giovedì, maggio 18, 2006

la nuova saga dell'arte

Quando l’Arte cela interessi non prettamente artistici
Ovvero la vera storia della Venere di Urbino di Tiziano
Starring:
Tiziano Vecellio
Guidobaldo della Rovere, duca di Camerino, figlio dei coniugi Francesco Maria ed Eleonora Gonzaga
La madre Eleonora Gonzaga (da non confondere col padre…)
La sposa del Guidobaldo: Giulia Varano da Camerino

-La mamma riluttante
“Mamma ti prego, dammi dei soldi”.
“Che cosa ci devi fare Guidobaldo? È mai possibile che io debba elargirti continui prestiti?”
“mamma…”-con voce lamentosa
“non sarà ancora quella storia…non avrai un euro da me!”
Una conversazione banale, dove tutte le mamme si ritroveranno;
e si infiammano, e strillano, e tacciono, e fanno le rancorose ma poi il buon cuore di mamma, si sa, alla fine cede alle richieste del figlio, il prediletto Guidobalduccio. Sono i capricci che nel 1538 come ora legano i figli alle generose mammette. L’oggetto che il giovane si deve comprare non è una cintura di cavalli o un paio di boxer D&G bensì la Venere di Urbino.
Reputiamo doveroso sottolineare l’identità d’intenti del giovanotto di ieri, ormai polvere, coi giovanotti d’oggi, che prima o poi lo diventeranno; l’intento è di sedurre. Non possiamo non notare quanto differisca il mezzo , quanto sia più aristocratica e velata la trappola dell’arte rispetto ai pantaloni a vita bassa. Ma anche quanto sia più pericolosa.
“voglio la donna ignuda, voglio la donna ignuda”
“e va bene figlio, prenditi il bancomat”
La comprò, la donna ignuda, su tela, moderna pittura ad olio.
E la portò a palazzo. E ogni giorno la spostava di camera perché la moglie la notasse.
-Un antefatto
Ora è necessario un antefatto.
Per ragioni squisitamente politiche il nostro Guidobaldo aveva sposato l’appena nominata Giulia che all’epoca aveva appena dieci anni. Accadde, come spesso succede, che la creatura crescesse e divenisse adolescente. Informato dai domestici del fatto, Guidobaldo iniziò a considerare leciti certi suoi appetiti che prima d’allora solo con certe cortigiane gli era dato di saziare. Ma tanto leciti non dovevano apparire a Giulia, educata alla virtù, era una Demetra, e non aveva intenzione di conoscere le gioie che rendono gli esseri umani bestie. Sempre più attratto dalla moglie che si faceva sempre più avvenente e che non si poteva fare, pensò ad un ritratto di lei sul quale almeno sfogarsi; e qui, come accade in certi particolari momenti della vita di noi uomini, gli sovvenne la diabolica idea: tentare con la falsa virtù dell’arte la giovane pollastra.
-La committenza
E chiamò Tiziano, gli spiegò il problema; e la grandezza dell’artista che si misura anche nella capacità di rispondere a problemi di natura non prettamente artistica si manifestò in una grande opera nata da uno sporco fine: tentare.
Su un letto sfatto si staglia la celebre figura dallo sguardo seducente e dai capelli scompigliati sul corpo. L’interno rappresentato è proprio quello del palazzo d’Urbino dove i coniugi vivevano. Quella che doveva essere Venere, si trasformò in una Venere mondana di palazzo. Dimensione erotica celata sotto gli attributi canonici di Venere, particolari realistici che montano un’atmosfera di eccezionale malizia.
-La concessione
Pare che la giovane si trovasse persuasa, anzi assai tentata dal quadro e si concedesse al marito. E’ certo che il marito durante il primo amplesso, guardando il quadro al posto della nobildonna che tanto in passato aveva desiderato, venisse al dunque troppo presto. E successe anche la seconda volta e anche la terza. E nessuno ha mai contato le altre volte ma sicuramente furono molte. E iniziò a dubitare della verità dell’arte e a chiedersi perché nel quadro la donna fosse sì soddisfatta.
-La confessione
Quale miglior interlocutore che un pretastro per disquisire della non veridicità dell’arte, pensava la giovane. Ma ebbe di che ricredersi, e il monsignore ben presto si rivelò il maggior sostenitore dell’arte pagana. La dama iniziò a capire.
Iniziò a darsi ad amori più occasionali, che pagavano per così dire, il conto subito. E si ritrovò, in certi momenti, ad essere più soddisfatta della Venere del quadro.
-Conclusione moraleggiante
L’intrigo intrigò colui che voleva intrigare che si trovò a dormire solo la notte. Troppo umiliato per punire l’ adultera faceva finta di niente.
E nel palazzo se ne faceva un gran parlare: di come l’arte più splendida possa generare lo squallore più vero se realizzata con intenti malevoli.
O forse qualcuno vorrà darmi torto dicendo che è bello masturbarsi?
-Conclusione
La nova sega dell'arte, per non morirla qui
continua...

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Cavalli si scrive con la C maiuscola magari.

Baro ha detto...

è M-A-G-N-I-F-I-C-O

Rodrizio ha detto...

sei sempre il piu bravo...prolisso ma succulentissimo

Anonimo ha detto...

mi fate ribrezzo...avrei paura ad addormentarmi vicino a voi.

Rodrizio ha detto...

sano di mente hai risvegliato il nostro appetito sessuale