Cancellare il futuro per permettere al passato di compiersi sembrerebbe il proclama di una di quelle perverse esercitazioni di stile che si spendono nell'ideare dei futuri di merda come per dimostrare che il nostro presente non lo sia poi tanto.
A questo torneremo dopo.
Cancellare il futuro per permettere al passato di compiersi è, in realtà, una dichiarazione d'amore. Un gesto d'amore purissimo, come gli sguardi ricchi di complicità in cui ciascuno pensa ad una cosa diversa ma intimamente si comprende che questa potrebbe anche essere la stessa, purché non la si pronunci a voce alta, cosicché per amore si lasci ad intendere un'errata verità: ecce amo. Il principio di indeterminazione di Heisenberg applicato al più nobile dei sentimenti: fino a che non la si misuri, ci sia fiducia.
Cancellare il futuro per permettere al passato di compiersi sembra uno di quei mantra da social post con il tempo di lettura indicato e la catchphrase in copertina. Il mondo è tutto un susseguirsi di guilty pleasure se lo si osserva con sufficiente cinismo. Quindi: meglio abbondare.
A chiunque si sia appena connesso ricordiamo che solo un Sith vive di assoluti: non ci sia cecità nell'interpretazione del metodo, né malizia, né volontà diverse dall'impegno. Perché cancellare il futuro per permettere al passato di compiersi è la sostenuta promessa volta a rendere reali i nostri impegni, eliminando ogni futuro non coerente con essi, non importa quanto semplice, quanto invitante esso possa sembrare.
È per via di questo metodo che al mondo esistono decisioni apparentemente illogiche che osservate con le lenti di questa personalissima altimetria rivelano vette invalicabili e orrendi crepacci là dove apparentemente si stendevano dolci pendii e fresche oasi.
Stacco.
Comincia quella che all'apparenza si direbbe una delle serate più calme del mondo. Le cabrate scattose di rondini e pipistrelli si confondono nella prima, vera, calda aria crepuscolare. I suoni della strada arrivano come in ritardo, trattenuti dal tiepido profumo delle nespole quasi mature. Fioriscono fiori e persone di cui non conosco il nome. Il mondo, adesso, appare come qualcosa per cui valga la pena restare svegli, senza potersene perdere un minuto.
Al giro di boa arriva il nostro turno di immergerci. Nessun segnale convenuto, nessun grido e nessuna indicazione: ci inabissiamo come seguendo una legge di natura, forse la gravità stessa.
L'immagine che ho del mondo perde sostanza mentre scendo in profondità, verso strati pulsanti, più vivi di ogni cosa viva.
Riemergo.
Credo che la stagnazione che ci fa sentire imprigionati nell'ultimo secolo sia dovuta in primo luogo a quella globalizzazione che avrebbe dovuto traghettarci verso un mondo nuovo. Alla necessità di raggiungere nuovi equilibri si è aggiunta la consapevolezza di sapere poco o nulla della parte di mondo a noi più prossima. È più facile conoscere New York rispetto alle città della propria provincia. È più facile andare a New York che raggiungere molte delle città del proprio paese. Ha più senso andare a New York che sul tetto del palazzo di fronte, ma il senso di cui parlo non è una delle regole dell'universo: è una valuta del tutto umana, soggetta ad ogni sorta di umore e di variazione. È praticamente sicuro che considerare New York il centro del mondo per fare un esempio sia un concetto ormai superato, da boomer o da millennial, non appena millenial acquisirà una connotazione negativa.
Quali dei futuri possibili che abbiamo cancellato ci avrebbe potuto portare ad un presente diverso? Inutile pentirsi, inutile infuriarsi, tutto è inutile tranne il passato: si potrà compiere soltanto cancellando altro futuro.
1 commento:
Memementre u u u ma segretataria pre ende appup unti in Australia un english man in New York
Posta un commento