martedì, maggio 01, 2007

Cosi impariamo

quando nessuno scrive il blog viene a cercare me, mi scuote dalle faccende di ogni giorno e mi pone innanzi all'annoso problema con parole perentorie ed incalzanti: "Due dei tre caballeros sono persone che si credono sacerdoti di Cibele che si credono attori: non hanno tempo.Tu sei sempre qui che pencoli con gli occhi arsi dal monitor: fai qualcosa!"
e io fortunatamente sono ancora abbastanza insubordinato da rispondere:
"Tuttavia anche essi pencolano con gli occhi arsi ed arrossati davanti al monitor: che lo facciano loro!"
essa però mi risponde ancora col monotono epiteto formulare:
"Essi sono persone che si credono sacerdoti di Cibele che si credono attori: non hanno tempo."
e allora mi piego, ma non mi spezzo, prendo il tema suggeritomi in sogno da cachi troppo maturi e decido di farlo a modo mio: di farlo kilometrico.


Il dato cromatico nella canzone italiana.
E' inutile farsi odiare dal lettore dilungandosi in discussioni filologiche sul perchè e sul percome la nostra cultura si basi anche e soprattutto sul pregiudizio costantemente instillato dall'oratore ai suoi ascoltatori (o lettori): l'aggettivo.Bello buono brutto magro idilliaco borioso eclettico retorico: in ogni caso l'opinione viene letta e presa per buona da altri invece di essere vissuta e maturata in noi.Ma parliamo d'altro.Parliamo della canzone italiana ed adduciamo pratici esempio noti alla maggioranza del gran pubblico in modo da non risultare noiosi, ma solo tediosi: se De Andrè avesse cantato :

a salutare chi per un poco
senza pretese, senza pretese,
a salutare chi per un poco
portò l'amore nel paese.
C'era un cartello giallo
con una scritta gialla
diceva...

e la canzone si sarebbe sicuramente fermata li', per l'impossibilità dell'autore di cantare qualcosa di cui l'autore non si sarebbe potuto in ogni caso fare un idea essendo il cartello illeggibile, e quindi non contenendo scritte di sorta che potessero essere intese o capite.Mi capite?Spero di si, perchè qui ne cartello nè scritta sono gialle, ma troviamo solo quello stesso nero che fu del mare di Battisti.Già, mare nero: che ossimoro, che verve artistica, che confusione.Cosi tanta confusione che quegli stessi uomini che a quel tempo furon giovani oggi ammettono di non averne mai colto pienamente il significato.Che senso aveva parlare del nero di un mare o del rosso di delle banali scarpette?Tanto quanto quello di fare un post che non comprenda nella sua critica la possibilità della metafora e del senso interpretativo dell'ascoltatore, che vede la purezza nelle banali scarpette di un certo colore o l'ingordigia in quelle di un certo altro.

Che sia un motivo di rime a spingere i cantautori a lancarsi nel mondo freqenziale dei colori quando le stesse frequenze della musica non potranno comunque mai raggiungere le tonalità del rosso o del viola?Forse si', e non solo nella musica nostrana:

For here
Am I sitting in a tin can
Far above the world
Planet earth is blue
And theres nothing I can do

Lo sappiamo tutti che il pianeta pekopon su cui viviamo è blu (e in parte verde) no?E allora che bisogno cè di dirlo?Ho anche sbagliato carattere tre o quattro volte ma tutto questo non importa: planet earth is blue
and theres nothing I can do

Cosi imparate.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

buuuuuuuuuuuuuuu

Anonimo ha detto...

non mi è dispiaciuto

Anonimo ha detto...

ho il tuo scontrino

Anonimo ha detto...

sei merda