lunedì, aprile 29, 2013

Ipnocrampo (emisfero posteriore)


L'alfiere ed il cavallo sono rivolti verso il dipinto, dimostrano ammirazione. All'interno della cornice due putti, privi degli occhi, osservano una scritta sopra le loro teste. La scritta recita qualcosa, ma l'alfiere ed il cavallo preferiscono vedere piuttosto che guardare. Una torre li raggiunge, ma è soltanto di passaggio. Finalmente la regina, con fare circospetto, li chiama da una porta in fondo alla galleria. I due entrano, mentre la regina istruisce tre pedoni.

- In nessun caso, nemmeno sotto tortura, dovrete ammettere di non sapere quello che state facendo. Dimostratevi sicuri di voi stessi, come siete certi che la terra sia al centro dell'universo e venga riverita ogni giorno dal sole. Quanto a voi - aggiunge dimettendo i pedoni e volgendosi verso i due nuovi arrivati - cercate in ogni modo di capire che cosa sapete, cioè che cosa si suppone che voi sappiate. Nessuna idea?
I due si guardano imbarazzati: sanno a malapena qualcosa l'uno dell'altro.
- Non importa - aggiunge la regina frettolosamente - altre cose sono più importanti. Tenete queste lettere: devono assolutamente cadere nelle mani sbagliate. Si allontana circospetta dopo aver indossato uno scialle.

- Cosa dice la tua?
Chiede l'alfiere al cavallo, timoroso.
- Non voglio aprirla. E la tua, cosa dice?
L'alfiere apre la lettera non senza una certa difficoltà, si schiarisce la voce.
- "Non voler credere ad una storia è legittimo, non volerla ascoltare non lo è." Cosa significa?
- Queste lettere sono già nelle mani sbagliate, per fortuna.

domenica, aprile 21, 2013

Ipnocrampo (emisfero australe)


La salita è moderata, ma continua. Piccole pietre ruzzolano sulle mie orme, anche quando sono fermo.
La biologia non conosce casualità, almeno non quella intenzionale. C'è sempre uno schieramento, anche quando si parla di scelte irrisorie, anche quando la stessa persona che la fa non distingue il perché di una scelta.
Biopsicologia, psicobiologia: il caffè macchiato caldo o freddo? È uguale.

Non è uguale. Eppure ecco che ritorna, la casualità: il caso è il risultato di intenzioni deboli che si trovano a dover cooperare, a fare i conti con gli inconfutabili eventi del nostro universo. Come soldati abbandonati nei loro avamposti dopo una lunga guerra senza vittime. Nascosti nel folto della giungla, osserviamo il progresso farsi spazio nel mondo, il mondo che non conosciamo. Come aria che non scompare col calare delle tenebre, come piccoli volumi di vuoto in vasetti di confetture scadute, come quello che siamo: decisioni.

Anche la discesa sarà moderata, ma continua. Avremo il tempo di pensare ad altre cose, diverse da queste, ma quelle che pensiamo oggi non saranno dimenticate. Rimarranno silenti decisioni, colonne di uno e di zero del nostro codice comportamentale, infarinature del nostro particolarissimo modo di pensare.
Le velature di Leonardo, la sovrapposizione, il mantello nero colorato con i pastelli a cera, pronto per essere grattato e ri-velare colori invisibili.

Non è che non vediamo i fantasmi, vediamo soltanto una parte dello spettro.

mercoledì, aprile 10, 2013

Ipnocrampo (emisfero boreale)

Guardo meglio il mezzo peperoncino nero che ho in mano: ho davvero mangiato l'altra metà?
I sogni in terza persona non sono poi molto diversi da quelli in prima; a volte si può anche godere del punto di vista di un'ideale, di una forma mentis. Citiamone uno: il liberismo.
La classe operaia, intanto, ti guarda mangiare il peperoncino della morte. A quel punto sei tu che ti senti sdraiare, indeciso se si tratti di un sogno sulla morte o della morte di un sogno.

Anche se mortali, i peperoncini neri non sono propriamente velenosi. Assomigliando i più a dei semi, a gusci di pinoli notturni dagli oscuri riflessi d'ametista. In seconda istanza, ora che il soggetto sognante si è allontanato e sono passati un paio di giorni, il parlamento degli animali-guida formula una nuova versione: il mezzo peperoncino nero ha ucciso il sogno, non il sognatore.

I miei battiti del cuore sono diventati sempre più forti, sempre più forti mentre il cuore scalava la mia gola eppure -ecco!- non sono morto. Anche se lo sapevo che cosa significasse morire. C'è stato un ultimo battito e non sono morto. Quindi era il cuore del sogno? Il sogno del mio cuore?
I cuori, se hanno dei sogni, li realizzano. Ma quello era il cuore del sogno e il parlamento degli animali-guida reputa che sia stato lui a fermarsi.
Io mi sono limitato a stupire, ad essere stupefatto, a commentare: "un attimo, ma questa non è mica la morte!".

