ma se li ho tenuti chiusi quasi tutto il tempo!
L'idraulico sorride ancora una volta, mettendo sul piatto del giradischi il lato A di "Moon River".
- Appunto.

sabato, settembre 14, 2019

Taurus at nadir


Si chiamava Mariopieromarcello ed abitava in Vico dei Fornai.
Tutti però lo chiamavano il Santo di Vico dei Fornai perché tanti anni prima aveva salvato una bambina da un incendio.
Quando passava per strada le donne, specialmente quelle più anziane, si facevano il segno della croce e chiedevano perdono per peccati che nemmeno avevano commesso. Gli uomini fingevano di non vederlo, perché ne erano invidiosi, eppure nutrivano per il Santo un enorme rispetto. Come di quelli che si riserva per il monarca di un altro paese.
Col tempo, la reazione maschile e quella femminile al passaggio del Santo si erano confuse, scambiandosi e mescolandosi. Questo processo di miscelazione era proseguito ancora, anche dopo che il Santo era morto, nel modo con cui la gente lo ricordava. Gli uomini continuavano a fingere di non vederlo, ma facendosi il segno della croce. Le donne, che ne erano diventate invidiose, continuavano comunque a chiedere perdono; specialmente le più giovani.

Il fatto che si chiamasse Mariopieromarcello era sconosciuto ai più. Eppure, l'impiegato dell'anagrafe che si era occupato della sua registrazione era solito ricordarlo a tutti con grande enfasi. Era un uomo minuto, quell'impiegato, con grandi rughe profondissime dentro cui la storia della penisola aveva seminato i noccioli dei frutti che aveva divorato con maggiore voracità: il seme dell'eleganza, quello della parsimonia, del decoro, del vivere civile. Non erano mai germinati ma forse, un giorno...

Era un mattino di primavera. L'aria tersa faceva capolino dal fondo dei calendari e degli armadi, mettendo in disordine tutte le sciarpe e tutti i berretti. Arrivava da est, come tutte le cose nuove; ed era diretta ad ovest, dove tutte le cose trovavano la loro fine. Appena tornato dal meridione, un marinaio si ritrovò a constatare con serietà i diversi orientamenti, rispetto al mare e rispetto al sole, delle città che aveva visitato negli ultimi mesi. Nessun posto aveva una disposizione logica come la città che gli aveva dato i natali: le montagne alle spalle, il mare di fronte, il sole che arrivava da sinistra e se ne andava da destra. Il suo capitano non poteva sopportare simili considerazioni, per cui il marinaio le teneva per sé: presto sarebbe diventato un vero marinaio e così, facendosi tutt'uno con il mare, avrebbe rapidamente dimenticato il senso di ogni direzione. Si chiamava Mariopieromarcello, nome preso in prestito da un trisavolo vissuto oltre cento anni prima, che a sua volta aveva ricevuto il nome dal nonno, impiegato all'anagrafe. Era un nome altisonante, che il marinaio a volte fingeva di non sentire, perché ne era invidioso.

Le oche del vicino ascoltano il sax a mezzanotte. Verrebbe da chiedersi perché lo facciano, ma la verità è che non lo fanno. Le oche non vogliono ascoltare il sax, nel senso che non intendono farlo. Il campo delle cose che le oche possono voler fare non comprende l'ascolto del sax, tantomeno a mezzanotte, a meno che non si decida di farglielo ascoltare. Siamo noi a mettere la musica nelle loro orecchie, sempre che anche gli organi delle oche dedicati all'udito abbiano questo stesso nome.
Dimenticare di essere, o di poter essere, parti attive di un'azione è tanto frequente quanto potenzialmente pericoloso. Le nostre menti hanno code di volpi, con cui cancellano le proprie tracce con somma vergogna. Negando l'esistenza delle profezie autoavveranti e delle premonizioni autoevitanti, ammiriamo un gruppo di goffi uccelli radunarsi contro la recinzione, fatalmente attratti dalle note blu di uno strumento a fiato, per farsi cullare col massimo della dolcezza tra le mura riscaldate dal sole di Vico dei Frati Stanchi.

