Le strade sono piene di gente, ma la gente di cosa è piena? Non dei panettoni ancora incartati nelle scatole di cartone, non dei buoni propositi ancora da fare, non delle sterili critiche alla società consumista a cui partecipiamo, turbati ma felici; pieni non certo dello stupore per le illuminazioni che addobbano la città, queste inutili manifestazioni della nostra tecnica, che come tutte le cose inutili hanno qualcosa d'artistico che le attraversa, dando alla loro presenza quella scintilla d'esistenza che le inchioda tanto alle facciate dei palazzi quanto al reale. Non è certo questo stupore a riempire le persone perché, quando c'è, dura soltanto i primi giorni.
Roma, 30 ottobre 1541
Michelangelo guarda la volta. E' notte, la sua candela illumina poco o niente, ma sa che l'affresco è lì, davanti a lui. Il Giudizio Universale, al buio, sembra essere la cosa più terrena di questo mondo. Sembra di avere il potere di spegnerlo, pensa Michelangelo addentando un pezzo di pizza.
La sala, fredda e piena di sussurri, sembra avvolgersi su se stessa come una rissa. Una scazzottata incredibilmente silenziosa. Il pittore sa di non essere stato lui a scatenarla, ma si sente lo stesso colpevole, mentre guarda il cielo della città eterna. Ripensa alla Centauromachia, sforzandosi di ricordare a cosa pensasse mentre ci lavorava. Domani verrà scoperta, quest'opera maledetta, pensa, sistemandosi gli auricolari.
I Pogues intonano Fairytale of New York, senza che Michelangelo abbia mai visto la statua della libertà, senza credere nelle fate o nei loro racconti, senza sapere della sua stessa posizione, della sua stessa importanza nella Storia.
Qualcuno lo chiama: Buonarroti, Buonarroti!
Si gira: che c'è?
Buonarroti, tra due mesi sarà Natale.
I Pogues finiscono di cantare, e sul palco si rovesciano le urla di tutta l'O2 Arena di Londra. Ci sono milioni, forse miliardi di peli dritti, scattati in piedi per l'emozione di un sentimento comune e di un condivisibile contatto.
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