martedì, novembre 22, 2011

Alibi, V parte

A fine serata Eduardo mi accompagnò verso casa.
Dopo tutto quel tempo passato a ridere con gli amici, sembrava tornato serio in un solo momento, istantaneamente. Forse avevamo semplicemente scherzato abbastanza per quel giorno. Fu lui a rompere il silenzio.

"Ho sentito che Matteo ti ha parlato di qualcosa oggi, si trattava del blog?"
"Sì - sospirai - mi ha detto che ha postato. Qualcosa a cui pensava da molto tempo."
Eduardo tirò un calcio a una lattina sdraiata, stancamente, facendola rotolare su se stessa mentre ci precedeva.
"Il blog...il blog...tu ci pensi mai al blog?"
"Se ci penso Edu? Insomma..." Mi ritornò in mente l'Eduardo che avevo visto quella mattina, minuscolo ed aggrappato alla 'a' finale di Salvia. Niente sembrava essere più assurdo di quella visione ripensandoci allora.

"...sì, ci penso ancora al blog. Allo scrivere in generale veramente. Anzi, direi che pensò di più allo scrivere proprio quando non scrivo." Il suo silenzio meditabondo mi invitò a continuare. "Ad esempio, ora ho in mente un paio di cose. Un racconto ambientato in una società in cui non esiste una parola per indicare le donne e a cui quindi ci si riferisce solo come non-uomini. Questo genera una serie di dubbi sull'effettiva esistenza delle donne, che per tutta risposta indicono uno sciopero del sesso...tipo Lisistrata."

Non sembrò molto entusiasta della risposta. La cosa mi ricordò quel personaggio de La ricerca del tempo perduto che prova vari argomenti come altrettante chiavi, per penetrare nell'interesse del suo interlocutore. Leggermente, saggiando appena se la porta è stata aperta di volta in volta, smettendo subito di forzare la mano non appena si accorge che è ancora chiusa.
Provai ancora:

"Avevo anche in mente una storia in un futuro prossimo. Le automobili invece di rotolare strisciano su una specie di gomma vischiosa e la gente smette di avere paura dei serpenti."
Rimase in silenzio, come incredibilmente amareggiato. Arrivai persino a temere di averlo, in qualche modo, offeso. Quando arrivammo sotto casa mia un filo di vento accompagnò la sua ultima frase:

"Leggi il post di Matteo, non leggerlo, fai come vuoi. Non importa ormai, non importa più. Ognuno per sé. Anzi, peggio di ognuno per sé. Se esiste qualcosa di più solitario della solitudine lo scopriremo. Purtroppo, per noi non c'è nessun addio, stasera come per i giorni a venire: ognuno a casa propria."

Lo seguii con lo sguardo fino a che non svoltò l'angolo. Mi sembrò addirittura che ridesse. Una risata che metteva i brividi.

1 commento:

prima il commento si eiaculava ha detto...

tornacasista