giovedì, agosto 24, 2017

Un meme di me


Eccolo laggiù, in fondo al corridoio. Sta leggendo un foglio, attento. E' un uomo alto e vigoroso, suo padre. Ricorda che qualcuno, quando era bambina, era solito descriverlo come un'uomo d'altri tempi. Probabilmente si tratta della perizia psicologica che la scuola ha inviato a tutti i genitori, dopo aver finalmente introdotto i loro figli all'Attinenza, in seguito ad una gita propedeutica di due settimane.

La vede, abbassando le braccia per allargarle subito dopo; esclamando: "la mia bambina!".
Sorride piegando il foglio in quattro e riponendolo nella tasca posteriore dei pantaloni prima di abbracciarla. Candidi pantaloni di quest'altra epoca, che si piegano mentre raccoglie la sua valigia.
Fatica a trovare altre parole, ma neanche lei sa bene cosa dire.
"Quindi è andata bene?" azzarda mentre escono dalla scuola, diretti verso la New Yorker blu nuova fiammante.
Lui scoppia in una risata fragorosa: "Dovresti dirmelo tu piccola: come ti senti? Il tuo mondo è sottosopra?"
"Abbastanza...è tutto molto...normale, in realtà".
Annuisce, mentre le tiene aperta la portiera.
"Capisco benissimo! Provai la stessa cosa, alla tua età. Che ricordi!"
Amanda si tira la cintura sul petto, incerta. Vorrebbe fare una battuta, chiedere se anche quando lui aveva la sua età fosse il 1955, ma si accorge che lo scherzo sortirebbe l'effetto opposto. Lasciano il parcheggio della scuola con un frusciare di gomme sulle foglie secche.

Si domanda se la psicologa abbia capito che sapeva già tutto dell'Attinenza, degli Scenari, dei mille mondi paralleli inventati dall'uomo per giustificare nuove forme di crescita e di consumo. A giudicare dalla conversazione in corso, si direbbe di no: il padre di Amanda parla e guida sereno, come sempre, sporgendosi premurosamente ad ogni incrocio sul sedile per esaminare il traffico in arrivo.
Praticamente, tutti i ragazzi giusti a scuola sapevano dell'Attinenza da tempo.
Suzanne, una sua compagna di classe, le aveva mostrato tutto su un tablet l'estate prima. Aveva accettato con calma e naturalezza ogni sorpresa, tablet compreso. Durante la spiegazione finale, la mattina, si era resa conto che "gli adulti" fossero molto, troppo preoccupati delle conseguenze di quelle rivelazioni. Certo, il loro Scenario era particolarmente chiuso e protettivo, ma le sembravano comunque inutili premure. Parevano essere parte di una formalità, come attori di una recita, ossequiosi officianti di un rito dimenticato e mai completamente compreso.

Con queste novità, nonostante le persistenti incertezze, molte stranezze e molti concetti nebulosi della vita di tutti i giorni avevano finalmente trovato un significato nuovo e adatto a tutto. O meglio, una conferma in cui aveva - da sempre - segretamente ed inconsapevolmente sperato: il mondo che abitava non era veramente reale. Aveva comunque scelto di non parlarne, specialmente con suo padre, lasciandosi cullare dal morbido scorrere del tempo del suo universo di vicinato. Ora, compiuto il rito di passaggio, non c'era più bisogno di tacere, eppure le parole faticavano ad uscire.
Apparentemente, esistevano Scenari con approcci più aperti e meno attenti alla possibilità che un ragazzo potesse restare turbato, confondendo la realtà con la fantasia: avrebbe voluto visitarli, oppure no? Avrebbe avuto un altro anno per ragionare sul da farsi ed affacciarsi al nuovo mondo reale, nato stancamente ai confini di quelle vie così familiari, portandola a diventare grande due volte.

"Andiamo a mangiare la pizza, d'accordo?"
L'automobile svolta per imboccare Happy Days Drive.

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