venerdì, novembre 08, 2019

...stone finish

Stava arrivando l'ultimo temporale della stagione, ma Diletta e Luce non potevano certo saperlo.
Facce storte guardavano senza interesse il mondo appena sveglio passare fuori dai finestrini del tram su cui si erano imbarcate quasi un'ora prima.
Ultima stazione prima del capolinea: Diletta strinse la spalla della compagna, invitandola a scendere.
L'insegna del Bagel Boomer era ancora spenta. Luce esitò, ma Diletta le fece un cenno rassicurante.


- Mi metteranno sulla sedia elettrica.
La sera prima Luce piangeva, mentre l'amica le carezzava i capelli, strette nella stessa cuccetta.
- Nessuno ti farà niente. Stai tranquilla. Domani ti porto a mangiare i bagel. Conosco un posto.

La porta di ingresso era ancora lucchettata, ma Diletta si diresse con sicurezza sul retro. Un ragazzo qualche anno più giovane di loro stava fumando una sigaretta, accucciato sulla soglia.
- Ehilà.
- Ehi...apriamo tra dieci minuti, ma se volete finisco la sigaretta e vi faccio entrare prima.
- Grazie mille. Ehi, scusami: c'è Sean oggi?
Il ragazzo buttò la sigaretta in una pozzanghera, trattenendo il fumo nei polmoni per qualche istante mentre il freddo del mattino cominciava a rendere insensibile la punta del naso di Luce.
- No.
Si alzò, sparendo all'interno del negozio mentre faceva loro segno di andare dall'entrata principale.

L'ingresso si aprì.
- Sean non c'è. Mi dispiace. Voglio dire, non c'è proprio più: si è trasferito.
Guardava alternativamente l'una e l'altra, indeciso su quale delle due trovasse più carina. Forse nessuna. Erano in viaggio da trentasei ore.
- Trasferito dove?
Il forno cominciò a suonare.
- Entrate pure. Non fa niente, tanto dovevo aprire comunque. Sedetevi, io arrivo subito.

Cominciarono a sfogliare distrattamente i menù.
- Io prendevo sempre questo. Ma qui ordinano tutti questo qua. Ordinavano, almeno.
Luce annuì.
- Sembra buono.
- Sono molto buoni. E' stato bello lavorare qui...ormai sembra davvero una vita fa.

- E' tornato da sua madre. Al confine della città. Lavora tipo in una fabbrica di pneumatici.
Gli occhi di Diletta si riempirono di lacrime mentre Luce continuava a guardarsi intorno.
- Volete mica un bagel? Vi faccio un bagel, offre la casa. Anzi, ve ne faccio due. Ok?
- Grazie...
- Tod, mi chiamo Tod.
- Grazie, Tod. Io prendo un Mariner senza cipolle e tu?
- Quello che dice Tod andrà benissimo, grazie.
- Ok, arrivo subito allora.
Ma rimase sulla soglia, incerto.
- Scusate...
- Si?
- Non è che tu ti chiami Diletta per caso? Magari mi sbaglio.
- Sì, si esatto. Ma...come hai fatto?
- Ho visto la tua foto sulla parete dei dipendenti passati. Cioè, in realtà la vedo di continuo. Ci passo un sacco di tempo davanti perché è proprio sopra al lavandino. Grande, mi sembrava una faccia già vista: bentornata al Bagel Boomer.

Sorrisero, mentre Tod andava a preparare i bagel.

- Mi manderanno sulla sedia elettrica.
- Luce, ora basta con questa storia. Non ti faranno proprio niente.
L'autobus traballava nel buio della notte precedente.
Diletta l'abbracciò, parlando direttamente al suo orecchio senza più guardarla negli occhi.
- Ora, qualsiasi cosa tu abbia fatto, raccontami perché lo hai fatto. Non voglio sapere cosa, solo perché.