Così ci siamo guardati: da una parte io, la banalità, dall'altra il fantasma dell'altra metà del peperoncino.
"Questo deve essere una specie di mondo del sogno lovercraftiano, in cui tutto ha una posizione e un nome ma non un significato. Forse esiste soltanto il terrore. Il terrore della morte, in attesa che anche il terrore muoia. Il terrore della morte è diverso dal terrore di morire. Ma il terrore non può morire."
"Di solito il terrore aspetta l'autobus. C'è il trentatrè barrato, che fa la circonvallazione..."
"Sì, fantasma dell'altra metà del peperoncino nero della morte, hai ragione: di solito il terrore aspetta. Ma non solamente l'autobus."
"No, solamente l'autobus."
"Forse che prendere l'autobus significhi essere provati? Provare a prendere l'autobus. Un'ardua prova. Una prova provata - che il terrore prenda l'autobus? E se si, dove scenderà? - insomma. Prendere a provare l'autobus. Vedere come sta. Un autobus. Al terrore."
"Stona - sospira il fantasma del mezzo peperoncino - come una cipolla intera per soffritto."
"Curioso - replica la tranquillità di alcuni grandi cani - io avevo pensato che potesse stonare come un cambio di tempo in un racconto, un cambio di personaggi, un cambiamento nel modo."
<< Nel modo di scrivere?>>
Esattamente.

Ma allora il ricordo si deposita più facilmente su tutto quello che è omogeneo e morbido. Su ciò che a posteriori si dimostra essere la media, la moda, il minimo comune denominatore delle cose che si sono dette.
Quindi - ogni volta - cosa?
Il ricordo si deposita malamente sulle cose che scrivo, sull'inconcludenza dei ragionamenti giusti, sull'impanatura delle mie conoscenze. L'indecenza della perfezione ha più ragione d'essere della brillantezza dei miei ragionamenti fatti col cuore.

No - non d'essere, ma d'essere ricordata. Come se fosse un fulmine la vedrai fendere la mente del lettore e rimanere impressa come la metà perduta del peperoncino che uccide.

martedì, aprile 09, 2013

I
Una vita da vegano
Ad ingurgitar crescioni
Nato senza i canini
Lavorare su fagiolini

II
Una vita da vegano
Con dei compiti precisi
Andar giù di cavolini
Evitare l' acidosi



sempre lì

lì nell' orto

finchè ce n' hai stai lì

III
Una vita da vegano
Da chi mangia sempre poco
Che la carne e i derivati
Devi lasciarli nei supermercati

IV
Una vita da vegano
Che natura non ti ha dato
Né lo stomaco vaccino
Né la mandibola ad angolo non ampio

V
Una vita da vegano
Lavorando come Gandhi
Anni di fatica e botte e
Vinci casomai una centrifuga.

venerdì, aprile 05, 2013

Patella maris

Non mi dà pace. E' una nostalgia per un passato che non ho mai vissuto.
E' una sensazione.
Una malinconia ingovernabile, commovente, di quelle che fanno respirare male.
Tu, sulla spiaggia, sotto un albero: sdraiata su un tronco, lasciato lì da una qualche mareggiata: mi chiedo se la stessa cosa non valga anche per te. Sembrano i Caraibi, ma io so che è la Riviera, ai tempi d' oro.
Ma come si può provare nostalgia per un' epoca mai vissuta?
Non mi dà pace.
Quell' aria, con quelle note salmastre e la nostalgia, che è la pena per essermi appropriato di un passato che non è il mio.
Quanto dura? La durata di un amore balneare, poi arriva la nostalgia della nostalgia.

Penso alla consistenza della tua pelle, tesa, e mi sembra di sentire:

We skipped a light fandango
Turned cartwheels 'cross the floor
I was feeling kind of seasick

(A Wither Shade of Pale)

Presso lo studio di Sir Anaclet Mac Turtle, baronetto

Irreprensibile e Lord Mac Turtle siedono in poltrona; ciascuno sulla sua, presso il camino, è un luminoso cinque di Aprile: questo aspetto è ignorato dai due, immersi come sono in una spessa coltre di fumo. Dibattono di pipe e di altre questioni secondarie: eminentemente di pipe.

Irreprensibile: Questo modello "churchwarden" è qualcosa di straordinario, la fumata risulta così fresca...

MacTurtle: E' vero. Pare proprio essere stata creata per poterne dibattere amabilmente; invero, credo che se nel mondo ne esistessero di più, di pipe come queste, il mondo sarebbe un luogo migliore.

