Carmen inserisce la presa e lo schermo del portatile illumina un po' di più le quattro pareti della stanza. Stringe i capelli in una nuova coda, determinata a chiudere la questione entro sera.
E' stata una giornata pessima al lavoro, poi al supermercato, poi all'ospedale. E' stata una giornata pessima nelle scale del condominio, davanti al lavandino da pulire. Sarà una giornata pessima anche domani.
Carmen si versa un bicchiere di Porto. E' un bicchiere originale, viene dal Portogallo. Il Porto no, era in sconto, sotto Natale, dalla vineria vicino all'ospedale. Le viene in mente una scena di un vecchio film, ma potrebbe essere successo anche a casa sua: un uomo con un cappotto in mano si gira ed annuncia: "Porto tua madre al patio, a ballare la samba." Forse era una scena in bianco e nero, e allora non potrebbe essere un ricordo.
Domenica, al parco, l'editore ha detto di cambiare il nome di Walt in qualcos'altro. Chiamarlo editore è troppo, forse, visto che sembra di più un fallito qualunque. Editore è il termine che lei usa quando esce il discorso tra amiche. La settimana scorsa, sul taxi che le portava in discoteca, ha detto: "Il mio editore ha detto di aspettare l'estate. Giugno, massimo luglio." Aspettare l'estate, mentre la popolarità acquista con le sue fanfiction cala inesorabilmente, trascinata nel vortice dell'incalzante cambiamento.
"Il mio fallito ha detto di aspettare l'estate. Giugno, massimo luglio, e poi potrò finalmente fallire anche io." Fallire, sì, ma nemmeno in modo sonoro, chiaro, totale. Fallire di quel fallimento interpretabile, digitale, in cui non esiste il macero ma soltanto il disinteressato impilarsi di titoli altisonanti su interminabili e gelide scaffalature virtuali. Fallire per i posteri e la loro buona venuta, fallire per il loro sguardo imparziale che la solleverà a nuove vette. Criticandola, parlando di Carmen e del suo "Walter dai capelli di pioggia", sempre che non cambi in "Donald dai capelli di pioggia" o "Arturo dai capelli di pioggia".
Fallire lentamente, al parco con l'editore ed i suoi discorsi sull'importanza di comprare casa in una buona zona piuttosto che in una zona buona; fallire nel disperato tentativo di scegliere il miglior shampoo al miglior prezzo. Fallire nel cercare parcheggio, nel creare un privato universo di testo in cui tutti possano credere.
Un universo dove, come in questo, è il male a fallire; ma in cui la divisione tra male e bene è predeterminata a tavolino. Riuscire, anche se in modo incompleto, a spegnere l'ansia per questa nostra ignoranza nel Porto, per quanto sia poco. L'ignoranza di distinguere il bene dal male se non a cose fatte. L'incapacità di schierarsi senza covare fra sé il dubbio che il nostro stesso schieramento pregiudichi la definizione del totale.
Il nome del protagonista, nemmeno quello sono più libera di decidere: pensa Carmen strapandosi i capelli nel gesto di raccogliere una coda. Un nome che sia un nome parlante, un nome con un significato, per quanto inutile, un nome che richiami ad un nome esistente anche se in un mondo di fantasia. Un nome che inneschi le corrette chiavi di ricerca, che prema i giusti interruttori del consenso. In pratica, pensa Carmen vuotando il suo bicchiere portoghese, un nome che renda più simile ad una fanfiction il mio racconto originale.