domenica, novembre 27, 2011

Alibi, VI parte

Quando entrai, andai per prima cosa al computer, per leggere il post di Matteo. Si trattava dell'ennesima parte del suo racconto a puntate, che ricordavo vagamente nella sua interezza. Mi colpì in particolare la parte in cui parlava dell'improvvisa scomparsa di un personaggio accattivante dalla storia.

Di come ci si senta traditi nelle proprie aspettative, dell'amarezza di dover abbandonare prematuramente qualcosa. Della decisione forse folle di un autore di tirarsi la zappa sui piedi, lasciandoti in compagnia di personaggi noiosi. Un retaggio del consumismo - pensai - la smania di provare, di assaggiare, sia dello scrittore che del lettore.

Mi recai a letto, avvolto in torbidi pensieri. Come collegare al post gli avvenimenti del mattino e le mie supposizioni al post stesso. In ogni caso, i dubbi se considerare o meno reali e soprattutto realmente avvenuti i fatti della prima metà della giornata restavano. Prima che potessi scendere ulteriormente nelle mie elucubrazioni arrivai in camera mia. Là, sul buio del copriletto, mi aspettava una lettera. La lettera di cui parlava mio padre, pensai.

La aprii. Dentro, un foglio A4 ripiegato in tre scritto al computer su una sola facciata. In fondo, un nome: Caterina. Senza firma. Lessi con mani tremanti d'interesse.

" Il dramma Le tre sorelle di Cechov è diviso in quattro atti. Gli atti separano episodi rappresentativi distanti tra loro nella vita delle tre, del fratello maschio e della loro cerchia di amici e conoscenti. Il dramma; perché di dramma si tratta, nonostante la manifesta volontà dell'autore di scrivere qualcosa che, invece, dramma non fosse, mi ha fatto pensare al blog I tre caballeros. Il blog che hai con Eduardo e Matteo.

Nella storia, la critica ha soprattutto evidenziato il desiderio manifestato e mai attuato delle tre di ritornare a Mosca, città originaria, visto anche come una sorta di volontà suicida inconcludente, indicando la città come quella risoluzione invocata ma, segretamente, perfino temuta.

Il pensiero che le sorelle siano donne è stato il punto di partenza per riflettere circa il collegamento che mi ispiravano. Evidentemente la somiglianza non era in senso metaforico o allegorico: inutile quindi cercare una sorella per ognuno, cercando di tradurre segni della vita reale nella dimensione dell'opera che giustificassero questo mio sentore. Mosca doveva restare la Mosca delle tre sorelle.

La mia supposizione è quindi che si tratti di una parabola, o meglio di un senso parabolico: non viene richiesta nessuna connessione, quanto una reazione. Vengono sollevate implicitamente delle domande cui si deve rispondere. Il più delle domande sono: "cosa farei se fossi in lui/lei?". La conferma di questa interpretazione sta nel fatto che, essendo personaggi di fantasia, le tre non possono certo essere consigliate e rimediare alla loro condizione disperata, distanti da Mosca e dalle loro aspettative.

La cosa più interessante è che nella mia ottica, la fine della parabola non si posava nè su di me, nè su un altro ipotetico ascoltatore, quanto su voi tre, su I Tre Caballeros. Le domande fatte dal dramma e che sentivo non erano rivolte a me o a qualcun altro, ma a voi. Andrete a Mosca prima o poi? Quando scrivi, o scrivete, ti allontani o ti avvicini a Mosca? E abbandonato dalla guarnigione con la cui compagnia lenivi i tuoi dolori, sarà sempre il desiderio di tornare a Mosca a sorreggerti? "

1 commento:

Anton Cechov ha detto...

amo lasciare inconclusi i miei racconti (e non sarei così sicuro che matteo abbia scritto quel post e non questo)