Stava ormai scendendo la sera. Ancora due boe della corsia e poi sarebbe stato sempre meno giorno e sempre più notte, senza ulteriori punti di riferimento per scandire il tempo se non l'orizzonte. Dove sarebbero andati tutti quei pensieri, fatti nel buio di una camera d'albergo, ora che non sarebbero più serviti? Il futuro sembrava molto più reale quando doveva ancora realizzarsi: ora, con il futuro ormai prossimo, sentiva di aver impegnato la propria mente soltanto con elucubrazioni senza senso.
La costellazione del toro sarebbe comparsa timidamente, ancora una volta, da qualche parte agli antipodi, cercando di illuminare un mondo capovolto in cui persino la luce scivolava giù, gocciolando senza fine.

lunedì, settembre 02, 2019

Mutandine

Ovvero: le piccole cose da cambiare.
"Vezzeggiativo" è una di quelle parole che si usano soltanto quando le si studia. Allo stesso modo, "spuma" è tra quelle parole che si possono usare soltanto se si hanno dei nipoti o se si possiede un bar in campagna.


Uno dei miei sogni è quello di creare un museo del profumo, nel senso: un museo dei profumi commerciali. Sarebbe insieme banca e museo, centellinando nei secoli l'odore popolare.
Annusate: questo è Chanel n°5.
Da quest'altra parte, potete apprezzare ciò che avreste sentito limonando una femmina di buona famiglia, a Riccione, nel 1999.

Ci sono dei ragazzi di fronte a me che giocano ad un due tre stella da seduti: lui cerca di avvicinarsi per baciarla sul collo. Il profumo di lui non lo sento, ma posso immaginarlo: sa di sudore, sapone neutro e calze di spugna calde. Quello di lei lo posso sentire: è lo stesso che era di moda in Svezia nel 2003, quando ci fu uno scambio culturale con molti scambi e pochissima cultura.

Il nostro entroterra verde, desaturato dall'autunno, doveva apparire loro come una savana. Mi accorsi quindi che anche il mare, per me incantevole e scintillante, appariva tale soltanto conoscendone già il carattere estivo. Le ginestre, senza fiori e contornate da brevi processioni di formiche, non erano che poveri sterpi, lunghi e proiettati verso il cielo come antenne per la telecomunicazione botanica. Gli insetti sono proprio come i profumi: li trovi anche dove non ti aspetti che ce ne siano. Inoltre, per quanto insignificanti essi siano, possiedono sempre un'identità.

I due ragazzi si scattano un selfie anche se mi sembra sempre che stiano inquadrando me, con la telecamera posteriore. Nel 1999 non avrei avuto dubbi: mi avrebbero allungato una usa e getta chiedendo una foto. Non era che un'altra piccola cosa, meritevole soltanto di essere cambiata.

Non ricordo più che odore abbia lo smog. Sono regredito ad una condizione pura, ignorante, indifferente: da qualche parte esistono problemi di cui non riesco a tollerare l'esistenza; così non ci penso e sto subito meglio. La Svezia è un luogo lontano per cui nutro un interesse remoto, come le stelle e gli orsi polari. Nella fattispecie, è di oggi la notizia che la Svezia abbia finito la propria immondizia. Un pensiero assurdo.
Santuario non è propriamente il termine con cui si è soliti descrivere una discarica, eppure per me è così. Il tempio dell'odore, il retro del mondo. Non si riesce a capire come faccia a puzzare perfino la plastica fino a che non la vedi, attonita, prendere il sole e la pioggia anno dopo anno.
Il marcio che non marcisce: sublime sublimare in puzzo.

Capitan Planet si farebbe una sega guardandomi edificare discariche come luoghi di culto. Il dio Rumenta, che la merda addenta. La dea Cloaca, di piscio ubriaca. Il dio Monnezza, di sudicia ebbrezza. Dove andremo a finire? La dea Fogna, che lo schifo agogna. Le mie unghie sono pulite, i miei polpastrelli sono puliti: tocco più spesso il sapone che la mia stessa pelle. Zygmunt Bauman cerca invano di risalire il torrente della mia memoria per dire qualcosa in merito al concetto di scarto: tiro ancora una volta lo sciacquone della mente, senza pietà. Ogni sciacquone sono oltre cinque litri di ricordi, ma io sono di quelli che non piscia facendo la doccia.

Guardo il museo, la mia banca, il caveau con cui passerò il testimone del mondo alle prossime generazioni, perseguendo il sogno labirintico secondo cui sia possibile vivere nel futuro senza mai passare dal presente: qualcuno la chiama ancora discarica.