James si accorse che la lampo dei suoi pantaloni era abbassata un attimo prima che l'Ambasciatore si avvicinasse per presentargli il suo obiettivo, ossia troppo tardi.
Madame Susan Von Chemenate non era soltanto la più ricca ereditiera della sua piccola nazione arroccata sulle gelide montagne del Continente, ma anche - stando al rapporto dell'Agenzia - la mente geniale dietro alla scoperta del segretissimo Siero della Serietà.
- Ambasciatore, è sempre un piacere rivederla, ma questa sera il piacere è doppio, grazie alla sua bella compagna.
- Eh James, vecchio mio, anche se vieni da una delle nostre fottute colonie devo ammettere che sei uno spasso. Ti presento Madame Von Chemenate.
L'Ambasciatore era solito dare del tu alle persone che considerava inferiori e James non faceva eccezione. Aveva ottenuto la posizione di Ambasciatore per i suoi meriti, come mediatore e come leader, ma attribuiva erroneamente il suo successo all'essere un razzista convinto, convinzione che col tempo era stato portato ad accrescere ed esternare in pubblico, senza minimamente scalfire ed anzi migliorando la sua posizione, rafforzando definitivamente le sue teorie. Probabilmente, in una certa misura, l'Ambasciatore aveva ragione.
Il baciamano di James fu impeccabile, come sempre, ma l'attimo di prostrazione lo portò a ripensare a quella lampo rimasta aperta, turbandolo intimamente.
- Cadissimo James, sono mesi che cedco di fade la sua conoscenza. E' un onode avedla qui.
L'ereditiera non aveva un vero difetto di pronuncia: era semplicemente ubriaca. Bastava un niente per mandarla su di giri. Il rapporto dell'Agenzia diceva che questa sua debolezza era la causa che l'aveva portata a studiare il Siero della Serietà. Eppure, non poteva trattarsi di una semplice reazione alla sua condizione. Qualcosa doveva averla indotta a farlo: forse la morte del marito? Difficile a dirsi.
Un cameriere sgattaiolò alle loro spalle durante i convenevoli ma senza sfuggire all'occhio allenato di James: perché non si era avvicinato per offrirgli delle tartine?
Il Maggiore Giorenson si era a lungo dilungato, durante i corsi di addestramento, su cosa significasse essere una buona spia:
- Non crediate che essere una spia significhi cogliere qualcosa in più o meglio degli altri. Spesso si tratta soltanto di avere lo scopo giusto, nel posto giusto, al momento giusto. Questo vale per ogni lavoro e infatti vale anche per lo spionaggio. Noi vi daremo gli scopi da perseguire e vi metteremo nel posto giusto al momento giusto: allora, sarete spie perfette.
Con la scusa di salutare una vecchia conoscenza, James si immerse tra le persone brille e altolocate che popolavano la sala. In realtà, nulla poteva far trasparire la loro effettiva posizione sociale se non la loro stessa presenza a quel ricevimento. Erano facce normali, con normalissime barbe da radere, borse sotto agli occhi, smagliature e labbra rifatte. La fine dell'aristocrazia aveva enormemente complicato le cose. Non era sparita, era solo finita: i giochi erano fatti, le posizioni prese, i titoli assegnati. James era solito pensare che i ricchi fossero ormai stati scelti e che bisognasse rassegnarsi a considerarli tali, da qui all'eternità. I membri di questo popolo eletto avevano già dovuto rialzarsi troppe volte da crociate fallite - crociate fatte per arricchirsi di più, ovviamente - per poter ammettere ulteriori parvenu tra le loro fila che li aiutassero nella risalita. Era il loro beneamato turno di rilassarsi, mettere il pilota automatico e vivere le noiose vite normali che avevano sempre e solo potuto invidiare. Una lunga, meritata, vacanza da tutte le cose brutte che la riccanza aveva sempre dovuto significare: apparente integrità morale, autorità sociale, responsabilità economica ed invidiabile edonismo sfrenato.
Chiudendosi finalmente la lampo, James decise di interrompere quell'annebbiato flusso di pensieri per dedicarsi completamente alla missione.
Si fermò solo un momento, per non destare troppi sospetti nell'inseguimento di quel singolare cameriere, ad ammirare una grande vetrata affacciata sulla notte. Stava nevicando: da qualche parte, oltre quello schermo di fiocchi illuminati dai fari del castello, oltre il buio totale di una luna soffocata da spesse coltri di nubi, dovevano esserci quelle montagne alte e gelate per cui la zona era famosa. Montagne che avrebbero per sempre protetto la nazione, le persone al suo interno e ciò che rappresentavano. Quelle stesse montagne erano, in effetti, la stessa cosa che stavano proteggendo da tempo immemore: lo status quo.
