mercoledì, settembre 11, 2024

Il singhiozzo delle montagne

Aspetterò finché non sarai tornato.

Tutti i comandamenti più potenti si fondano sulla negazione.
Non fare quello, non dire questo, non rappresentare specificatamente la tal cosa.
Gli altri hanno un po' il sapore di quei consigli che gli adulti insoddisfatti da alcune scelte del loro percorso di vita dispensano ai bambini senza troppa convinzione che questi possano sortire davvero un qualche effetto.
Sii buono, abbi pazienza, datti da fare.
Frasi come NON FARMI INCAZZARE presentano, al confronto, la smisurata energia di un assolo dei Metallica.
Il potere della negazione è una minaccia, la promessa che ci sarà un seguito ad ogni azione. Ogni negazione lascia intravedere un futuro, spesso il peggiore possibile.

La lettura della pagina di Wikipedia sulla negazione espletiva (o fraseologica) è un ottimo esercizio di comprensione del testo.
Visto lo stato in cui si trova il mondo, e senza più alcun dubbio che questa sia effettivamente la sua vera natura - grazie alla globalizzazione, non ho timore di ammettere che l'analfabetismo di ritorno abbia colpito in qualche modo anche me.

Non capisco e non si tratta della negazione espletiva. È quasi come se il suono prevalesse sul significato delle parole. Rileggo ciò che io stesso ho scritto per paura di non capirlo e non si tratta della negazione espletiva. È quasi come se le caratteristiche fondamentali della fisica rimanessero le più importanti anche dove saremmo portati a considerare di maggiore importanza il loro significato umano. Che forse non conta un cazzo e, anche stavolta, non si tratta della negazione espletiva. Tanto c'è di bello, quanto c'è di buono. In mezzo, solo la confusione - letteralmente il rumore di fondo - dei nostri significati.

C'è uno xilofono nel mio cervello ed ogni volta che qualcuno mi comunica o devo esprimere qualcosa, uno dei tasti vibra gioiosamente il suo suono. Qualcuno dei tasti è rotto, qualcuno l'ho perso, qualche altro suona molto, molto, molto piano. Mi vengono in aiuto il verbo capire e la sua radice a chiarire che i concetti vadano presi e compresi per poterli trasmettere. Il tasto corrispondente alle frasi corredate da una negazione espletiva suona diversamente da quello che c'è scritto sopra, e non per qualche ragione legata al suo significato ma perché un suono non può che essere sé stesso a prescindere dal nome che appiccichiamo sul tasto che lo esprime.

Mi viene in mente quel professore che studiando le scansioni cerebrali si accorse che le stesse aree si attivino tanto nell'oratore quanto nell'ascoltatore. Penso che il linguaggio ed i concetti possano essere oggetti molto più concreti di quanto saremmo intenzionati a credere, attribuendo forse per vanto un'importanza alla forma del linguaggio. Una struttura non organica, organizzata per oggetti, semplice per quanto articolata: una precisa frequenza del nostro cervello.
Io Tarzan, tu Jane.
Le frasi equiparate ai gesti, le nostre lunghe perifrasi poco più che geroglifici ben scolpiti nel dettaglio. L'intenzione al di sopra dell'intelligenza, riconfermata dall'importanza del linguaggio non verbale.

C'è qeul faomso meme che gria su inrtenet rigarudo all'odirne delle letetre nelle parole: nonostante tutto, si capisce tutto lo stesso. Per un sistema sufficientemente avanzato, c'è un universo di significato tra due note.

Ma allora, perché il singhiozzo delle montagne?
Guardo la strada davanti a me - odo la Tosca tra i violini, ma invece dei violini vedo la voce di mio padre. Babbino caro! Questo grande di noi fumo, infine un dì vedranno? Guardo la strada davanti a me e rivedo futuri passati. Strade immaginate in un tempo lontanissimo, oggi sono reali. Mi sento colpevole ad aver immaginato simili accidentali corretti pronostici. Mostruoso futuro, non posso che cercare di odiarti, eppure... Eppure, eccolo il singhiozzo delle montagne, il sorriso beffardo del deja-vu privo di significato, della coincidenza intenzionale, del riflesso posato dal pennello nell'unico punto utile a far sembrare reale una finzione. La vita dà significato alla vita, la morte a tutto il resto.

Sento gocciolare le mie buone intenzioni. Sono solite svernare qui, ai primi raggi del sole. Sciolgono la loro armatura di ghiaccio in un rituale mai nuovo: la volontà di fare del bene. Intorno a noi ruggine, case abbandonate, palazzi stanchi condannati a rimanere in piedi.

