Ci sono lingue in cui il futuro è collocato dietro di noi per meglio rappresentare il concetto di non poterlo vedere.
Megan Gayle professava che tutto fosse intorno a me e a questo punto non posso che pensare che si riferisse al futuro. Il passato sarebbe quindi dentro di me; penso anche di sapere da dove entri.
Mi perseguita l'idea che il passato possa essere un luogo fisico, uno spazio abitabile come quello in cui ci troviamo ma in cui le cose non succedono. Come un cacofonico volume di cenere. A ben pensarci, il passato non può che essere un luogo destinato ad aumentare. Anche l'universo si espande, da cui la domanda: viviamo forse nel passato?
Immagino che rinunciando all'idea di possedere il libero arbitrio, potremmo immaginare di essere entità che seguono la vita dei corpi che possediamo, cercando di dare un senso ex post ad intere vite di solo istinto.
È tutto già successo, dobbiamo solo decidere cosa.
Manca poco ai primi telefoni appless. Le app non spariranno davvero, torneremo bensì al loro ruolo di utilities come l'orologio e la torcia. Geni pronti ad essere interrogati dalle intelligenze artificiali per appagare le nostre imprecise richieste.
- Assistente: risolvi.
Finalmente, avremo servi più furbi di noi.
Il prevedibile calo demografico cui andiamo incontro non porterà soltanto un aumento dell'automazione nelle vite di tutti i giorni. Vedo i paesi ammutolirsi e spegnersi nell'inedia di una poco ispirata occupazione. Intere comunità ravvivate dal tormentone estivo per spegnersi sotto l'acqua scrosciante dagli uragani.
Guardando le montagne mi chiedo sempre se ci siano punti in cui non sia mai stato un essere vivente: sono pruderie da umani.
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