Il responsabile del Ninfea, il signor R., le aveva chiesto di trattenersi per due parole dopo il turno. Quando era andata a parlargli lui era occupato, al telefono. Le fece cenno di passare più tardi e così andò ad allenarsi in palestra.
Quando tornò nel suo ufficio in giro non c'era più nessuno. R. stava lasciando l'ufficio: si era fatto tardi e stava andando a mangiare qualcosa. Decisero di andare insieme a mangiare in un fastfood all'incrocio del benzinaio. Non parlarono di lavoro ma solo del tempo, di sport, dell'Algoritmo, della vita nell'hotel. Prima di essere mandato a gestire il Ninfea, R. aveva fatto il pompiere. Aveva un sacco di aneddoti divertenti sulla vita della caserma. Si fecero quattro risate e finito il panino tornarono all'albergo.
R. la fece accomodare nel suo ufficio mentre si serviva un digestivo. Una cosa speziata e ruvida che avrebbe potuto fare e bere soltanto lui.
All'inizio prese le cose davvero molto alla lontana. Sembrava quasi un colloquio per avere il posto che Luce già ricopriva. R. volle ripercorrere tutte le tappe della selezione: i test, le domande e le risposte che riusciva a ricordare, l'intervista con l'Algoritmo. Le chiese se avesse mai fatto rispondere qualcun altro al suo posto.
A quel punto Luce gli disse di no chiedendo di sapere il perché di tutte quelle domande. Si sentiva offesa e screditata. Si reputava una brava lavoratrice e voleva sapere dove volesse andare a parare.
- Tu non hai capito che tipo di hotel è questo, vero? Siamo l'unico hotel fuori città. Ti dice niente?
R. non era agressivo. Le sue parole lo erano, ma non il suo tono. Luce non rispose.
- Questo è un casino, Luce. Un bordello, un luogo di prostituzione. Sesso in cambio di denaro. Voi siete le cameriere che si scopano i clienti. Voi. Intendo dire, tutte le ragazze tranne te. Hai notato che il novanta per cento dei clienti sono maschi, single? Io non avevo mai gestito un luogo così prima d'ora ma vedo che funziona. Quindi posso dire con convinzione che credo nell'Algoritmo e so che manda sempre la gente giusta nel posto giusto. E' così per me ed è così per tutte le altre ragazze. Tutto ha senso, di solito. Ma tu ormai è quasi un anno che sei qui e vedo che non partecipi al gioco. Ti dai da fare, ma il motivo per cui sei qui, per cui lavori qui, è un altro e tu non lo stai rispettando. Mi segui? L'Algoritmo non ti avrebbe mai mandata qui se questo posto non avesse fatto per te, eppure sembri veramente arrivare da un altro pianeta, non vedere le cose per quello che sono ed essere l'unica a non rendersene conto.

Paralizzata sulla sedia, Luce non sapeva da dove incominciare. Si limitò a fissare gli occhiali di R., posati sulla scrivania.

- Ti farò vedere una cosa. Non dovrei farlo, perché teoricamente significherebbe contaminare i tuoi rapporti con l'Algoritmo, ma se non capisci questa sera dovrò comunque contattare il Sistema di Gestione domani mattina, per cercare di capire cosa sia andato storto e perché tu sia finita proprio qui come, come un pesce fuor d'acqua. Sarebbe una cosa penosa, per me e per te. Verremmo sottoposti a nuovi test e probabilmente saremmo ricollocati entrambi. Siccome le cose vanno bene non vorrei arrivare a tanto, per cui ti faccio vedere questa cosa:

Aprì la busta che teneva in mano ormai da qualche minuto. Era una trasmissione ufficiale dell'Algoritmo, protocollata. Controluce, vide il suo nome stampato in grassetto sul lato che R. si accingeva a leggerle.

- Luce H. White, ventisei anni, sentimentalmente libera e socialmente disinibita. Predisposta alla cura degli ambienti sociali e della persona. Inclinazioni sessuali chiare e definite, di mentalità aperta ed altamente disponibile all'incontro sessuale occasionale a fini di lucro. Sensibile, attenta, decisa, amante dei gatti eccetera eccetera eccetera. Il resto non importa perché in questo posto conta solo una frase: "disponibile all'incontro sessuale occasionale a fini di lucro". Altamente disponibile, Luce. Lo dice l'Algoritmo e quindi lo dici anche tu: come mai sembra che non giochiamo allo stesso gioco?

- Mi manderanno sulla sedia elettrica Diletta, mi uccideranno perché non l'ho data a quattro vecchi bavosi di merda. Anzi, perché avrei dovuto farlo e non l'ho fatto.
- No, non è quello il motivo. Tu non sei così. Non come ti ha descritta. Ci deve essere qualcosa che non funziona.
- Mi manderanno sulla sedia elettrica: ho ammazzato un tizio perché non riuscivo a sopportare di sentirmi dire che non fossi fedele a me stessa. Ma chi ha ragione, Diletta? Io, oppure l'Algoritmo?

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