Io, te, noi, gli altri: la vita come ripartizione e riunione. L'impasto della carne: tutto per il dopo, dopo per il tutto.
Ogni cosa che segue la precedente abbia un valore ad essa maggiore. Entropia, escoporca. Tutto è assurdo, ogni convenzione l'insensata ricerca di un equilibrio migliore di quello più ovvio tra tutti, quello naturale. L'uomo civilizzato non è che un'inutile difformità. Negazione espletiva? Uno scarabocchio fatto per vezzo a fondo pagina che verrà immancabilmente dimenticato nel grande ordine delle cose.

Che nulla venga mai dimenticato. Dai fondali degli oceani alle notti imperlate di sudore, odo ballare i nostri bollenti spiriti. Manifestazioni del sé superiori a quel timido intreccio di atomi che osiamo chiamare la realtà stessa.

Sono passate lune su lune da quando ho inciso queste parole sul vetro del mio smartphone. Un bel giorno capirò ciò che ho scritto, ma non finché avrò tutte queste lune tra le palle. Le une e le altre. Stavo pensando che il linguaggio naturale è una cosa artificiale: chiamarlo naturale è innaturale, non trovi? No, non lo trovo: corro a rileggere la definizione di negazione espletiva.

venerdì, agosto 16, 2024

Du haut de son canapé, il contemple le monde,

Rempli d'envie, la colère l'inonde.

Dépression et rancœur sont ses alliées,

Appris dans les années, moqueries et tromperies mêlées.

Il se plaît à penser comment tout berner,

Le monde entier, pour enfin triompher.

Puis il se blesse, vexé et confus,

Cherche un appui, son cœur l’a déchu,

Et sa dignité,

Mon ami, quelle fatalité !

giovedì, dicembre 21, 2023

Un'ora di oroscopo

Sono anni che non accendo più un fuoco e sappiamo tutti che le grigliate non contano. Non contano i caminetti, i fiammiferi e gli zampironi.

Questa melanconia per le onnivore fiamme risiede in una parte di me che curo meticolosamente, in cui mi ritrovo spesso, una delle poche parti dell'anima che riordino e sistemo come uno di quegli uccelli che compone nidi meravigliosi, bacchetto dopo bacchetto. Stupendi manufatti realizzati con strumenti imprecisi e poco efficienti.

La osservo come un giardino segreto, la contemplo come un quadro ricco di mimetici significati. Forse lo guardo semplicemente come un fuoco, beandomi del calore del suo ricordo-desiderio. Mi abbronzo con questo piccolo sole di plasma che si scuote e balla bruciando di immaginazione. Poi giro su me stesso, cercando nell'oscurità il prossimo pezzo di legna da dargli in pasto.

Mentre la luce va e viene, penso a cosa mi conviene. Il suono delle stelle mi riporta a guardare il cielo: è ora di comporre gli ennesimi dodici segni.

Per i nati sotto al segno del cipollotto, tra il porro maggiore e lo scalogno minore, sarà un anno al dettaglio. Attenti solo a non tagliarvi o farete piangere tutti con voi.

Per coloro cui sorride la costellazione della spugna abrasiva, sarà un'esperienza eversiva. Preparate una manovra evasiva, possibilmente tempestiva: il tempo fugge come una moto Cagiva.

Se siete nati sotto alle stelle del ritornello, sappiate che siete un artefatto ancora da comprendere. I ritornelli sono spariti dalle canzoni prima che gli si fosse trovata una definizione adeguata. Come disse il mio maestro di canto: "meglio se lasci perdere con il canto".

Per i nati sotto il segno del mercoledì, da distinguersi dai nati di mercoledì, sappiate c'è stato un periodo in cui anche Ligabue era cool, perché erano cool le sue canzoni. La cosa bella delle canzoni, a differenza degli artisti e proprio come certi mercoledì assolati e sfolgoranti, è che possono essere cool per sempre.

Per chi è nato sotto i buoni auspici dell'apparato riproduttivo, raccomandiamo di non sentirsi migliori degli altri: in fondo in fondo siamo tutti un po' di questo segno, che si parli di cazzetti o vulvette. Che segno buffo, che buonumore: vorremmo tutti un po' essere il vostro guilty pleasure a cui pensate prima di addormentarvi. Vedete quindi di non mangiare troppo pesante.

Triste parentesi per i nati sotto al segno dell'oroscopone di fine anno. Siete out, superati, desueti, obsoleti ma, soprattutto, non siete mai riusciti a farci ridere. Eppure, con il vostro caratterisco modo da guasconi, ci fate sempre tornare da voi. Sarà che ci dovete dei soldi? Ormai non ricordo più un cazzo.

Buon notizie per gli amici e le amiche del segno del cotechino, segno storico del nostro oroscopo: quest'anno finalmente Venere vi è prepuzio. No, non propizia, avete capito bene. Dai, siete già un segno storico, non potevamo anche portarvi dei buoni pronostici. Ci avrebbero accusato di favoritismi.

