martedì, luglio 12, 2011

Contingenze elementari (tredicesima ed ultima parte)

Il proprietario del libro sbucò improvvisamente da un angolo, correndogli incontro.
Era seguito dalla madre, che poco distante guardava corrucciata uno spesso ventaglio.
"Siamo ancora indecisi, sai che vogliamo ridipingere la sua stanza. Aiutami a scegliere il colore, uno di questi qui. Intanto facciamo un attimo un giro nel negozio, torniamo subito."

Si ritrovò in un attimo nuovamente solo. Guardò il campionario incuriosito, aperto su una striscetta di gialli. Alcuni erano inconfondibilmente diversi, altri si distinguevano a malapena, diversi solo per minime variazioni di temperatura del colore. Uno catturò la sua attenzione. Gli sembrava proprio bello: avvolgente, esplicito, intenso.

Ma immaginò che non doveva essere un bel colore, doveva essere il colore per la stanza di suo nipote. Il colore dove avrebbe proseguito la sua crescita, o almeno una parte. Che cosa gli veniva richiesto allora? Un colore che gli sembrasse quello giusto per quel compito o un colore che gli sembrasse complessivamente il migliore? Sapeva che la sua scelta sarebbe cambiata a seconda della risposta, ma sapeva anche che se avesse dovuto scegliere quello più adatto per la stanza di un bambino ipotetico, assoluto, la scelta non sarebbe poi stata tanto distante da quella di sua sorella.

Ma allora perché avere la sua opinione, se il senso comune richiedeva un colore preciso? Serviva un giallo luminoso ma resistente agli stress cui un ragazzino lo avrebbe sottoposto. Lo poteva vedere chiaramente: una tonalità usata ed amichevole. Non era per insicurezza che il suo parere era stato chiesto, né per bisogno di una conferma.

La domanda era stata probabilmente posta senza un vero motivo, un pò per parlare e un pò per far parlare. Come per ogni cosa in cui il gusto era chiamato ad esprimersi, la risposta non importava poi tanto.

Gli sembrò chiaro in quel momento come il sogno non potesse essere altro che la rielaborazione e la contemplazione di qualcosa di interno, finito e personale; mentre la vita, la realtà condivisa con altri esseri viventi, non fosse che l'esperienza di eventi esterni ad ogni cosa e non appartenenti a nessuno. Si sentì disperatamente solo al pensiero che i due mondi della vita biologica e di quella della coscienza non potessero entrare in contatto.
Al massimo guardarsi, pieni di speranza, da lontano.

1 commento:

Voldemort ha detto...

pensavo finisse male. E invece guarda che lieto fine