Sul momento rimasi colpito. Le parole mi raggiungevano con una lentezza esasperante e nel tentativo di interrompere il discorso misi dei punti dove non c'erano.
Ma fu andando verso la stazione che, ripensando all'accaduto, mi sentii veramente strano.
Quella che inizialmente, durante la vicenda stessa, si era presentata come una lontana sensazione di dèjà vu ora emergeva mollemente da una parte alta del collo. C'erano dei volti nell'impiastro del mio pensiero, cui erano etichettate le stesse frasi e gli stessi gesti. Decisi di aver già vissuto una simile esperienza.
Non riuscii però a decifrare il mio ruolo. Questa volta ero stato spettatore, ma non seppi se quanto ricordato fosse accaduto a me in prima persona o meno. Come confondendo l'idea di essere stati in un luogo per averlo visto in un quadro, le mie percezioni si aggrappavano a pochi dettagli che confermavano la realtà dei miei ricordi.
Quelli che mi si presentavano erano volti di persone reali, che potevano aver davvero fatto ciò che attribuivo loro, anche se il mio dubbio inquinava la ricostruzione degli eventi.
Una bazzecola, un gesto da nulla, una manifestazione educata della forza di una personalità ripetuta con le modalità di quella che, collegando tra loro gli eventi, mi dava l'impressione di essere una formula magica.
Nel linguaggio della nostra elaborata umanità manca forse il richiamo ad imprescindibili istinti di base: il rito sopperisce alla mancanza?
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2 commenti:
fatti una sega e passa la paura
sub rosaE
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