Per i nati sotto al segno del fosfato, un altro anno è passato.

Agli ultimi nati sotto al segno del T9, i migliori auguri da parte di tutta la redazione: non ne fanno più come voi. Oggi vi chiameremmo intelligenze artificiali ma ai vostri tempi vi incolpavamo dei peggiori delitti testuali, dai refusi ai lapsus freddolosi. Freddolosi? Volevo scrivere freudiani! E questa sarebbe l'innovazione, bella roba.

I segni dei colletti e dei maglioni sono stati fusi insieme nel segno dei coglioni per ragioni di budget. Se la cosa vi indispettisce siete proprio nati sotto alle stelle giuste.

Prospettive ambigue anche per i nati sotto al segno dei giochi da tavolo di tipo rompicapo in cui bisogna incastrare dei pezzi sagomati nella posizione corretta in modo da ricostruire un'immagine complessiva: non sempre vi verranno in mente le parole giuste, per cui dovrete sforzarvi un po' per comporre diversamente il significato che cercate, tipo un puzzle. Per fortuna l'italiano è la lingua delle perifrasi, quindi non avrete problemi.

Per i nati sotto al segno del quacquario, vi sentirete un po' ballo di gruppo e un po' vasca dei pesci. Ma state pure tranquilli: ogni papero lo sa, quindi basterà chiedere a loro.

giovedì, novembre 30, 2023

L'età maggiore

 IPiroga, cazzo di blog, compi diciotto anni.

Ora puoi bere fumare scopare e votare.

Tutti valori che nel tempo sono cambiati.

Tutte cose che tecnicamente non richiedono di avere diciotto anni per essere fatte. Sii sincera: hai bevuto?

Ho come l'impressione che ci sia una graduale presa di coscienza: che non capire un tubo di niente non sia un grande problema e che la dimensione del mondo ed il numero degli umani sia tale da impedirci di comprendere davvero ciò che succede a livello globale senza perdere qualcosa del nostro attuale ideale di umanità.

Mutatis mutandis.

Questo continuo utilizzo delle locuzioni dubitative tradisce probabilmente una certa propensione a rifiutare il rischio, forse considerando già sufficientemente incerta ed inconoscibile la realtà che ci circonda prima ancora di fare lo sforzo di provare a descriverla.

Spiare baldracche alla frontiera cambierà ancora significato in futuro. Mutatis mutandis, finiremo per non possedere più nulla. Assecondando la deriva assimmetrica del turbo-socio-capitalismo-feduale-antiresiliente, saranno i ricchi ad essere sempre i più virtuosi in quanto in grado di acquistare ogni servizio necessario senza dover possedere mai nulla.

Solo i poveri andranno in giro in auto di proprietà, tornando sempre alla stessa casa, avendo (formula odiosa, da prescrivere a breve: la neolingua dovrà presto trovare qualcosa di meglio) dei figli loro. 

Credo che manchi poco al primo figlio corporativo. Il primo bambino con un genitore-azienda che cambierà tutori legali ad ogni rinnovamento del CdA. Prego voler giustificare, cordialmente, imperciocché...dichiaro l'Italiano una lingua morta. Vorrei scriverlo sui muri ma dovrei usare l'inglese. I genitori-aziende del futuro dovranno cambiare linguaggio e non solo in merito alla scelta dei termini. Fallito l'esperanto forse si tornerà al latino. Vi faccio io latino? L'impero romano colpisce ancora. Ecco perché tutti ci pensano così spesso. Sotto sotto l'Europa è fatta di nostalgici che fanno ancora il saluto romano.

Ipiroga, in diciotto anni non ho fatto che riempirti di cazzate. Non me ne pento. Non intendo nemmeno intonare un "purificami". Farcirsi di cazzate non è una cosa di cui vergognarsi. La reputo una sorta di rimedio contro il freddo abissale dello spazio profondo. Sì, come isolarsi dal freddo riempiendosi la giacca di carta di giornale: i giornali sono cose così insulse da essere nobilitati da un simile utilizzo. Sono fossili viventi, dinosauri smemorati che non ricordano di essersi estinti. Dodi.

Chiudo gli occhi per ritornare al 1997. Niente. Non un suono, non un sospiro, non un sapore: non ricordo nulla se non ho un telaio su cui ancorare questi ricordi. Molli e sgocciolanti come vestiti tirati fuori da una vecchia lavatrice che non centrifuga più tanto bene. Centripeta, centrifuga: che cazzo mi frega. Essere scurrili è l'ultima forma di resistenza di fronte ad un mondo che cambia in modi che comunque tutti hanno sempre e solo finto di capire, figuriamoci di accettare. Porca puftana, se mi parlano ancora una volta di inclusione mi escludo dal discorso. Cosa minchia pensiamo che sia l'inclusione? Ogni vita è una lotta per la morte degli altri. 

