giovedì, agosto 29, 2019

Full of wonder, braided mouth

Fuoriclasse vero. Vorrei davvero capire come sia finito qui: il reparto reggiseni ha un profumo piccante che non riconosco; che sicuramente non riconosce nemmeno lui.

È una promessa, una promessa di cosa?
Guarda i prezzi come se volesse comprarne uno, ne saggia la morbidezza benché non sappia di cosa si tratti. La promessa ritorna ancora una volta: parla dell'estate, sussurrando sbiaditi ricordi futuri del periodo successivo all'accoppiamento, indulgendo nella zona alta del naso; un punto caldo e tranquillo che grida "indipendenza". 
La solitudine con gli altri: l'elezione tra i pari. 
Ecco: profumo di adulazione? 
No: sono solo reggiseni, indumenti come tanti altri.


Mi siedo tre camerini dopo il suo, in attesa del momento giusto. Povero coniglio, fino a sei giorni fa non avevi nemmeno idea di come fosse fatto un reggiseno o a cosa servisse. Mi ricordo di quando prendevo tra le mani i tuoi fratelli e le tue sorelle per accarezzarli con le mie mani di metallo.
Outfit di oggi: guanti neri made in Japan, comprati in questo stesso centro commerciale. 
Non ti ho mai accarezzato: forse, anche per questo, il professore scelse proprio te per l'esperimento. Così avrei potuto cacciarti senza pietà quando saresti scappato.

Quale natura ti guida alla fuga? Quella di uomo, o quella di coniglio?
Ti immagino tastare i reggiseni di fronte allo specchio: incantato dai loro colori pastello, tenui e trasognati; sbalordito dal pizzo fresco e regolare come un mandala di schiuma di mare; intimorito dalla severa struttura dei ferretti, nascosti come lame nel fodero.
Sto per fare la mia mossa, ma uno dei camerini tra noi viene improvvisamente occupato da due ragazze straniere. Rinuncio: troppi testimoni. 

Fino a pochi giorni fa sgranocchiavi carote ed io dovevo solo preoccuparmi che fossero abbastanza. Come vola il tempo: prima che potessi rendermene conto sei diventato un fuoriclasse. Il professore sa vederci lungo, anche quando sembra soltanto fissare il vuoto. Devo riportarti da lui, sull'isola, prima che tu faccia qualche casino. Esaminare dei reggiseni non è un casino, se ti limiti a questo, ma non posso rischiare.

Si apre la porta.
È occupato?
No, no, certamente, prego: esco.
Fingo di valutare l'acquisto di una maglietta prima di tornare al tuo camerino per aprirlo: sparito. Mi sono distratto ancora una volta.

Deve essere colpa di questo profumo: dice così tante cose che quasi non mi sento pensare.

lunedì, agosto 26, 2019

Welcome back

Un caffè per i tuoi pensieri, purché siano impuri. Throwback thursday: nuovo palco per una vecchia malinconia irrisolta. La tara tramandata da genitore a generato del compiacersi per le scelte non fatte.


Mio nonno avrebbe potuto comprare una casa a Varigotti, in tempo di guerra. Qualsiasi cosa fosse la guerra. Ho un ricordo non mio a cui tornare: una mano tasta il cratere di un camminamento in calcestruzzo, dipinto di rosso come a simboleggiare una ferita sulla pietra. Un murales con scritto "sfarzo" e una riga di lattine di Sprite sbiancate dal sole.

Throwback ad oggi: fallito. Sono bloccato nel 1943, durante il bombardamento del porto di Ancona. Che palle la guerra, penso: ma la mia opinione non conta. Forse è proprio questa, la guerra: la tua opinione non conta.

Allora perché non sperare in una guerra nuova, se ci siamo stufati di questa?
Previsioni del tempo per domani: non pervenute. Se gli americani lo volessero, qualsiasi cosa siano questi "americani", non avremmo più il GPS nel giro di venti secondi.
Pegaso, ti vedo ferito e stanco. Già quando eri un feto avevo dubitato che le tue ali potessero portarti nel cielo. Eppure, hai volato: eccoti sfrecciare tra le nubi in fiamme. Ricordi di bombardamenti vissuti in prima persona: non pervenuti.

Throwback alla storia di mio nonno: dall'altro ramo della famiglia, una bomba era atterrata sul letto lasciato malvolentieri dopo innumerevoli falsi allarmi. Donnie Darko ma senza il patema psicologico. Anzi, chi può dirlo?

They made me do it. C'era quella storia del filosofo che aveva intervistato il pilota dell'Enola Gay.
They made me do it. Mentre Saddam sorride sotto i baffi tra le pagine di qualche sussidiario bocciato dalla commissione per essersi addentrato oltre due capoversi negli anni di piombo.
They made me do it. Mentre le forze dell'ordine indicano un kalashnikov rinvenuto in un bidone dell'immondizia, prima che Brokeback Mountain stimolasse una nuova linea di vacanze in campeggio, per la gioia dei tour operator.
They made me do it. I tour operator: l'unica categoria in questo mondo di solitudine che si rifiuti di ammettere di essersi estinta, tanto tempo fa, prima ancora della propria invenzione.
They made me do it. Odio questa narrativa di elenchi, come se si facesse la spesa delle emozioni tra i pannolini e i croissant.
They made me do it, con le pubblicità progresso che cercano di farti credere che la peer pressure non sia più forte del libero arbitrio.
They made me do it: quando Greta geme di piacere mentre ricondividiamo le foto dei giaguari in fiamme.
They made me do it: mentre il disastro della British Petroleum viene dimenticato perfino dai pellicani che lo hanno vissuto.
They made me do it: con le serpentiniti di Cogoleto tinte dal greggio.
They made me do it: mentre cerco di rincorrere invano un pensiero su questo touchscreen prodotto in Cina, reso torbido dall'alcol e dal cibo da strada (io, non lo schermo), dalla noia e dai social network (il telefono, non io).

Intravedo Gerri Scotti tutto sudato che mi chiede chi incolpare per un milione di euro: me stesso o gli altri? Just do it.
Me stesso, rispondo, mentre la pira di banconote euroconformi vagamente ispirate al monopoli si incendia.
Me stesso, imploro, mentre le pagine dei fumetti orientali che non ho mai pagato si riducono in cenere e lapilli.
Me stesso, grido, mentre i fumi delle VHS dei film est europei che ho piratato mi strangolano senza pietà.

La guerra, dubito possa esistere qualcosa di tanto assurdo: qui non ci siamo che noi.

Post scriptum: La settimana prossima andremo al mare a Varigotti: save the date, che in russo si traduce più o meno con "sokhranit' datu".

Saremo imprigionati in una realtà alternativa in cui la guerra fredda è stata vinta appunto dai russi. Sarà un sogno con grandi statue dai visi severi. Tutti guarderemo Marte chiamandolo solo "il pianeta rosso" e berremo caffè da grandi samovar fumanti, mentre il telegiornale mostrerà le foto della sonda Soyuz X.

Guardami negli occhi: sicuramente starò facendo pensieri impuri. Finalmente ci sarà l'energia nucleare anche in Italia, qualsiasi cosa sia questa "Italia". Le auto ad idrogeno caldamente consigliate dal partito avranno nomi come Velocità ed Ardore, ma sembrerà davvero una cosa normale: tanto a Varigotti parcheggiare prima di settembre è impossibile anche in questo sogno a metà tra lo scherzo e la preghiera.

Non so quale sia la casa, non ricordo oppure non voglio ricordarlo. Mi verso un'ultima vodka prima di prendere ancora il largo da fermo: è bello essere tornati.