Irreprensibile: Sicuramente sarebbe un posto più sereno; e il tabacco giusto si reperirebbe con più facilità.

MacT: Si, è sconfortante che un gentiluomo debba sempre cercare, e raramente trovare, qualcosa che sia degno di essere fumato.

Irr: Ditemi, come procede la vostra rubrica, Sir?

MacT: Sono contento che me l' abbiate chiesto; oggi è Venerdì, ed ho in mente un giochetto che potrebbe alzare non poco il livello della nostra conversazione, se solo il livello non fosse già al top. Vedete, là, sulla mia scrivania? Ebbene, scegliete una lettera nel mucchio.
Quella lì? Bene, consegnatemela.
legge "MacTurtle: parlaci della discriminazione."
Oh. Non si è neanche firmato.

Irr: Dal tenore del quesito, temo che vi abbiano scambiato per un oracolo, per un profeta!

MacT: E allora profeterò!

Irr: In fondo, la discriminazione, si basa sull' esclusionde dal godimento di qualcosa: gente meschina che siamo, noi, con le nostre pipe radicate e fuori, fuori gente col toscanello elettronico!

MacT: Mi avete tolto le parole di bocca. Perchè non rispondete voi al lettore, per una volta, così, per ischerzo: chissà per quanto potremmo riderne (sempre con moderazione).
Voi dettate, io interpreterò, come ben sapete, fui anche attore.

SULLE DISCRIMINAZIONI, IN GENERALE, SU QUELLA DEI VEGETARIANI, IN PARTICOLARE
monologo di Irreprensibile, interpretato da Lord Mac Turtle, che in gioventù recitò nel ruolo di paggio al Globe

Li riconosco al volo. Lo vedo da come si muovono, da come sorridono, da come si atteggiano. Vegetariani! Condannati alla grama vita del latitante, si nascondono come topi; almeno quelli che sanno di me. Sono io, la vendetta carnivora, lo dicano al mondo, le mie vittime! Ma nessuno l' ha mai scampata. La dura vita del vegetariano è quella del braccato, così come l' erbivoro fugge il carnivoro, essendone la vittima designata, o visto che qui si parla di animali: la preda. Sono un cacciatore, un cacciatore di minoranze non tutelate, di minoranze ignote, di minoranze senza diritti. Loro, i vegetariani, sono la mia preda: la mia è la vendetta di tutti i carnivori, contro quella parte di umanità impenitente e vigliacca che si è piegata a brucare l' erba, in ginocchio. Sono loro, col loro indegno salutismo, con la loro segreta speranza di arrivare a cent' anni col cavolo, sono loro che io cerco. E non gli darò pace. Non avranno pace.

Nessun omosessuale rischia più la conversione e di tornare al fichismo; e invece, guardate, a quante vessazioni va incontro il povero vegetariano, amici che con una pacca sulla spalla gli dicono "e mangiati sta' bistecca! E su che ti fa bene!"
Nessuno con tanta determinazione bonaria, oggi, oserebbe una pacca sulla spalla ad un omosessuale "e fattela, una scopata etero, una volta tanto"! E lo stesso al ristorante: in odio ai pizzicagnoli e alla compagnia, se osano rivelare le proprie tendenze salutistiche. Allora li vedi, che dicono, "non ho appetito", o "passo il turno", e invece loro sono vegetariani, vegetariani, vegetariani, vegetariani!!! ma dico, come fanno, come fanno gli amici di infanzia a non accorgersene?
Per fortuna che ci sono io, la vendetta dei carnivori: redimetevi, fin che siete in tempo!

Una volta ho avuto una fidanzata vegetariana; ci ho messo un pò ad accorgermene, era brava a dissimulare.
L' ho mangiata.

lunedì, aprile 01, 2013

In attesa di un Suo dolce retweet

Scegli password penetrabili, vivi pericolosamente, esprimiti per bocconi di pensiero, rinuncia alle tue velleità e abbracciane di nuove. Dimentica ciò che non hai la pazienza di imparare, impara ciò che non ti è richiesto di ricordare, elenca didascalicamente gli elementi che evocano in te il gusto del bello. Rinuncia all'interpretazione, all'autocritica, al mezzotono. Ammira il potere delle fotocopie ma rifuggi i libri di testo.


Scegli password impenetrabili, considera attentamente ogni tua scelta, esprimiti con fissità e senza passione, abbraccia le tue vecchie velleità e rinuncia alle nuove. Ricorda ciò che non hai la pazienza di rigettare, elogia ciò che non ti è richiesto di dimenticare, elabora organicamente ed esprimi il tuo gusto del bello. Abbraccia l'interpretazione, l'autocritica, il mezzotono. Adora i libri di testo ma bruciane le fotocopie.