Non si chiede nemmeno per un istante che cosa ne sia stato della mummia e dell'altra donna, ma non è più la memoria a tradirlo. La sua attenzione ora è interamente concentrata su quel gesto di togliersi qualcosa dalla bocca, qualcosa forse di disgustoso o di velenoso, per darlo ad un uomo sempre più solo e sempre più disperato.
Cerca indizi per ricostruire il senso della visione lungo il resto del tragitto: guarda le vetrate impolverate e censurate dalle assi e sperando di trovarvi, aldilà, un indizio. Cammina, sempre scortato, attraverso lunghi corridoi, lamentandosi con se stesso per la mancanza di appigli su cui costruire un ragionamento.
Sembra quasi, alle facce stanche e senza speranza che lo vedono passare, non il solito nuovo arrivato, ma una sorta di sovrintendente o ispettore, che anticipi camminando sempre più svelto e febbrile la pistola che lo tiene sotto tiro. Pare che lei più che condurlo sotto una posteriore minaccia lo pedini, come un cattivo dei cartoni animati in agguato.
Quando finalmente si accorge dei volti che lo guardano ritrova in essi, con un sussulto, la stessa disperazione debole e muta dell'uomo del suo ricordo. Finalmente viene fatto entrare a spintoni, recalcitrante perché desideroso tornare a rivedere quegli occhi per capire se fossero gli stessi, in una delle poche stanze ancora con la porta. Il pavimento, a parte le prime quattro piastrelle oltre la soglia, manca completamente e lampade a risparmio energetico rivelano una voragine di quattro o cinque metri scavata nelle fondamenta dell'edificio e nella terra.
Sul fondo della buca, cui arriva grazie ad una scala di corda come insanguinata, un vecchio pallido e segnato gratta la terra a mani nude. Quando, dietro minacce, anche il precedentemente smemorato si mette a scavare con le unghie e con le mani e la porta si richiude sopra di loro, il vecchio si gira per dire in un sussurro: "Almeno oggi non ci torturano".
2 commenti:
chiaramente si tratta del Liceo
ahaha! proprio non ci avevo pensato!
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