sabato, ottobre 17, 2020

La paranza delle streghe

Aria salmastra per cambiare aria, cambiamenti che non portano nulla di buono. Se vivi abbastanza a lungo ed hai una buona memoria, finisci per non credere più a nulla. Eppure, le anziane si riferivano alla morte come al momento di massima comprensione. La notte prima di morire, lapidata dai contadini tremanti di un paesino nelle Langhe, la sua madrina le aveva detto che avrebbe visitato la luna quando avrebbe capito. Fu allora che le fu chiaro che anche per le streghe esistevano cose impossibili e che sognavano di farle, o di raggiungerle, una volta che avessero lasciato questo mondo.

"Le regole sono sempre troppe", aveva detto una volta una sua compagna, quando ancora non aveva nemmeno cent'anni, mentre lasciava che un albero le sussurrasse i suoi segreti coprendola di foglie morte. Ora, salendo sulla barca con difficoltà, incerta sotto al peso di tutti i suoi anni, cercava di spiegare alle sue apprendiste che anche in questo c'era un fondo di verità: non c'era modo di aggirare la forza di gravità, di tramutarsi in un gatto per sfuggire alle proprie responsabilità, di diventare invisibile per non dover dire la verità, senza sentire sempre più stretta la regola principale, la regola del dover stare al gioco e vivere, nonostante tutti i trucchi che la magia gli poteva concedere.

Una regola particolarmente odiata era quella di non potersi trasformare in esseri marini, da cui la necessità di spostarsi su quella bagnarola. Per questo, si diceva, tutte le streghe che andavano a Venezia facevano una brutta fine. Specialmente quando era più giovane, aveva spesso ripetuto a se stessa che sarebbe andata a Venezia quando avrebbe capito.
Eppure, adesso che il momento della comprensione si faceva più vicino - perché non è che le streghe vivano per sempre, è solo che spesso muoiono di morte violenta prima del tempo che la natura concede loro - che fosse perché il mondo si faceva sempre più scaltro o perché i suoi giorni stessero davvero per finire, non riusciva più a dirlo con la stessa convinzione.
Avrebbe voluto vedere con i suoi occhi San Marco, le calli, le gondole, i canali pieni di turisti e le piazze piene di piccioni; avrebbe soprattutto voluto vedere tutto questo dal fondo, sdraiata sul fango su cui la città si reggeva, sentendo la pressione di quell'opera insensata sopra di sé mentre i raggi del sole la cercavano inutilmente dall'alto.
Erano nate insieme, lei e quella città, e forse per questo sentiva quell'attrazione farsi sempre più forte col passare del tempo.

Una delle ragazze la chiamò, facendo domande a cui non aveva voglia di rispondere, su argomenti che aveva già trattato mille altre volte. Senza nessuna voglia di adempiere al suo ruolo di madrina si tramutò in gabbiano, sollevandosi sopra alla barca con l'aiuto del vento notturno: avrebbero capito quando avrebbero capito.

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