James udì un rumore sospetto e si precipitò nella sala attigua, giusto in tempo per veder sparire il frac del cameriere oltre alla porta seguente. Lo inseguì in un corridoio, quindi in un grande salone addormentato, tra mobili salvaguardati dalla polvere mediante grandi teli, bianchi ed immobili come vallate dopo una lunga nevicata. Il cameriere sembrava distaccarlo sempre più. James fece spazio nella sua mente per concentrarsi sull'obiettivo: raggiungerlo e capire il suo livello di minaccia. L'intera operazione poteva essere compromessa se il suo avversario fosse stato interessato al Siero della Serietà e lo avesse trovato prima di lui. James scese tre rampe di scale ed entrò in un nuovo corridoio, quindi attraverso altre scale fino a raggiungere una vecchia biblioteca.
Le tende erano tirate. Le uniche fonti di luci erano i segnali verdognoli delle uscite di sicurezza, resi obbligatori nella nazione in tutte le stanze contenenti duecento o più libri da una folle ordinanza del 2003. Un consulente dell'Ambasciatore gli aveva in effetti consigliato di far rilegare i libri tra loro, aggirando così la normativa per diminuire il numero di libri ed evitare i lavori.
L'Ambasciatore, forse perché la normativa aveva una valenza di sicurezza, forse perché il consulente era italiano o forse perché aveva idea di quanto costasse far rilegare un libro, non ascoltò il consiglio.
Ah, l'Italia: a James non poteva che scappare un sorriso al suono di quel nome. Che paese meraviglioso ed assurdo, inconcepibile se non fosse esistito, fiorito come un fungo prelibato dal suo stesso marciume come a dimostrare che davvero, nel mondo, ogni cosa fosse possibile. La madre di James era Indiana, ma suo padre era Italiano. Forse, per questo motivo, James pensava che il consiglio del consulente non fosse poi tanto male. Suo padre aveva avuto successo nella terza età dell'oro di Bollywood recitando come il cattivo di una fortunata serie di film di fantascienza ambientati in Antartide, ma erano fatti di molti anni prima: da tempo infatti trascorreva le sue giornate nel Sussex, insieme alla madre di James, bevendo tè nella convinzione che il figlio si occupasse di orologi di lusso.
Il cameriere non poteva essere altrove: la biblioteca non aveva altre porte se non quella da cui era venuto. Una pendola fuori posto attirò la sua attenzione: sembrava nascondere un passaggio segreto e James, dopo averla fatta ulteriormente scorrere contro il muro, decise di entrare. Il passaggio era molto buio e scendeva lentamente a chiocciola con radi gradini. Decise di farsi luce con il telefono, scoprendo così di non avere campo. La batteria era al nove percento. Scese ancora, cautamente, fino a quanto non sentì il passaggio della pendola richiudersi con fragore. Allora risalì correndo, fino a battere con i pugni contro la pendola chiusa ed immobile.
- Urla quanto vuoi, spione - disse il cameriere, ghignando dall'altra parte - qui non ti sentirà nessuno. Vedrai che bellezza quello che troverai alla fine del passaggio...il Goldscope sarà soltanto mio! AHAHAHAHAHA!
Goldscope? James non riusciva a capire. Si sentì girare la testa. Per la prima volta nella sua lunga carriera sentì di essere spacciato. Non spacciato del tipo che poi le cose si risolvono con un colpo di scena, spacciato del tipo che è meglio mettersi seduti e cercare una via d'uscita con tutto l'ingegno possibile.
Così fece.
Non c'era niente, nel rapporto dell'Agenzia, che accennasse al Goldscope. James sapeva soltanto di dover recuperare il Siero della Serietà, questo era il suo scopo. Non riusciva a capire cosa fosse e cosa signficasse il Goldscope. Forse erano soltanto due nomi diversi per la stessa cosa, forse aveva solo sentito male.
I suoi rudimenti di Italiano si fecero largo nel subconscio fino a tradurre "Gold" con "oro". Goldscope, oroscope. Oroscopo. L'osservazione dell'ora. Poteva essere l'osservazione del subito, l'osservazione dello stato delle cose. L'aderenza ai dati di fatto della realtà. Strano, pensò, che una disciplina tanto screditata dal mondo accademico potesse poggiare su così solide aspirazioni: l'osservazione delle cose reali.
Una persona seria non avrebbe fatto congetture, non avrebbe fatto ipotesi sul futuro ed il suo contenuto, si sarebbe semplicemente attenuta al presente per viverlo. Il goldscope, l'oroscopo, il siero della verità: doveva essere tutto la stessa minestra.
Come avrebbe potuto aiutarlo, quell'informazione?
Decise di provare a scendere ancora, giù per il passaggio segreto, ma sembrava che la discesa non dovesse finire mai. Infine, anche il suo telefono si spense. Non c'era più luce, tanto meno quella delle stelle. Gli mancava l'aria e sentiva sempre più i suoi ragionamenti farsi leggeri, ironici, quasi volutamente stupidi; come incuranti del pericolo che stava correndo.
Si sedette ancora sull'ennesimo gradino: avrebbe avuto tutto il tempo che voleva per studiare dodici segni nuovi di zecca e divinare l'oroscopo per ciascuno di essi.
Per il suo segno, l'Agente Segreto, avrebbe riservato le più rosee tra le previsioni.
lunedì, gennaio 06, 2020
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