Ha perso il numero dei cambi di stanza. La miniera non è tanto grande quanto intricata. Nei trasferimenti si finisce sempre per passare per tre ambienti principali: l'ingresso, la sala con la macchina del caffè ed una grande stanza con una parete murata di fresco e due porte. Su una delle porte c'è una targa con scritto SALA PESI.
Il suo compagno di fossa parla infaticabilmente per ore.
"Sai perché non dobbiamo preoccuparci? Io sono già stato in un'associazione, proprio come questa. Siamo come membri di un club."
Cerca di concentrarsi sul pensiero di quella donna e della pietra che estrae dalla bocca per non ascoltare quello che dice anche se è costretto a sentirlo. Il suo compagno gli ricorda dell'esistenza della miniera, la miniera gli ricorda l'esistenza della tortura.
Si illumina al pensiero che concentrarsi sul suo ricordo non sia che un'alternativa a scavare. Una forma di occupazione suggerita, inutile ma attiva. Passeggiate per l'animo.
"Io sono stato in un club, in numerosi club. Di sicuro le associazioni non uccidono i propri membri. Sono proprio come gli uomini che la compongono, queste organizzazioni: vogliono solo sopravvivere. Per sopravvivere hanno bisogno di noi. Come farebbe un ospedale senza malati?"
Lo sguardo dell'uomo che riceve la pietra si fa più contrito e doloroso man mano che si immerge nel pensiero.
"...le associazioni intendono spesso la filantropia in modo distorto e preferenziale cosicché la struttura che permette il raggiungimento delle virtù finisce per superare per importanza la virtù stessa."
Più ci pensa, più riesce a vedere la pietra. E' lontanamente di forma ovale, grigio scuro, con striature ramate sul lato che striscia contro il labbro superiore nell'uscita. Magari si tratta di rossetto, pensa.
"Non correremo alcun rischio, perché non ci faranno portare personalmente quello che è successo qui dentro nel resto del mondo. Faranno entrare il mondo nella miniera, piuttosto. Le associazioni in genere non vogliono che il mondo sia cambiato in generale. Vogliono che sia cambiato attraverso di esse. Di qui, il proselitismo.
Questa miniera, vista con un certo fatalismo, non è niente di cui preoccuparsi. Ti spiego meglio: se resistiamo abbastanza, potremo assistere ad una delle due cose che sto per dirti.
In un caso la miniera ha successo e si propaga. Con l'arrivo di nuovi ospiti chi più adatto di noi per fare da inservienti? Saremmo eletti come migliori per prassi: per il semplice fatto di essere arrivati qui per primi. Nell'altro caso la miniera fallisce: smettono prima di darci da mangiare, poi gli inservienti cominciano a non farsi più vedere. Un bel giorno prendiamo il coraggio a due mani e usciamo. Qualunque fosse il processo di trasformazione che subiamo qui dentro, si interrompe e torniamo a vivere nel mondo esterno. In un certo senso l'opzione due è una desolante, gigantesca perdita di tempo.
Ma entrambe le opzioni ci vedono vivi. Fidati: qualsiasi sia il pensiero che vogliono farci arrivare a pensare, l'unico modo in cui vogliono che tu arrivi a formularlo è attraverso la miniera. Questo significa che quello che ci succede ora, di per se, è innocuo.
Visto che non intervieni, continuerò ancora per un pò.
Te lo dico sinceramente, se non mi fermi posso andare avanti ancora e ancora.
Tutto qui, tutto quello che ci circonda, non è tautologico per caso. - fa una pausa come rispettando, nonostante il riferimento che intuiamo essere quasi esplicito, la legge non scritta che impedisce di parlare in qualsiasi modo della tortura. Ma l'accenno all'idea di tautologia è abbastanza a far scattare qualche molla nella sua attenzione deviata. Con questo ha finalmente la certezza che la tortura sia la stessa per tutti. Quale sia la logica del ragionamento che lo porta a dire tutto questo ci sfugge, essendo appunto collegato ad una tortura di cui non sappiamo niente. - Una volta che c'è il libro o che è stata scritta la canzone, il contenuto stesso di quel libro o di quella canzone non è più importante, purché sia presente. Allora ecco lo scrivere sulla scrittura, il cantare dell'ascolto della canzone che si sta cantando."
Fa una pausa, finalmente, ma è solo per farsi più vicino.
"Lo sapevi che l'universo di Tolkien nasce da una canzone? Un universo in cui le creature stesse che lo vivono cantano. Ti dice niente? Un mondo in cui la magia spesso si esprime come canzone. Nei suoi libri compaiono tantissime canzoni e i personaggi cantando creano una strana risonanza che coinvolge anche il lettore: un'eco frattale di creazione."
Prova una strana empatia superficiale per quest'uomo, nonostante il ribollire profondo di sentimenti contrastanti. Tanto da potersi immedesimare in lui e non sapere più quale dei due abbia cominciato ad immaginare di essere l'altro.
"E va bene, cambiamo discorso Signor Silenzioso. Cambiamo ma non troppo: ti ho mai detto che ho un blog con due amici? Si chiama I tre caballeros."