Scriverò di nuovo qualcosa di romantico e positivista, ma non questa sera: hai diciotto anni ormai, datti una cazzo di svegliata.

domenica, novembre 05, 2023

Everything Can Stop What Is Coming


Ci sono lingue in cui il futuro è collocato dietro di noi per meglio rappresentare il concetto di non poterlo vedere.

Megan Gayle professava che tutto fosse intorno a me e a questo punto non posso che pensare che si riferisse al futuro. Il passato sarebbe quindi dentro di me; penso anche di sapere da dove entri.

Mi perseguita l'idea che il passato possa essere un luogo fisico, uno spazio abitabile come quello in cui ci troviamo ma in cui le cose non succedono. Come un cacofonico volume di cenere. A ben pensarci, il passato non può che essere un luogo destinato ad aumentare. Anche l'universo si espande, da cui la domanda: viviamo forse nel passato?

Immagino che rinunciando all'idea di possedere il libero arbitrio, potremmo immaginare di essere entità che seguono la vita dei corpi che possediamo, cercando di dare un senso ex post ad intere vite di solo istinto.

È tutto già successo, dobbiamo solo decidere cosa.

Manca poco ai primi telefoni appless. Le app non spariranno davvero, torneremo bensì al loro ruolo di utilities come l'orologio e la torcia. Geni pronti ad essere interrogati dalle intelligenze artificiali per appagare le nostre imprecise richieste.

- Assistente: risolvi.

Finalmente, avremo servi più furbi di noi.

Il prevedibile calo demografico cui andiamo incontro non porterà soltanto un aumento dell'automazione nelle vite di tutti i giorni. Vedo i paesi ammutolirsi e spegnersi nell'inedia di una poco ispirata occupazione. Intere comunità ravvivate dal tormentone estivo per spegnersi sotto l'acqua scrosciante dagli uragani.

Guardando le montagne mi chiedo sempre se ci siano punti in cui non sia mai stato un essere vivente: sono pruderie da umani. 

mercoledì, settembre 20, 2023

Me stero

Ipiroga la stramba, ipiroga la vana, ipiroga la pazza. Idea di. Associazioni di.

Ci sono persone che si arrotolano al di fuori della nostra vita come perdendo una dimensione. La scala umana del principio antropico: rimane soltanto ciò che può essere osservato. Sempre che abbia capito cosa sia, il principio antropico.

Credo di notare una leggera flessione del senso sociale, un bisogno ininterrotto di essere dalla parte giusta della storia. Sentirsi i buoni. Molto più importante che esserlo. Molto più facile da definire.

Ho come la sensazione che un tempo si volesse piuttosto essere dalla parte vincente della storia. Il pendolo ha oscillato e come sempre non si è fermato dallo zero. Leggo pubblico incanto ma capisco soltanto incanto del pubblico e immagino Gigi Sabani ipnotizzare la folla come serpenti nella cesta. Ci siamo. Distratti mentre il pendolo oscillava. Comincio a non ricordare. Più. I sogni.

Leggo dei commenti di YouTube, di Reddit, che sembrano scritti da ChatGPT. Forse è proprio così. Comunque sia è una constatazione terrificante; mi consolo pensando che a turno siamo tutti cretini.

I bisogni ininterrotti sono il veleno? Non lo so. Forse la cura. Assi su un baratro sempre più piccolo e profondo. Un tempo qui era tutta campagna. Stasera non ceno. La dieta e il bisogno come poli opposti dello stesso fallimento globale: la globalizzazione. Non siamo pronti, non siamo cotti: questa Babele di un solo piano ci sta già crollando addosso prima di crescere. Il mondo è troppo liscio, privo di asperità più di qualsiasi cosa liscia al mondo, in proporzione.

Barbie babele, per lui e per lei. Noi e i nostri pronomi. Loro e i loro. Tutto fuorché diversi gli uni dagli altri. Arriveranno dalle pleiadi per bere il nostro vino e ingannare l'attesa. Forse idolatrano i nostri stessi idoli. Se esiste un dio denaro si può parlare di politeismo nel caso di valute diverse? Lo zen dello yen. Nell'anno mille e cinquecento avrei scritto dei koan e sarei passato alla storia. Oggi sono passato. Alla storia non penso tanto. Non vorrei essere da nessuna parte. Almeno nessuna di quelle che vedo riflesse nei miei pari. 

Non dalla parte giusta. Non da quella vincente. Dalla mia parte. Come se il futuro si scegliesse come un lato del letto. Inconsapevolmente. Rotolando durante il sonno.

giovedì, agosto 31, 2023

To dear F.C.

Casablanca in agosto:
una birra proibita
coltelli alla notte